GLI EROI NON FUGGONO
di Alejandro
Torreguitart
Traduzione di Gordiano Lupi
Una
mattina come tante al palazzo di Toyo, tra profumo di pane sfornato e dolci di meringa, venditori
di maní
seduti all'angolo del corso, bicitaxi che sfrecciano
nei vicoli diretti in Centro Avana e un caldo appiccicoso ancora più forte, una
cappa che stringe alla gola e non fa respirare. Colpa del buco dell'ozono,
dicono. Mia cugina dall'Italia racconta che pure là c'è una temperatura
tropicale, oltre quaranta gradi, non si vive senza condizionatore, cose così… e
io che l'ascolto come un fesso quando telefona, ché un condizionatore non ce l'ho mai avuto, pure se vivo a Cuba e mi servirebbe
davvero. Quando voglio rinfrescarmi vado sul Malecón
e faccio un tuffo nell'oceano tra le scogliere, in mezzo a bambini che giocano
a farsi schizzare dalle onde e pescatori di frodo che sognano la fuga. Oggi,
tanto per cambiare, vado verso il centro, passo da Diez
de Octubre, prendo una guagua affollata come sempre,
carica di odori e sapori, culi di mulatte che si
dimenano e neri che puzzano, ché io mica sono
razzista, ma i neri puzzano, c'è poco da fare. Prendo la guagua, dicevo, e scappo sul
mare, ché il mare mi fa bene, mi rilassa, e poi magari faccio un bagno, che
solo quello posso fare, il mare è a buon mercato, non ho un peso per le tasche e in piscina non mi
fanno entrare.
La guagua sferraglia
per strade arroventate da un sole cocente, mentre mi sto sciogliendo sotto
raggi infernali, sento colare goccioline di sudore lungo la camicetta di
cotone, osservo uomini e donne che passano, biciclette che corrono, auto
malandate che arrancano tra le buche del selciato. Un mulatto sfoglia il Granma, in piedi,
tra uomini e donne appiccicati come sardine, proprio davanti a me. Allungo lo
sguardo sui titoli, sempre le solite cose, maledetti imperialisti, non
passeranno, la rivoluzione è solida e forte, il comandante in via di
guarigione, la tavola rotonda parla di carenza idrica, un mondo migliore è
possibile e via di questo passo, niente di nuovo sotto il sole, pure se oggi
tocchiamo i quaranta gradi.
“Compagno,
leggi solo la parte politica?” domando.
“Hai
qualche preferenza?” fa lui ironico.
“I giochi
panamericani, ecco, magari se vai alla pagina dello
sport leggiamo qualcosa di interessante, forse c'è una notizia nuova, così, tanto
per cambiare”.
“Amico,
il Granma
costa dieci centavos.
Non è molto”.
“Per le
mie tasche è una spesa folle, compagno”.
Lui
sorride e cambia pagina, ché poi mica ci vuole tanto a
scorrere il Granma,
sono quattro facciate smilze stampate su carta riciclata, inchiostro che si
appiccica alle dita, colori sbiaditi e caratteri piccoli per farci stare più
cose, pure se sono sempre le stesse panzane. Lo sport è in fondo, insieme alla
cultura e all'ultima stucchevole poesia dell'Indio Naborí,
che se Guillén leggesse l'opera omnia di questo repentista di
regime la distruggerebbe con le sue mani.
“Contento,
adesso?” fa il mulatto mostrando una pagina dove campeggia la foto di Fidel sopra un articolo intitolato Il Brasile è il sostituto degli Stati Uniti?
“Mica tanto”
rispondo. E scorro il pezzo.
Un
giocatore cubano di pallamano ha chiesto asilo politico in Brasile, tradimento per denaro, sostiene Fidel, per giocare in
un campionato professionistico e guadagnare. Manca all'appello anche un
allenatore di ginnastica, pure lui ha chiesto asilo politico, non vuole tornare
a Cuba, nel nostro regno dell'uguaglianza dove tutti hanno secondo le loro
necessità, dove non ci manca niente e stiamo per costruire un mondo nuovo, il
problema è quando ci riusciremo, ma non dobbiamo avere
fretta, la rivoluzione ha trionfato soltanto quarantotto anni fa, serve tempo e
soprattutto fede. Due pugili hanno chiesto di restare in Brasile, non si sono
presentati alla pesatura, pure loro hanno un destino assicurato come sportivi
mercenari al servizio del capitalismo.
“Amico,
perché quella faccia? Mariela ha vinto la medaglia
d'oro nella maratona…”
“Sì, ho
letto” mormoro.
Non c'è nessuna giustificazione per chiedere asilo
politico, scrive Fidel, e il popolo di Cuba deve rendere tributo
all'esempio eroico di Mariela, nata nella provincia
del Granma, dove la mortalità infantile è tra le più
basse del mondo. Vero. Eroica Mariela. Eroico Pablo. Eroico Paco. Eroico mulatto davanti a me che mi fai leggere il Granma mentre questa carretta sferraglia lentamente sotto il
sole dei tropici. Eroico Alejandro che continua a
scrivere racconti camminando per L'Avana senza niente
da fare, solo attendere il domani e un identico sole cocente per fare un tuffo
nell'oceano tra onde e squali. Eroico Alejandro che
non può scappare, non ha le palle di Arturo Sandoval
e di tanta gente che se n'è andata per non tornare. Eroico Alejandro
che lontano da Cuba non potrebbe vivere, sentirebbe nostalgia pure di questa
carretta puzzolente che procede tra le buche d'una capitale in abbandono. Gli
eroi non fuggono, restano fedeli a una città perduta, si adattano al quotidiano
per sopravvivere, ché motivi per scappare ne avrebbero tanti, ma restano
attaccati alla loro terra solo per il terrore della nostalgia.
23
luglio 2007