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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Doppio sogno, di Sabrina Campolongo 20/08/2007
 

                                 Doppio sogno

                            di Sabrina Campolongo

 

 

Sta andando verso la sua auto.

Devo averlo già salutato, ma lo richiamo, urlando il suo nome. C'è una rete tra noi. Una verde rete metallica a maglie larghe. Io sono dentro e lui fuori, questo solo so. Dentro dove? Lo ignoro.

Temo che non torni, che non mi senta, ma lui si è già voltato e sta camminando verso di me, rapido, premuroso.

Si appoggia alla rete.

Le sue dita si allungano, diventano fili sottili, trasparenti, come tentacoli di medusa. Si avvolgono attorno alla mia mano, si intrecciano alle mie.

Grazie. dico, senza sapere perché.

Anch'io ti amo. dice.

Il sollievo mi invade, mi riscalda, mi rinfresca. Quell'anch'io vale quanto il ti amo. È riconoscimento senza bisogno di spiegazioni, senza imbarazzi. Mi ama. Anche lui, certo.

È giusto, lo sento giusto, è perfetto che me lo riveli in questo modo.

Lo so. dico.

Poi abbasso lo sguardo. Le sue dita sono tornate a essere solo dita e si sciolgono piano dalle mie.

Non c'è tristezza in questo. Non è un addio.

È volersi lasciare per assaporare questo nuovo sapere. Non importa quel che sarà. Sappiamo tutti e due che queste parole non cambieranno di una virgola le nostre vite, ma non importa. Ci basta esserci trovati, ora, qui, in questo istante sospeso.

 

 

Il risveglio è lento. Vorrei posticiparlo, restare aggrappata ancora un po' al lembo del sogno, tenerlo stretto nel pugno. Ma è inutile. Senza strappi si dissolve, scivolandomi dalle dita.

Resta la dolcezza. Sulle labbra, negli occhi, dentro al petto. Soffice come ovatta, ad attutire gli urti, tutto il giorno.

È sera quando lui mi chiama.

Ti ho sognata questa notte, sai?

Davvero?

Sto per dire “anch'io!”, vorrei urlarlo, ma un pudore mi trattiene. Vorrei poter dire anch'io senza dover raccontare il sogno; nel dubbio mi censuro.

Sì. Ti salvavo da un maniaco, pensa un po'.

Meno male! scherzo. E poi?

Eravamo in una specie di campo sportivo. Io stavo andando via e tu mi hai richiamato, da dietro la rete.

Il cuore batte furioso nel petto.

E?

Mi hai ringraziato.

E poi? ancora, con le mani sudate.

Basta. Mi sono svegliato.

Ci sei ancora?

Sì, sono qui. È uno strano sogno.

Strano sì. Ancora più strano è che mi sono svegliato convinto di doverti chiamare immediatamente per dirtelo. Da tutto il giorno combatto contro questa follia, finchè ora mi sono arreso.

Sono contenta che me l'hai raccontato. È vero, dovevi farlo.

Sì?

Sì.

Bene. Ora l'ho fatto. Come va? Davide sta bene?

Sì certo, è di là, sta guardando la tv. Vuoi parlarci?

No, lascia stare. Sarebbe bizzarro dirgli che ho chiamato per dire che ho sognato sua moglie.

Sì, detto così è un po' strano, effettivamente.

Bene, allora te l'ho detto e ora posso dormire tranquillo.

Buona notte allora! rido.

Buona notte. ride.

Buona notte ripete, ora serio.

 

 

 

 
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