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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Lucciole per lanterne, di Marina Pasqualini 26/01/2018
 

Lucciole per lanterne

di Marina Pasqualini



Per tutta la vita era stata vittima di malintesi, a sua insaputa. Se ne accorgeva solo ora, che ora ormai anziana.

Aveva creduto di non essere degna d’amore e di stima. Come avrebbe potuto essere altrimenti, visto che sua madre, rifiutandole il suo amore, le aveva fatto credere questo! Si sa, come le aveva ricordato il suo psicologo, al quale si era rivolta per tentare di comprendere ed arginare il suo problema di compulsione verso il cibo, che se la madre, che è buona, non dà amore, è il bambino ad essere cattivo!

E con questo marchio d’infamia, si era aggirata nella sua esistenza, sentendosi sempre ed ovunque, inadeguata. Colpevole.

Ora la verità le era stata servita come un dolce dessert dopo una vita amara. Provocandole rammarico ma anche tanta gratitudine.

Il secondo capitolo che ora sentiva di dover bruciare, perché fasullo ai suoi stessi occhi, riguardava le sue genuine credenze politiche. Da giovane e anche dopo, aveva creduto nella magia del comunismo. Autorevoli dirigenti italiani ne avevano confezionato una versione nostrana, che nulla aveva a che vedere con quello reale, che si viveva, ahimè, nei paesi ove questa dottrina sedeva al governo.

Trattavasi semplicemente di una dittatura, con le peggiori conseguenze che quel regime possa portare.

I suoi figli, crescendo, avevano cercato di metterla in guardia, ma in lei erano profondamente radicate quelle credenze che avevano attecchito nel suo sentire, già da piccola. In famiglia era quella l’aria che aveva respirato. I suoi genitori, altrettanto ignari della verità, l’avevano cresciuta con il mito di una società ove ognuno era pari all’altro, senza ricchi o poveri, sfruttatori e sfruttati. Loro sì si erano comportati davvero secondo questo credo, mentre nei paesi ove si viveva il comunismo reale, le cose stavano molto diversamente.

Aveva semplicemente preso lucciole per lanterne.

Indietro non si poteva tornare, ma si consolava solo pensando al fatto che avrebbe potuto portare questi malintesi con sé, nella tomba.

Guardare la verità in faccia poteva risultare scomodo e doloroso, come nel suo caso.

L’antidoto era uno solo: ricominciare la vita che restava ammirandone il cielo terso, ove i nuvoloni che lo avevano inficiato, se ne erano andati altrove. Poteva e doveva bastare.

Anche la qualità e i contenuti della sua scrittura, potevano prendere una nuova direzione.

Finiva l’inverno della sua vecchia esistenza.

Iniziava la sua primavera.

Aveva scompigliato l’ordine delle stagioni, ma così era… si sentiva leggera come un palloncino scappato dalle mani di un bambino, che si libra in un cielo azzurro, senza più vincoli. Poco importava se le correnti ad un certo punto lo avrebbero fatto esplodere. Ciò che importava era il suo viaggio attraverso la verità, l’unica che può renderci liberi.

 
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