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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  La matrioska, di Grazia Giordani 18/01/2020
 
La matrioska

di Grazia Giordani



Si sa che i vecchi cassetti sono miniere di ricordi, veri forzieri del cuore. Fin da bambina ho amato frugare alla ricerca di spicchi di vita, perdendomi dentro l’avorio di ingiallite fotografie, incantata dall’arabesco di pizzi delicati come sogni che svaniscono all’alba. Il granaio della nonna è stato per anni una vera miniera. È là che ho trovato il ritratto della prozia birichina, quella della fuga col violinista (ricordate il mio racconto Ritratto in cornice ?) e stampe dell’Ottocento e testi miniati e francobolli che il nonno collezionava e una rastrelliera di pistole – subito incamerate da mio cugino -, ma ancora non avevo notato un piccolo stipo (e come avrei potuto, visto che era un cassetto segreto, che non si vedeva a prima vista) nascosto in un canterano scricchiolante, ridotto in stato pietoso, destinato a diventare ormai legna per il caminetto, così almeno diceva la nonna, poco incline a spender soldi per i restauri della vecchia mobilia.
Fu premendo, proprio per caso, con un gesto fortuito, meccanico, non voluto, che vidi aprirsi quello spazio impensato e nel buio mi apparve il volto enigmatico di una splendida matrioska.
Il bisnonno, che adorava viaggiare, era stato in vacanza a San Pietroburgo, molti anni fa e in quell’occasione, suppongo avesse acquistato quella bambola multipla, insieme a un colbacco ormai tutto tarmato e a una provvista di caviale e di vodka, rimasta proverbiale in famiglia. Per anni si era parlato di quel viaggio; le bambine di casa avevano giocato con la matrioska, ammirandone il volto misterioso, le ciglia lunghe, dipinte regolari, sul legno pallido dello sfondo e la gonna stilizzata, su cui si apriva l’incanto di petali rossi, brillanti come i fiori di un’eterna giovinezza. Erano dieci, una dentro l’altra quelle magiche bamboline.
La penultima fu dura da aprire, non voleva svitarsi. In effetti, insieme alla minuscola figlia, conteneva un foglietto, un piccolo quadratino di cara sottile, un velo leggero, che mi sfuggì tra le dita; non portava scritto nulla, non vi erano parole leggibili, al centro solo una macchia rosso-bruna a forma di cuore.
L’ho riposto nella matrioska e ho richiuso il cassetto.
I segreti devono morire col loro autore.
Ci vuole rispetto per i misteri.
Non bisogna risvegliare gli spettri.

 
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