“Sei stanca?” domandò premurosamente Cristina rompendo un
silenzio che le sembrava durare da troppo tempo, per quanto ormai sapesse che
sua madre non amava eccessivamente dilungarsi in chiacchiere.
Marta
scosse appena il capo e continuò a fingersi interessata alla rivista che stava
sfogliando, ma in realtà non aveva nessuna voglia di leggere.
Avrebbe
voluto piuttosto dichiarare che sì, forse in certi momenti era davvero stanca
di sentirsi trattare come un'invalida, di vedere la pena negli occhi delle sue
figlie, di sopportare le loro premure eccessive, ma purtroppo non trovava mai
l'energia sufficiente per spiegare che, anche se le gambe non le permettevano
di muoversi con prontezza come un tempo, il suo cervello continuava a
funzionare a meraviglia, e non era proprio il caso che si comportassero con lei
in quel modo.
Laura e
Cristina si sarebbero senza dubbio mostrate offese e risentite, in particolare
la seconda, che era la più sollecita nei suoi confronti, ma che spesso finiva
per comportarsi in modo quasi oppressivo, soprattutto da
quando si era ritrovata a vivere da sola: divorziata, i figli ormai
accasati, sembrava adorare quel ruolo da infermiera premurosa che si era
inventata e che voleva a tutti i costi mantenere, pur sapendo di non essere poi
così indispensabile come si ostinava a voler dimostrare in ogni occasione.
Laura del
resto, più realista, le aveva anche espresso i suoi dubbi in proposito, come
Marta aveva potuto apprendere casualmente tempo prima,
ascoltando una conversazione delle figlie a loro insaputa:
“Non
credo tu debba preoccuparti così tanto, sai? La mamma può benissimo starsene un
po' da sola senza che tu le stia sempre addosso, non mi sembra per nulla tanto bisognosa di un'assistenza continua come
pensi!”
“Ma
sembra sempre più debole, poverina, lo vedi anche tu che ormai non riesce a
fare quasi niente!”
“Nostra
madre è sempre stata indipendente, e anche molto orgogliosa, perciò non
dovresti farle pesare eccessivamente il fatto che ora non è più del tutto autonoma.
Io credo
che spesso se ne stia volentieri anche un po' da sola con se stessa, e che sia
meglio lasciarla più tranquilla, se non è lei a chiederci espressamente aiuto.”
Già,
Laura la capiva molto meglio: erano i pensieri ed i ricordi a tenerle spesso
magnificamente compagnia, di certo meglio delle chiacchiere di Cristina attorno
ad argomenti che spesso risultavano per lei del tutto privi d'interesse, come i
pettegolezzi sugli attori protagonisti di film recenti che non avrebbe mai visto
o le novità della moda, che ormai riguardava solo le donne di almeno due
generazioni successive alla sua.
Ciò che
apprendeva del mondo attuale sfogliando i giornali o guardando qualche
trasmissione televisiva le era ampiamente sufficiente,
considerando anche il fatto che le notizie erano perlopiù drammatiche: guerre,
sciagure, atti di terrorismo si rincorrevano nei titoli lasciando ben poco
spazio ad argomenti meno angoscianti, mentre Marta, nonostante tutto, era
ancora incline all'ottimismo.
Col tempo
aveva imparato a selezionare, tra i ricordi di una vita tanto lunga com'era
stata la sua, solo quelli che potevano regalarle ancora momenti di benessere
interiore e di serenità: gli anni felici vissuti con suo marito Augusto, per
esempio, in gioventù ed anche all'inizio della loro vecchiaia, prima che una
lunga malattia se lo portasse via, la crescita delle figlie e dei nipoti, e
ultimamente perfino l'arrivo di due pronipoti….
Era bello
ritrovare talvolta in fondo alla memoria certi brandelli dell'esistenza caduti
nell'oblio per tanto tempo e riemersi all'improvviso come per magia, per
qualche oscura ed inspiegabile associazione mentale che riusciva a restituirle
l'immagine di un volto o di un luogo, i frammenti di un dialogo remoto, le
impressioni legate a momenti particolari ormai lontanissimi e che probabilmente
solo lei, ormai, era in grado di rivivere.
Da
qualche giorno Marta era alle prese con uno di quei brandelli ostinati che, a
volte, si divertivano a tormentarla presentandosi all'improvviso senza farsi
inquadrare del tutto, lasciandola nell'incertezza per parecchio tempo finché
non riusciva a trovare loro una giusta collocazione nel passato, oppure
costringendola ad arrendersi, sconfitta, rinunciando a risolvere il mistero.
Non che
avesse dubbi, a dire il vero, sull'identità della persona di cui aveva letto
l'annuncio di morte sul giornale appena un paio di settimane
prima: Marisa Bonfanti non poteva che essere,
inequivocabilmente, la moglie di Aldo, un vecchio collega di lavoro d'Augusto
che, infatti, la ricordava nel testo dell'annuncio insieme a figli e nipoti,
per quanto dovesse essere ormai davvero molto anziano.
