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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  La ragazza alla pari, di massimolegnani 09/10/2017
 

La ragazza alla pari

di massimolegnani



Tutto cominciò con l’annuncio che avevo affisso in università, nella mia bacheca personale, cerco studentessa alla pari (sono escluse le frequentatrici del mio corso) per collaborazione domestica. Avevo urgenza di sostituire l’Argilia che, ormai anziana, aveva improvvisamente alzato bandiera bianca ed era andata a svernare al suo paesello. Mi era sembrato che l’annuncio in un ambiente dove ero piuttosto conosciuto (e temuto) fosse la soluzione più spiccia. E poi, a dirla tutta, ero stufo di vecchiume, già mal sopportavo il mio che avanzava inesorabile come un panzer, e mi allettava l’idea di avere giovinezza che girasse per le stanze.

In realtà risposero in poche, ma per fortuna con Michela fu intesa a prima vista: vitto, alloggio, una buona remunerazione e piena libertà nel tempo libero, una volta assolti i compiti domestici. La ragazza si dimostrò da subito solerte ed efficiente, tanto che presto le affidai altre mansioni, come il disbrigo della corrispondenza e il pagamento delle bollette, poco alla volta l’intera gestione della casa. Con lei vi furono altri sviluppi, ma quello che successe tra noi, dopo e di più, è una questione privata di cui non ho intenzione di parlare, non voglio innescare rimproveri moraleggianti o battute volgari. Vi dico solo che Michela era una piacevole conversatrice a tavola e davanti al caminetto e io godevo della sua presenza tra le mura di casa senza domandarmi come impiegasse le ore fuori di qui.

Ma una sera che era uscita, come quasi sempre accadeva a una cert’ora, mi accorsi di sentire la sua mancanza e di non essere affatto contento di non sapere dove fosse. Una preoccupazione quasi paterna, mi dissi, ma nel giro di poco divenne un’agitazione morbosa priva di sbocchi. Dopo molta inquietudine, decisi di andare a cercarla e uscii di casa piuttosto baldanzoso. In realtà avevo idee vaghe su dove potesse essere. Di lei, di quali fossero i suoi amici, di quali luoghi frequentasse, non sapevo nulla, Michela era una ragazza riservata, quella sera però avrei usato il termine evasiva, reticente.

Mi diressi in centro battendo vie affollare e viuzze deserte senza trovarla. Pub, bar, osterie, non so in quanti locali entrai, sempre più affannato e sempre più frustrato a non vederla tra i clienti. Non volevo arrendermi, ero sopraffatto da un’ostinazione cupa. Provai ancora in una vineria che sapevo frequentata da studenti. Mentre bevevo qualcosa di forte al bancone la vidi abbracciata a un tipo torvo a un tavolo in fondo alla stanza. Per un istante i nostri sguardi s’incrociarono e io feci un goffo cenno di saluto che lei finse di non vedere. Per i pochi momenti in cui rimasi lì a trangugiare un vinaccio acido lei mi ignorò, occupata com’era a strusciarsi e a baciare il suo compagno ignaro di tutto. Pagai e uscii frastornato.

Mi seccava essermi fatto sorprendere da lei in un luogo in cui l’unica giustificazione alla mia presenza era proprio lei. Mi seccava che non avesse risposto al mio saluto, anche se capivo che non poteva fare altrimenti. Mi seccava l’intimità con cui stava abbracciata a quel ragazzo, noi non ne eravamo mai stati capaci. E mi seccava soprattutto che tutte queste cose m’infastidissero oltre misura, come potessi essere geloso di lei.

La strada verso casa fu un tormento, ero scosso da emozioni contrastanti, ira, gelosia, frustrazione, sollievo. Sì, per brevi momenti mi sentivo sollevato dal fatto che Michela avesse una sua vita affettiva dalla quale ero escluso, questo sgomberava il campo da ogni implicazione e complicazione sentimentale. Avevo, saltuariamente, il suo corpo e questo doveva bastarmi. Ma era un sollievo effimero, subito soffocato dalla rabbia al pensiero di lei tra le braccia di un altro. Al sollievo più radicale, cogliere l’occasione per troncare ogni rapporto con lei, non ci pensai nemmeno per un istante.

Michela tornò che era notte fonda. Io l’avevo aspettata sforzandomi di interessarmi a un saggio sulle origini del linguaggio che in realtà trovavo noiosissimo. Ero nel mio letto, la chiamai mentre passava per il corridoio. Cacciò dentro la testa, aveva il trucco sfatto, i capelli in disordine, un segno vistoso sul collo. Sentii di nuovo l’ira montare, avrei voluto chiederle con voce tagliente se aveva scopato bene e mi trattenni a fatica. Le chiesi invece se considerasse il sesso con me un obbligo compreso tra le sue mansioni, non diverso dal dovermi tenere in ordine i conti o passare il battitappeto. Non gradì la domanda e mi guardò con sospetto cercando di capire dove volessi andare a parare. Ha qualche rilievo da muovermi?, mi chiese, tornando a un asettico lei. Quel tono vagamente ironico mi fece male, mi dominai a stento e tentai a mia volta di mantenere un atteggiamento distaccato mentre le rispondevo no, al contrario vorrei che passassi il resto della notte nel mio letto. Ma era evidente come per la prima volta la stessi quasi implorando. Appoggiata allo stipite della porta mi guardò stupita, come non si aspettasse una proposta del genere. Dopo qualche istante, in cui sembrava realmente riflettere su cosa rispondermi, mi gelò con un non mi sembra il caso, Marcello. Buonanotte. Non riuscii a replicare e bofonchiai un buonanotte sconsolato mentre lei si era già allontanata.

Meditai sulla mia disfatta, niente di peggio che uscire allo scoperto e venir falciato da un rifiuto. Non avrei potuto scegliere una serata peggiore per farle quella proposta, lei forse appena sgusciata fuori dal letto di un altro, io da ore in preda all’inquietudine.

Mi ero rassegnato a una notte probabilmente insonne, quando Michela entrò senza bussare. Indossava un pigiama infantile con stampigliati tanti animaletti scherzosi e appariva imbronciata. Si era portata il cuscino dalla sua stanza, non riesco a dormire, mi disse, infilandosi sotto il piumone, come può fare una figlia nel letto dei genitori durante un temporale. Si addormentò di botto, prima che io mi fossi ripreso dallo stupore. Ora ero certo, sarebbe stata una notte insonne. La mia, almeno.


 
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