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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Asya, di Roberto Estavio 16/03/2007
 

Asyia

 

 

Nel portone c'e qualcuno che suona insistentemente.

Rachid si  alza al rumore di  una sedia fatta volare per le scale.

Ciò che non era riuscito a fare la sveglia, il caldo, il pensiero di quella donna.

Raccoglie una maglietta  stropicciata e si infila un paio di

Blue-jeans profumati.

Solo ieri aveva fatto il bucato.

Avrebbe voluto aprire il frigo e dispiegare sul tavolo una confezione di marmellata, un paio di tartine di burro, del caffè.

Si deve accontentare di una fetta di pane raffermo e un bicchiere di latte, da bere chiudendo il naso perché emana uno strano odore, perché è in un cattivo stato, forse sta inacidendo.

In bagno si lava per bene i capelli e si profuma.

Infila nella tasca un po' di “fumo”, gli può sempre servire.

 

 

Asyia non sapeva quasi niente di  lui, l'aveva incontrato un paio di settimane davanti al sagrato della chiesa.

Lei era rimasta sorpresa dall'espressione che aveva sul viso, di fronte a quella cancellata in ferro e si era messa a sorridere.

Aveva un cespo di capelli neri e andava a leggere nel parco adiacente.

Si accovacciava per terra vicino a delle fresche e secolari piante.

 

Rachid è al mercato rionale. Un brusio continuo attraversa le varie

bancarelle.

Cus-cus, spezie varie, frutta, verdura.

Un caleidoscopio di profumi, un andirivieni di persone più o meno affamate.

Mentre si aggira fra i banchetti pensa di invitarla a fare una passeggiata sui colli.

Affretta il passo. Si erano dati appuntamento per le undici.

 

 

Si incontrarono di nuovo. Conosci la storia di questa città, gli chiese, scosse il capo.

Si sedette vicino e gli raccontò le gesta, le armi e gli amori che aveva imparato a scuola, alle superiori, quando con la famiglia si era trasferita dalle montagne del Medio Atlante.

Raccontava e lo guardava.

Pelle delicata, guance rasate.

 

Un frullar di pensieri lo accompagna, quando improvvisamente fa appena in tempo ad accorgersi di due uomini che all'apparenza non mostrano particolari distintivi.

Prova l'impulso di gridare ma poi tenta la fuga. Non ci riesce. 

Cosa cavolo succede, si chiede.

Si tuffa in avanti d'istinto atterrando sul porfido con la spalla destra.

Un acuto dolore gli addormenta il braccio. Parte un colpo di pistola che sfiora l'orecchio sinistro. Rachid  rotola sulla schiena e si rigira per guadagnare una situazione favorevole con un ginocchio a terra.

Un poliziotto con la .45 indietreggia di un paio di passi e con gli occhi sbarrati fa fuoco.

Un foro si apre al centro della sua fronte, una voragine.

La sua bocca si muove per cercare di emettere un grido di terrore ma una fitta lo penetra dal centro della schiena e si diffonde su tutto il corpo.

 

 

Parlando  a volte sorrideva, le piacevano le sue magliette.

 Lo aveva invitato a casa, la notte se lo era ritrovato nel suo letto.

 

Sulla portiera, alle sue spalle, un grumo  di materia cerebrale scivola lentamente sui cubetti di porfido, esangue viene adagiato nella parte posteriore della macchina.

 

 

 

 

Asyia alla fine si convince a rimanere a casa. Si siede e finisce di bere il caffè che le era rimasto nella tazzina.

Sul tavolo slip, forcine per i capelli, cd masterizzati.

Tanto anche lui è come gli altri.

Si sarebbe accorciata i capelli, non era male l'idea di una sua amica latino-americana.

Lo faceva ogni volta che avvertiva una particolare malinconia.

 

 

  • Asyia : significa colei che tende verso i poveri e li solleva.

 

 
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