Una
coppia venuta da fuori
di
massimolegnani
Che
coppia stramba,
borbottavano in paese vedendoli passare la mano nella mano, mai le
dita intrecciate, solo il palmo stretto al palmo, come si fa con i
bambini per paura che ti sfuggano. E nessuno sapeva dire chi dei due
potesse sfuggire all’altro. Lei sempre curata, di un’eleganza
estrosa, nastri tra i capelli, camiciole e gonne a fiori, lui
sciatto, sandali nei piedi, una barba ispida da ladro e una selva di
capelli bianchi a scendere confusi sulle spalle o trattenuti
malamente da uno spago.
Erano
comparsi dal nulla qualche tempo prima e subito era stata una gara a
leggere la loro vita, come se a vederli passare per le strade
acciottolate del paese fosse uno sfogliare le pagine di un rotocalco
di pettegolezzi. Di sicuro c’era solo la differenza dell’età
che saltava all’occhio al primo sguardo, ma qualcuno non
s’accontentava dell’approssimazione e sparava anni e
anamnesi con la competenza di un commerciante di cavalli a cui basta
un’occhiata alla dentatura per sapere tutta la vita della
bestia, sessantadue
contro trentacinque, potrebbe essere suo padre e forse lo è
davvero. E non si viene, chissà da dove, a vivere qui a San
Cataldo delle Marche se non si ha qualcosa da nascondere.
E
divennero per tutti padre e figlia, secondo quella tenace regola
secondo la quale è la voce del paese a decidere la verità
per gli estranei.
Che
coppia assurda,
dicevano in negozio e già sapevi di chi parlavano. Il
padre fa il pittore,
raccontò chi aveva sbirciato dalle finestre aperte, macchie
orrende che puoi appendere al contrario e nemmeno lui se ne potrebbe
accorgere.
Una voce in controcanto aggiunse mentre tastava le patate: la
figlia si dipinge le unghie e le fa asciugare al sole.
Altri contribuirono con dettagli che volevano essere piccanti in un
crescendo rossiniano: lei
ogni tanto gli si rivolta contro,
dice una. Sì,
l’ho sentita gridare che non si riconosce in quel tal quadro,
conferma
un’altra, sa
bene chi è la puttana che lui ha dipinto!,
e abbassa la voce su puttana,
perché fosse chiaro che lei certe parole non le dice, le
riporta. Infine un coro di madame con la sporta: In
quei quadri senza senso?! Lei giovane e bella è gelosa di un
vecchio senza un soldo!
Che
coppia scandalosa,
e scuotevano la testa sul sagrato sottolineando la loro costante
assenza dalla messa. Indicavano le finestre spalancate sulle liti,
che erano urla tutti i giorni, e sulle paci urgenti, fatte di fretta
o lentamente, sempre a suon di gemiti ed abbracci. Ormai era chiaro a
tutti che non fossero padre e figlia, ma nessuno si prese la briga di
correggere nelle chiacchiere di mezzogiorno l’errore iniziale
di valutazione, forse perché la parentela inesistente faceva
loro comodo aggiungendo scandalo allo scandalo. E quelle liti e
quelle paci tutti ad ascoltarle come schegge di notizie del
telegiornale.
Che
coppia sconcia,
dissero il giorno della morte, o meglio due giorni dopo, quando il
silenzio troppo lungo e l’odore dolciastro che usciva dalle
finestre li spinsero a dare un’occhiata dentro. Giacevano nudi
su un letto sfatto, lui come si fosse addormentato con la faccia
sprofondata tra le sue cosce, lei con un’espressione di
beatitudine negli occhi. In paese la morte fu vissuta come una
conferma della dissolutezza in vita che era giusto condannare. Solo
ogni tanto qualche parola di pietà pelosa mormorata a denti
stretti, tanto per tenersi aperta la porta del paradiso che non si sa
mai che Dio trovi eccessiva la loro intransigenza.
Che
coppia particolare,
esclamò il medico legale quando comprese la dinamica del
doppio suicidio, osservando la vulva nero-violacea e gonfia,
esattamente come la lingua dell’uomo. Che tipo di veleno la
lingua del vecchio amante avesse spalmato con l’ultima passione
tra le cosce della donna l’avrebbe scoperto con le indagini
tossicologiche, anche se aveva pochi dubbi che si trattasse
dell’arsenico. Ma quanto aveva appena visto gli bastò
per raccomandare all’inserviente: Trattali
bene questi due, che sono una bella coppia.
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