e
noi lì a far le facce truci senza essere credibili
di
massimolegnani
È
piena notte quando improvvisamente la stanza si illumina a giorno.
Nonostante la luce accecante del lampadario mi sveglio a fatica,
dormivo così bene, e meritatamente! Mauri è seduto sul
letto, in silenzio, forse non ha digerito la cena o ha pensieri che
gli tolgono il sonno. Non mi interessa, lo stramaledico e gli
biascico di spegnere. La sua risposta è laconica: non l’ho
accesa io.
Inizia
così la nostra notte da incubo, che dopo anni ancora la
ricordo come fosse ieri. Pensare che fino a quel momento tutto era
filato liscio come in sogno, un sole caldo a benedire il nostro primo
viaggio a pedali in terra di Germania, una gasthaus (pensione
familiare) dall’aspetto tipicamente bavarese, tutta gerani e
balconi in legno, apparsa come d’incanto sulla riva di un
laghetto proprio quando incominciamo ad esser stanchi. Sulla facciata
uno striscione che sembra scritto per noi, benvenuti ciclisti!
A completare il quadretto idilliaco un matrimonio di campagna in
pieno svolgimento. Si sa, fossimo stati in Italia avremmo avuto da
ridire per la baldoria senza fine, i cori alticci, la birra a fiumi,
gli ottoni a tutto fiato, ma in Baviera troviamo ogni cosa pittoresca
e l’entusiasmo ci rende tolleranti al gran baccano. Dopo cena
saliamo in camera e quasi subito dormiamo come sassi, cullati dai
cori e dai tromboni. Fino al brusco risveglio. Di malavoglia mi alzo,
controllo la stanza, dai, non c’è nessuno, chiunque
fosse, capito l’errore, se n’è andato. Questa
volta chiudo a chiave la porta, spengo la luce e torno a
letto. Mauri riaccende. È sempre seduto sul letto, immobile
come un bonzo: “chiunque”è nel nostro
bagno!
Apro
la porta del bagno e in effetti seduto sulla tazza c’è
un ragazzone, completamente nudo, in una posa tanto meditativa che
manco alza gli occhi su di me. Richiudo e mi consulto con Mauri.
Scendiamo alla reception ma non c’è nessuno, a dir la
verità non c’è nemmeno la reception, le pratiche
all’arrivo le avevamo sbrigate al bancone del bar. Tutta la
pensione è immersa nel buio e nel silenzio, dovremo cavarcela
da soli. Torniamo in camera e decidiamo un’azione di forza, lo
prendiamo sotto le ascelle e lo scaraventiamo fuori, d’accordo?,
ci diciamo l’un l’altro per farci coraggio. Irrompiamo in
bagno gridando rauss, schnell, il tipo ci guarda con l’occhio
spento dell’ubriaco e noi lì a far le facce truci senza
nemmeno crederci. Poi il ragazzotto si alza, è una montagna di
muscoli che puzza di birra e grappa da tutti i pori e, per quanto
ubriaco, gli basta appoggiarci una mano ciascuno sul torace per
buttarci fuori in un gesto solo.
Speriamo
almeno che si sbrighi, è il commento di Mauri, sempre
pragmatico. Io, più sanguigno, picchio sulla porta gridando un
improbabile “Polizei, polizei” a cui fa eco il crucco con
Uno momento, okkupato! Insomma, alle nostre quattro parole in
tedesco lui ci ha risposto in italiano, come avrà capito la
nostra nazionalità? Spero non dal nostro atteggiamento
rinunciatario. Ma che altro possiamo fare se non aspettare?
Finalmente sentiamo il rumore dello sciacquone e mentre lui esce noi
ci precipitiamo dentro e restiamo inorriditi: lo sciacquone era solo
un suo riflesso condizionato, con ogni evidenza ha usato il bidet
come tazza e adesso i suoi resti sono lì, maleodoranti, in
bella vista.
Mauri
che facciamo?
Lascia
perdere, ci pensiamo domattina.
Facciamo
per tornare a dormire ma il nostro letto è occupato dal
tedescotto che ronfa beatamente. Questo è troppo anche per due
sprovveduti come noi. Lo ribaltiamo letteralmente giù dal
letto e la botta sul pavimento lo rinsavisce. Si guarda intorno senza
capire dove si trovi, ci fissa come non ci avesse mai visto e
borbottando parole incomprensibili infila l’uscio a passo
incerto e se ne va.
Ma
io non riesco a prendere sonno, un pensiero fisso mi mette ansia.
Scrollo il mio amico:
Mauri,
ma secondo te la padrona ci crederà che quella nel bidet non è
opera nostra?
Neanche
se glielo giuriamo sul santo patrono dei ciclisti.
Così
ci alziamo per l’ennesima volta e vincendo lo schifo
cancelliamo ogni traccia delle malefatte altrui. E ci serpeggia pure
un atavico senso d’inferiorità nei confronti dei
tedeschi, come se noi per primi ci sentissimo in qualche modo
responsabili dell’accaduto.
Intanto
la notte è andata, dormiamo un’oretta striminzita e poi
come due zombie ci precipitiamo a fare colazione che tassativamente
viene servita solo fino alle nove. Al momento di pagare raccontiamo
alla padrona quanto è successo nella notte. Lei non si
scompone e taglia corto: sarà stato qualche ospite
straniero ubriaco.
Mentre
pedaliamo di malavoglia in un paesaggio che non ci coinvolge più,
mi assale un dubbio:
Mauri,
cosa avrà voluto dire la signora con quelle parole? C’erano
altri stranieri oltre a noi nella gasthaus?
Nemmeno
l’ombra!
Ancora
due giri di pedale e buco la ruota posteriore a coronare una giornata
indimenticabile.
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