Storie
di Provincia 6
di
Grazia Giordani
«Tienti
pronta per un grande servizio, qualcosa di sensazionale!» -
pressappoco questo è stato il tenore della telefonata del
nostro medico di famiglia -!
«Ma di cosa dovrò
parlare?»
«SSSSSSSSSSSSSSS»
«SSSSSSSSSSSSSSS
?»
«Silenzio, che anche i muri potrebbero
sentirci!»
«Insomma, di cosa si tratta?»
«Fatti
più vicina alla cornetta…»
«CSSPSSSTSSSTSTTTSZZ»
«Non
ho capito niente!!!»
«Te lo dirò domani di
persona»
«Clic»
«Ri-clic»
«Lino
– domani, rivolta a mio marito – cosa dovrà dirmi
mai il dottore?»
«Mi
digo ch’el xé deventà mato –
Io dico che è diventato matto!»
E la notte era
lunga e non passava mai.
E non veniva l’indomani.
E
l’indomani venne.
«Un fatto grosso: a Badia c’è
un’indemoniata»
«Non potrebbe essere un caso
di follia?»
«No, no. Sana, è sana di mente,
ma ha fenomeni di xenoglossia (per cui in stato di trance si
esprime in lingue a lei sconosciute) e di levitazione…»
«Come
le torte?»
«No, quelle lievitano»
Pochi
giorni dopo, partiamo con un pullman, organizzato dal dottore,
“abitatato” da partecipanti che avevano tutti più
o meno qualcosa di demoniaco. L’indemoniata che “levitava” in
primis,
un giovanotto un po’ meno toccato dal satanico, in
secundis,
e poi c’erano mamme e nonne con indumenti da far benedire, di
parenti discoli (soprattutto mutande, chissà
perché?).
Arrivammo a Sarsina, sprigionanti zolfo e
ansiosi di liberare dai demoni chi ne avesse in corpo.
Là
c’era un famoso esorcista che avrebbe fatto al caso
nostro.
Misero al collo di tutti noi il collare di San Vicinio,
famoso esorcista del passato.
Tutti guardavamo l’”indemoniata”,
in attesa che si scatenasse.
Niente. Pallidissima, se ne restava
immobile e non dava segni di demoniaco.
Siamo venuti fin qua per
niente, pensavo, rattristata. Non avrò nulla di cui scrivere.
È stata una solenne “bufala”…
In quel
mentre, un aitante giovanotto romagnolo, sostenuto da sette parenti,
si mise a ululare, bestemmiare in strane lingue, blaterare in
altrettante.
«Ecco la xenoglossia!» - gridava la
gente… A me sembrava che bestemmiasse in romagnolo puro, ma
non osavo contraddire gli esperti. Spogliò l’esile
esorcista, riducendolo in mutande; soffiò; urlò; saltò;
volteggiò: a stento trattenuto dai sette volontari, sempre
caricato da preci e crocefisso puntato. Alla fine si accasciò
a terra. Il demone era sconfitto. Così dissero gli esperti. E
a me fu dato scrivere uno dei pezzi di cronaca più coloriti e
importanti della mi carriera.
La nostra “indemoniata”,
se ne stava lì buon buona; (sciagurata!) non mi procurava
notizia. Verso sera mangiò abbondantemente, sulla via del
ritorno.
«Eto
visto che la gavéa un diavolo magnòn?»
- Hai visto che aveva un diavolo mangione?
Non potè
trattenersi dal commentare il mio rassegnato marito, sulla via del
ritorno.
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