Storie
di Provincia 2
di
Grazia Giordani
Anni
fa, nel paese (città onoraria per mano di Francesco Giuseppe)
dove vivo, mi dicono che – all’arrivo dei treni della
sera – ci fosse alla stazione, nelle ore più buie e
nebbiose, delle nostre nebbiose stagioni, una “lucciola”
(ma potremmo chiamarla tale visto che pesava un’ottantina di
chili?) in bicicletta, pronta a convincere, con rassegnata
insistenza, qualche viaggiatore in arrivo, a godere dei suoi servigi.
Normalmente, queste lavoratrici, usano l’automobile, fatto per
cui, mi sono sempre chiesta come si sarebbe potuta svolgere sopra un
biciclo la “consumazione”. Consultando nuove pagine di un
compiacente Kamasutra? Boh, chissà…!
Restando
in tema, del resto si sa che stiamo parlando del più antico
mestiere del mondo, una trentina d’ani fa, sempre una di
queste signore svolgeva
la sua “professione” il mercoledì, giorno –
da noi, allora - del “mercato bestiame”, ovvero della
compravendita di mucche, asini e vitelli, occasione in cui
acquirenti, mediatori e venditori, sentivano più forte il
bisogno di un po’ di sollievo dalle fatiche (infatti non erano
i latini che chiamavano postribulum ,
ovvero (post)
dopo la tribolazione, sofferenza (tribulum)
questi luoghi di svago?).
Il
mercoledì, dunque, l’Ombrelara,
visto che gli altri giorni riparava ombrelli, consegnava dei
rudimentali biglietti, scarabocchiati a matita, con sopra dei numeri
progressivi, allo Slavo -
suo bellissimo convivente (che veniva da paesi oltremare), alto
biondo, sguardo di cielo, delinquente della peggior specie - perché
li distribuisse agli affannati compra-venditori, affollati davanti
alla porta della catapecchia sotto le rive dell’Adige.
Il
nostro medico di famiglia, un mercoledì, al ritorno dalle
visite a domicilio, avendo visto questa folla di uomini, pare li
abbia interpellati: «Cossa
fèo chi?»-«Cosa
fate qui?». Dicono che gli aspiranti consumatori abbiano
risposto: «Aspetèmo
el nostro turno»-«Attendiamo
il nostro turno»…
L’ultima,
e poi non parleremo più dell’argomento.
Sempre
in quegli anni, c’erano due sparute “esercitanti”
che vivevano in un vicolo, dette le Tamisàre;
il tamiso in
dialetto palesano è il setaccio; cosa setacciassero le
signore, non mi è dato sapere…
Comunque,
si racconta che ricevessero due maturi fratelli alti ufficiali, cui
offrire la loro opera congiunta, e che praticassero lo “sconto
famiglia”, visto che i consumatori erano in due…
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