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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Un mese dopo, di massimolegnani 03/09/2018
 

Un mese dopo

di massimolegnani



Si era portato una sigaretta alle labbra, come ancora gli capitava di fare nei momenti di tensione. Ma che tensione poteva esserci nel ricordarsi di un non-avvenimento? Lei gli era tornata in mente senza motivo, a un mese di distanza, con una prepotenza che non riusciva ad arginare.

La sigaretta continuava a penzolargli spenta dal lato destro della bocca, mentre ripensava a quell’incontro fortuito. La rivide proiettata nello specchio mentre lui, con un gomito appoggiato al bancone del bar, rigirava il cucchiaino nella cioccolata come in una ferita aperta. Non ricordava più quale fosse la ferita, Camillo le rinnovava di continuo con un autolesionismo involontario che lo sconcertava. 
L’aveva colpito il profilo pallido che contrastava con il viola cupo delle labbra e il nero rimarcato delle ciglia. Era seduta su un divanetto rosso che aveva conosciuto tempi migliori, qualche sfilacciatura mostrava l’imbottitura bianca, ma lei non se n’era di certo accorta. Lei era assente, non avrebbe nemmeno saputo dire se sul tavolino c’era un cognac o un caffè ad attendere con pazienza le sue labbra. Gli occhi fissavano la porta d’ingresso, non con la trepidazione per l’attesa di qualcuno che tardava, ma con il rammarico per qualcuno che di lì doveva essere uscito chissà quando. 
Camillo aveva fatto durare la cioccolata un tempo infinito, ancora aveva da cercare sul volto della donna una traccia di speranza. Quando fu convinto che da sola lei non sarebbe riuscita a riemergere da quel lago di nostalgia in cui stava affogando, si voltò e fece una cosa sciocca. A metà tra mimo e pagliaccio, si produsse in un discorso muto con espressioni del volto buffe e consolatorie, gesticolando e strabuzzando gli occhi, come quei tipi che si ostinano a voler far ridere un bambino che ha mille motivi per sacrosante lacrime. La donna lo aveva guardato con attenzione, ma aveva impiegato un tempo lunghissimo a far comparire sul pallore un vago sorriso di cortesia. A lui sembrò di aver parlato troppo, pur non avendo ancora detto una parola. Allora si avvicinò al tavolino e disse mi scusi..accennando un mezzo inchino.

Lei lo aveva guardato di nuovo, con aria interrogativa, aspettando che proseguisse. Ma, per lui, quella era già la conclusione, non aveva altro da aggiungere. Così si era allontanato a passo lento, contagiato dalla tristezza della donna. 
Ora Camillo, ripensando a quella scena, si domandò se la donna avesse perdonato la sua intrusione, per la quale si era scusato così goffamente. Ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a darsi una risposta. 
E allora si accese la sigaretta, come non avesse mai smesso di fumare. 

 
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