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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Profumo, di Sabrina Campolongo 01/09/2007
 

Profumo

                            di Sabrina Campolongo

 

Ho comprato un nuovo profumo, ieri. L'ho scelto con cura. Era importante che non l'avessi mai usato prima, che non lo usasse nessuna donna che conosco, che non mi riportasse alla mente nessun vissuto passato, nessun episodio, nemmeno occasionale. A volte capita, al cinema per esempio, o a teatro. Una vicina, o un vicino di posto indossa un'essenza che finisce per diventare l'odore di quel particolare film, o di quella serata.

Invece doveva essere un'essenza vergine, mai annusata.

E doveva essere perfetta. Non doveva assomigliare a nessun profumo già indossato: note nuove, e non è così facile. Cado spesso sulle fiorite o sulle agrumate. Lo so perché leggo le analisi dei profumi, conosco un sito in cui tutte le fragranze, appena escono sul mercato, vengono scisse da esperti: note di testa, cuore eccetera.

Ho scelto tra quelli definiti cipriati. Non ho mai posseduto un profumo cipriato, prima.

Sono forti e amari, i cipriati. Difficile trovarne uno che mi piacesse, e doveva piacermi. Non poteva avere un odore troppo intenso, o pungente, da dare il mal di testa, il nostro incontro.

Alla fine l'ho trovato, il profumo perfetto, persino nel colore. Un violetto leggero, limpido, il colore dell'alba.

Se mi sono data tanta pena è perché sapevo che non sarei mai riuscita a rievocarti, altrimenti.

Lo sapevo dai nostri precedenti incontri, l'ultimo molto tempo fa. Sapevo che hai un odore leggero, inafferrabile. E immaginavo che avrei avuto pochissimo tempo per cercare di decifrarlo, per provare a chiuderlo in un cassetto della coscienza. Il tempo di un abbraccio. Fugace. Troppo breve.

Così ho scelto io il profumo del nostro incontro.

Cipriato, colore dell'alba.

L'ho indossato per la prima volta mentre ti aspettavo, poco prima del tuo arrivo. Non ho atteso proprio di vederti scendere dalla macchina e avviarti verso il mio cancello. Ho anticipato i tempi. Mi piaceva includere l'attesa, nell'atmosfera che avrei saputo ricreare, grazie al profumo.

È un'attesa estrema, tesissima, la mia, quando so che ti vedrò.

Cerca di non morirci. mi sono detta, ad alta voce, mentre ingannavo il tempo facendo cose senza importanza, spostando suppellettili, mettendo alcune cose in vista. Cose mie, che volevo vedessi. I libri che sto leggendo, la mia penna, la copertina del cd che ascolto da giorni, pensando a te.

Cerca di non morirci.

E ho riso da sola. Hai quarant'anni, cerca di non farti venire un colpo aspettando un uomo. E non è nemmeno un incontro d'amore. Eppure senti il tuo cuore, conta i battiti, cosa sono, triplicati? Cerca di non farti trovare riversa per terra, colpita da un infarto. Non sarebbe per niente elegante, sarebbe persino ridicolo. Respira. Cerca di non morire.

Respira quest'odore. Ora è il profumo dell'attesa. L'attesa è piena di promesse che non devono essere sciupate. Tu mi diresti di non pensare alle promesse, lo so. Che non devo concentrarmi su quelle, oppure resterò delusa. Hai ragione, ma ho ragione anch'io.

Costruisco folli aspettative sapendo che non diventeranno realtà. Sapendolo, bada bene. Sapendolo sul serio, non come le donnette che dicono “Ma no, figurati, non mi vede nemmeno, siamo solo amici, non succederà proprio niente!” mentre escono per una cena di lavoro indossando biancheria di seta appena uscita dal negozio.

Io non lo ricordo nemmeno, cosa indosso, sotto ai vestiti. Probabilmente mutande e reggiseno spaiati, anche un po' vecchiotti, magari scoloriti. Io so davvero che non ci saranno vestiti gettati per terra, mani che frugano, occhi e labbra che esplorano. Lo so, non me lo dico tanto per scaramanzia.

So che posso trattenere solo il tuo odore, lo spettro del tuo calore, immagini fermate allo scorrere del tempo, e la sensazione – per quanto poco duratura questa – della tua presenza fisica, solida. Un braccio, la spalla, il palmo della tua mano.

Ogni volta che mi abbracci sento lo scatto di un ingranaggio. Lo sento dentro la testa: clack. Il mio universo che ruota sul suo asse e si blocca, trovando la sua sede.

Ma non riesco a fermarlo, a catalogarlo, non sono capace di ricrearlo questo prodigio. Quando mi lasci andare, il mondo riprende troppo in fretta a girare, e mi disorienta. Perdo i punti di riferimento, non li so più ritrovare.

Però questa volta avrà un odore, quell'attimo sconfinato e immobile, estenuante. Un odore che potrò rievocare. Basterà che mi spruzzi addosso il nuovo profumo. Non potrò farlo sempre, non si possono mescolare le esperienze. Dovrò essere sola, e non fare nulla. Nient'altro.

Chiuderò gli occhi.

E ti risentirò, e ti rivedrò. Catturerò il tuo odore, così leggero, così inafferrabile, te lo ruberò di nascosto, impastandolo al mio.

Esco in fretta, correndoti incontro.

Devo correre, muovermi con eccessiva enfasi, devo farlo per per non farti vedere che tremo.

Ciao, ti saluto, mi saluti, ti sfioro una guancia con un bacio leggero.

Che strano. Ti sei messo un profumo, oggi.

 

 

 

 
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