Un
mese dopo
di
massimolegnani
Si
era portato una sigaretta alle labbra, come ancora gli capitava di
fare nei momenti di tensione. Ma che tensione poteva esserci nel
ricordarsi di un non-avvenimento? Lei gli era tornata in mente senza
motivo, a un mese di distanza, con una prepotenza che non riusciva ad
arginare.
La
sigaretta continuava a penzolargli spenta dal lato destro della
bocca, mentre ripensava a quell’incontro fortuito. La rivide
proiettata nello specchio mentre lui, con un gomito appoggiato al
bancone del bar, rigirava il cucchiaino nella cioccolata come in una
ferita aperta. Non ricordava più quale fosse la ferita,
Camillo le rinnovava di continuo con un autolesionismo involontario
che lo sconcertava.
L’aveva colpito il profilo
pallido che contrastava con il viola cupo delle labbra e il nero
rimarcato delle ciglia. Era seduta su un divanetto rosso che aveva
conosciuto tempi migliori, qualche sfilacciatura mostrava
l’imbottitura bianca, ma lei non se n’era di certo
accorta. Lei era assente, non avrebbe nemmeno saputo dire se sul
tavolino c’era un cognac o un caffè ad attendere con
pazienza le sue labbra. Gli occhi fissavano la porta d’ingresso,
non con la trepidazione per l’attesa di qualcuno che tardava,
ma con il rammarico per qualcuno che di lì doveva essere
uscito chissà quando.
Camillo aveva fatto durare la
cioccolata un tempo infinito, ancora aveva da cercare sul volto della
donna una traccia di speranza. Quando fu convinto che da sola lei non
sarebbe riuscita a riemergere da quel lago di nostalgia in cui stava
affogando, si voltò e fece una cosa sciocca. A metà tra
mimo e pagliaccio, si produsse in un discorso muto con espressioni
del volto buffe e consolatorie, gesticolando e strabuzzando gli
occhi, come quei tipi che si ostinano a voler far ridere un bambino
che ha mille motivi per sacrosante lacrime. La donna lo aveva
guardato con attenzione, ma aveva impiegato un tempo lunghissimo a
far comparire sul pallore un vago sorriso di cortesia. A lui sembrò
di aver parlato troppo, pur non avendo ancora detto una parola.
Allora si avvicinò al tavolino e disse mi scusi..accennando
un mezzo inchino.
Lei
lo aveva guardato di nuovo, con aria interrogativa, aspettando che
proseguisse. Ma, per lui, quella era già la conclusione, non
aveva altro da aggiungere. Così si era allontanato a passo
lento, contagiato dalla tristezza della donna.
Ora
Camillo, ripensando a quella scena, si domandò se la donna
avesse perdonato la sua intrusione, per la quale si era scusato così
goffamente. Ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a darsi una
risposta.
E allora si accese la sigaretta, come non avesse
mai smesso di fumare.
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