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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Ombre della sera, di Annamaria Trevale 23/03/2007
 

                     OMBRE DELLA SERA

 

Sei stanca?” domandò premurosamente Cristina rompendo un silenzio che le sembrava durare da troppo tempo, per quanto ormai sapesse che sua madre non amava eccessivamente dilungarsi in chiacchiere.

Marta scosse appena il capo e continuò a fingersi interessata alla rivista che stava sfogliando, ma in realtà non aveva nessuna voglia di leggere.

Avrebbe voluto piuttosto dichiarare che sì, forse in certi momenti era davvero stanca di sentirsi trattare come un'invalida, di vedere la pena negli occhi delle sue figlie, di sopportare le loro premure eccessive, ma purtroppo non trovava mai l'energia sufficiente per spiegare che, anche se le gambe non le permettevano di muoversi con prontezza come un tempo, il suo cervello continuava a funzionare a meraviglia, e non era proprio il caso che si comportassero con lei in quel modo.

Laura e Cristina si sarebbero senza dubbio mostrate offese e risentite, in particolare la seconda, che era la più sollecita nei suoi confronti, ma che spesso finiva per comportarsi in modo quasi oppressivo, soprattutto da quando si era ritrovata a vivere da sola: divorziata, i figli ormai accasati, sembrava adorare quel ruolo da infermiera premurosa che si era inventata e che voleva a tutti i costi mantenere, pur sapendo di non essere poi così indispensabile come si ostinava a voler dimostrare in ogni occasione. 

Laura del resto, più realista, le aveva anche espresso i suoi dubbi in proposito, come Marta aveva potuto apprendere casualmente tempo prima, ascoltando una conversazione delle figlie a loro insaputa:

“Non credo tu debba preoccuparti così tanto, sai? La mamma può benissimo starsene un po' da sola senza che tu le stia sempre addosso, non mi sembra per nulla tanto bisognosa di un'assistenza continua come pensi!”

“Ma sembra sempre più debole, poverina, lo vedi anche tu che ormai non riesce a fare quasi niente!”

“Nostra madre è sempre stata indipendente, e anche molto orgogliosa, perciò non dovresti farle pesare eccessivamente il fatto che ora non è più del tutto autonoma.

Io credo che spesso se ne stia volentieri anche un po' da sola con se stessa, e che sia meglio lasciarla più tranquilla, se non è lei a chiederci espressamente aiuto.

Già, Laura la capiva molto meglio: erano i pensieri ed i ricordi a tenerle spesso magnificamente compagnia, di certo meglio delle chiacchiere di Cristina attorno ad argomenti che spesso risultavano per lei del tutto privi d'interesse, come i pettegolezzi sugli attori protagonisti di film recenti che non avrebbe mai visto o le novità della moda, che ormai riguardava solo le donne di almeno due generazioni successive alla sua.

Ciò che apprendeva del mondo attuale sfogliando i giornali o guardando qualche trasmissione televisiva le era ampiamente sufficiente, considerando anche il fatto che le notizie erano perlopiù drammatiche: guerre, sciagure, atti di terrorismo si rincorrevano nei titoli lasciando ben poco spazio ad argomenti meno angoscianti, mentre Marta, nonostante tutto, era ancora incline all'ottimismo.

Col tempo aveva imparato a selezionare, tra i ricordi di una vita tanto lunga com'era stata la sua, solo quelli che potevano regalarle ancora momenti di benessere interiore e di serenità: gli anni felici vissuti con suo marito Augusto, per esempio, in gioventù ed anche all'inizio della loro vecchiaia, prima che una lunga malattia se lo portasse via, la crescita delle figlie e dei nipoti, e ultimamente perfino l'arrivo di due pronipoti….

Era bello ritrovare talvolta in fondo alla memoria certi brandelli dell'esistenza caduti nell'oblio per tanto tempo e riemersi all'improvviso come per magia, per qualche oscura ed inspiegabile associazione mentale che riusciva a restituirle l'immagine di un volto o di un luogo, i frammenti di un dialogo remoto, le impressioni legate a momenti particolari ormai lontanissimi e che probabilmente solo lei, ormai, era in grado di rivivere.

Da qualche giorno Marta era alle prese con uno di quei brandelli ostinati che, a volte, si divertivano a tormentarla presentandosi all'improvviso senza farsi inquadrare del tutto, lasciandola nell'incertezza per parecchio tempo finché non riusciva a trovare loro una giusta collocazione nel passato, oppure costringendola ad arrendersi, sconfitta, rinunciando a risolvere il mistero. 

Non che avesse dubbi, a dire il vero, sull'identità della persona di cui aveva letto l'annuncio di morte sul giornale appena un paio di settimane prima: Marisa Bonfanti non poteva che essere, inequivocabilmente, la moglie di Aldo, un vecchio collega di lavoro d'Augusto che, infatti, la ricordava nel testo dell'annuncio insieme a figli e nipoti, per quanto dovesse essere ormai davvero molto anziano.