Ciò che
tormentava Marta non era tanto il pensiero di quella morte, inevitabile
considerando l'età della persona, quanto il ricordo della loro amicizia
passata, e la constatazione che aveva smesso di frequentare quella coppia da
più di trent'anni, quando Aldo era stato mandato
all'estero per lavoro e tutta la famiglia vi si era trasferita con lui.
Per
qualche tempo avevano continuato a scambiarsi gli auguri in occasione delle
festività o a scriversi qualche cartolina dai luoghi di villeggiatura, poi col
tempo i contatti erano cessati del tutto, e chissà da quanti anni i Bonfanti potevano essere tornati a vivere in città senza
che i loro vecchi conoscenti ne avessero mai saputo nulla!
A Marta
spiaceva pensare di aver fatto questa scoperta soltanto ora che Augusto non
c'era più: dopotutto Aldo era stato uno dei suoi migliori amici di gioventù, e
se fossero stati ancora al mondo entrambi avrebbero magari potuto rivedersi con
piacere. Non aveva detto nulla alle sue figlie, ma poiché l'annuncio sul
giornale riportava l'indirizzo dei Bonfanti, grazie a
quello era stato semplice trovare anche il numero di telefono, ed ora stava
solo aspettando che Cristina si decidesse a tornarsene a casa per fare la sua
chiamata in santa pace.
Il tempo,
però, sembrava non voler passare mai….
Finalmente
sua figlia si decise a guardare l'orologio sospirando: “Oggi penso che dovrò
andare via un po' prima, mamma, perché devo fare due o tre commissioni prima di
tornare a casa, ti spiace?”
Marta
sorrise soddisfatta: ”Tesoro, ti ho già detto che non ho più bisogno di niente,
per oggi, stai tranquilla!
Tra poco
sarà ora di cena e mi hai riempito il frigorifero come se qui dovessero
mangiare sei persone…Vai pure, altrimenti i negozi chiuderanno e non combinerai
niente.”
“D'accordo,
mamma, ciao!”
Marta
chiuse accuratamente la porta, controllò tutte le finestre e quindi tornò a
sedersi sulla poltrona sollevando il ricevitore del telefono e componendo il
numero che aveva trascritto su un foglietto di carta.
Rispose
una voce femminile.
“Vorrei
parlare con l'ingegner Bonfanti, per favore” disse
Marta in tono impersonale.
La voce all'altro
capo del filo replicò con una certa perplessità:
“Ma…chi
parla, scusi?”
Marta
perse subito la sua sicurezza.
“Mi
dispiace, non volevo disturbare. Io…io sono una vecchia amica di gioventù, mi
chiamo Marta Gardini.”
“La
signora Gardini? La moglie dell'ingegner Augusto?”
“Sì, sono
io.”
“Io sono
Flavia, non si ricorda di me? Giocavo con le sue figlie
quando venivate a trovarci, prima che ci trasferissimo in Francia tanti
anni fa!”
Marta
sospirò. Chissà se Flavia Bonfanti, che ricordava più
o meno coetanea di Cristina, era diventata col tempo noiosa
come sua figlia?
“Certo,
mi ricordo perfettamente. Io ho telefonato perché ho letto sul giornale
l'annuncio di morte della mamma, e così ho pensato che mi avrebbe fatto piacere
risentire il papà, dopo tanti anni, anche se è triste
dover fare delle condoglianze…”
La voce
dall'altra parte si fece di nuovo esitante.
“Ma
allora lei…non sa proprio niente, signora? Neanche suo marito?”
“Mio
marito è morto da molti anni, mia cara.”
“Oh,
capisco. Vede, il fatto è che il papà…insomma, è come se fosse morto anche lui
da tanto tempo.”
“Cosa
intende dire, scusi?”
“Semplicemente
che è del tutto assente, vive ormai da circa dieci anni l'esistenza di un
vegetale, o poco più: mangia, dorme, nient'altro. Non ha la minima cognizione
del mondo e non riconosce nessuno. Per questo mi deve scusare se mi sono meravigliata quando lei, poco fa, ha chiesto di lui: nessuno
telefona più da diversi anni per cercare mio padre….”
Marta
inghiottì per eliminare il groppo che minacciava di attanagliarle la gola e si
sforzò di congedarsi con voce normale: “La capisco mia cara, non si preoccupi.
Mi dispiace molto di averla disturbata e mi scusi ancora, buonasera.”
Lentamente
posò il ricevitore del telefono al suo posto, appallottolò il foglietto su cui
aveva trascritto il numero che non avrebbe avuto più senso conservare, e lo
gettò nel piccolo cestino portacarte che Laura aveva sistemato previdentemente
sotto al tavolino vicino alla sua poltrona.
La sera
avanzava e la casa era ormai avvolta nella penombra, tuttavia Marta non aveva
ancora voglia di accendere la luce.
Aveva
l'impressione che così i suoi fantasmi potessero venire più facilmente a
tenerle compagnia….stasera, forse, sarebbe arrivato anche Aldo, giovane e
brillante come lo ricordava e non certo come le era stato descritto dalla figlia pochi minuti prima.
Non era
sua abitudine pensare alla propria età, ma quella
sera, contrariamente al solito, Marta si sentì davvero vecchia. Molto vecchia e molto stanca.