Ciò che tormentava Marta non era tanto il pensiero di quella morte, inevitabile considerando l'età della persona, quanto il ricordo della loro amicizia passata, e la constatazione che aveva smesso di frequentare quella coppia da più di trent'anni, quando Aldo era stato mandato all'estero per lavoro e tutta la famiglia vi si era trasferita con lui.

Per qualche tempo avevano continuato a scambiarsi gli auguri in occasione delle festività o a scriversi qualche cartolina dai luoghi di villeggiatura, poi col tempo i contatti erano cessati del tutto, e chissà da quanti anni i Bonfanti potevano essere tornati a vivere in città senza che i loro vecchi conoscenti ne avessero mai saputo nulla!

A Marta spiaceva pensare di aver fatto questa scoperta soltanto ora che Augusto non c'era più: dopotutto Aldo era stato uno dei suoi migliori amici di gioventù, e se fossero stati ancora al mondo entrambi avrebbero magari potuto rivedersi con piacere. Non aveva detto nulla alle sue figlie, ma poiché l'annuncio sul giornale riportava l'indirizzo dei Bonfanti, grazie a quello era stato semplice trovare anche il numero di telefono, ed ora stava solo aspettando che Cristina si decidesse a tornarsene a casa per fare la sua chiamata in santa pace.

Il tempo, però, sembrava non voler passare mai….

Finalmente sua figlia si decise a guardare l'orologio sospirando: “Oggi penso che dovrò andare via un po' prima, mamma, perché devo fare due o tre commissioni prima di tornare a casa, ti spiace?”

Marta sorrise soddisfatta: ”Tesoro, ti ho già detto che non ho più bisogno di niente, per oggi, stai tranquilla!

Tra poco sarà ora di cena e mi hai riempito il frigorifero come se qui dovessero mangiare sei persone…Vai pure, altrimenti i negozi chiuderanno e non combinerai niente.

“D'accordo, mamma, ciao!”

Marta chiuse accuratamente la porta, controllò tutte le finestre e quindi tornò a sedersi sulla poltrona sollevando il ricevitore del telefono e componendo il numero che aveva trascritto su un foglietto di carta.

Rispose una voce femminile.

“Vorrei parlare con l'ingegner Bonfanti, per favore” disse Marta in tono impersonale.

La voce all'altro capo del filo replicò con una certa perplessità:

“Ma…chi parla, scusi?”

Marta perse subito la sua sicurezza.

“Mi dispiace, non volevo disturbare. Io…io sono una vecchia amica di gioventù, mi chiamo Marta Gardini.

“La signora Gardini? La moglie dell'ingegner Augusto?”

“Sì, sono io.

“Io sono Flavia, non si ricorda di me? Giocavo con le sue figlie quando venivate a trovarci, prima che ci trasferissimo in Francia tanti anni fa!”

Marta sospirò. Chissà se Flavia Bonfanti, che ricordava più o meno coetanea di Cristina, era diventata col tempo noiosa come sua figlia?

“Certo, mi ricordo perfettamente. Io ho telefonato perché ho letto sul giornale l'annuncio di morte della mamma, e così ho pensato che mi avrebbe fatto piacere risentire il papà, dopo tanti anni, anche se è triste dover fare delle condoglianze…”

La voce dall'altra parte si fece di nuovo esitante.

“Ma allora lei…non sa proprio niente, signora? Neanche suo marito?”

“Mio marito è morto da molti anni, mia cara.

“Oh, capisco. Vede, il fatto è che il papà…insomma, è come se fosse morto anche lui da tanto tempo.

“Cosa intende dire, scusi?”

“Semplicemente che è del tutto assente, vive ormai da circa dieci anni l'esistenza di un vegetale, o poco più: mangia, dorme, nient'altro. Non ha la minima cognizione del mondo e non riconosce nessuno. Per questo mi deve scusare se mi sono meravigliata quando lei, poco fa, ha chiesto di lui: nessuno telefona più da diversi anni per cercare mio padre….”

Marta inghiottì per eliminare il groppo che minacciava di attanagliarle la gola e si sforzò di congedarsi con voce normale: “La capisco mia cara, non si preoccupi. Mi dispiace molto di averla disturbata e mi scusi ancora, buonasera.

Lentamente posò il ricevitore del telefono al suo posto, appallottolò il foglietto su cui aveva trascritto il numero che non avrebbe avuto più senso conservare, e lo gettò nel piccolo cestino portacarte che Laura aveva sistemato previdentemente sotto al tavolino vicino alla sua poltrona.

La sera avanzava e la casa era ormai avvolta nella penombra, tuttavia Marta non aveva ancora voglia di accendere la luce.

Aveva l'impressione che così i suoi fantasmi potessero venire più facilmente a tenerle compagnia….stasera, forse, sarebbe arrivato anche Aldo, giovane e brillante come lo ricordava e non certo come le era stato descritto dalla figlia pochi minuti prima.

Non era sua abitudine pensare alla propria età, ma quella sera, contrariamente al solito, Marta si sentì davvero vecchia. Molto vecchia e molto stanca.

 



 

 

 
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