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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Il natale del centauro, di Luigi Panzardi 28/09/2007
 

IL NATALE DEL CENTAURO

di Luigi Panzardi

 

 

 

- Lunghezza variabile dei condotti d'aspirazione regolata da un sistema elettronico.

- Freno a disco anteriore e posteriore.

- Telaio in acciaio cromato.

- Ruota anteriore a sezione larga.

- Pedane retrattili.

- Potente motore raffreddato a liquido.

Prezzo: euro 2950,00 in contanti.

 

= Potente!  =  Potente!  =

Fonemi che gli martellavano il cervello dolorosamente. Dietro a questo dolore la memoria di Simone riscriveva l'elenco delle dotazioni così come lo aveva letto la prima volta, quando era stato ammaliato da quell'animale imponente. I lucidi maniglioni gli erano apparsi vedenti e che lo scrutavano beffardi. Il grosso faro alogeno gli ammiccava un sorriso erotico.

Non poteva cavalcare subito la moto e portarsela nel garage, dove il padre custodiva la vecchia automobile, per quel contante che non possedeva. La sera era calata da poco, portando in dono una brezza profumata di mare. Nel ricordo, i lampioni che percorrevano il lungo viale avevano ora un alone di luce gialla, odiosa e nauseante d'inquinamento cittadino. Da quella sera tutto era incominciato.

L'accordo con l'amico che la possedeva fu di poche serie parole.

“Se non la vendi nei prossimi tre mesi, sarà mia. Ti darò tutta la somma in contanti. Ma tu vedi di non venderla. Gli disse. Simone aveva da poco compiuto diciannove anni e da un mese era stato licenziato dal liceo classico Leonardo da Vinci con ottimi voti. Tra i premi ricevuti dai genitori, parenti e amici c'era sì stata una discreta somma di denaro, ma ben inferiore al prezzo di rivendita della grossa motocicletta.

Subito dopo l'accordo con l'amico, aveva telefonato a Daria, la fidanzata, bionda e magra, alla quale era legato da un sincero affetto, ricambiato del resto in tutto da lei. All'inizio della telefonata non  riuscì a parlare. Solo un riso irrefrenabile di felicità gli usciva fin dal cuore, pur essendo frutto di ciò che al momento era solo un progetto.

“Simone sei tu?”  Chiese Daria. “La finisci di ridere come uno scemo? Cosa vuoi?”

“Ciao, amore,” rispose Simone, riuscendo infine a smettere di ridere, “ho deciso di comprare la moto di Marco, quel mio amico, ti ricordi? quello ricco, il figlio del dentista Castra…”

“Va bene, mi ricordo, allora?” lo interruppe la ragazza  a cui quel mezzo, insieme al padrone, era stato sempre antipatico, e aggiunse: “Come fai a comperarla? Con quali soldi?”

“Ecco, mi sono messo d'accordo con Marco che fra tre mesi se la moto fosse ancora invenduta l'acquirente sarei io. Ti ricordi che da domani lavorerò al call center? E che il contratto è per tre mesi… purtroppo? Dunque, fra tre mesi avrò più che sufficienti quattrini per acquistarla.

Boh!” replicò astiosa Daria, “ne riparleremo fra tre mesi allora!”

“Si, ciao, ci vediamo domani.” Simone chiuse subito il telefono, ben sapendo che la fidanzata avrebbe cercato di dissuaderlo da quel proposito che come minimo ella riteneva in contrasto con la buona salute e con una lunga vita.

L'estate fu triste. Il lavoro per il giovane era il primo della sua vita ed era arrivato proprio alla fine di un intenso anno scolastico, quando era ancora stanco di studi e paure. Eppure rifiutò di fruire delle ferie cui aveva diritto,  per averne in cambio il corrispettivo economico. Seduto davanti alla  postazione informatica che gli era stata assegnata, ogni giorno, e anche di notte quando gli toccava per turno, la cuffia schiacciata sui capelli neri e ricci voltati all'indietro, dava ai clienti le informazioni rituali, sempre sorridente e affabile: “Buon giorno! Io sono Simone, in cosa posso esserle utile?” Una formula ripetuta decine di migliaia di volte.

Per tre giorni di fila, quelli col Ferragosto in mezzo, dopo una serie massacrante di turni notturni, riuscì a raggiungere il mare, e furono sufficienti ad abbronzargli la pelle già per natura olivastra ed a ridargli il vigore necessario per giungere alla fine del rapporto di lavoro.

Finalmente arrivò l'ultima busta paga. Marco, da vero amico, non aveva neppure cercato un altro acquirente e gli aveva conservata con cura la grossa motocicletta. Simone si sentì divino il giorno che tornò a casa su quella due ruote. Che gioia inforcarla, godere del rumore perfetto del potente motore, scontrarsi con l'aria, penetrarla, in una incessante conquista degli spazi che gli andavano incontro come chiari schermi sfuggenti.

Simone sentiva questa felicità in ogni momento della giornata e la comunicava agli altri con la radiosità del volto, con l'agire scattante e sorridente. I genitori, che erano stati in disaccordo, al cospetto di tanto benessere alzavano le spalle in segno di resa incondizionata. Anche Daria non aveva reagito in maniera eclatante, consigliava però ogni volta il fidanzato ad essere prudente e per persuaderlo gli suggeriva di pensare a lei sempre, ma in particolare quando era sulla moto. Simone si schermiva, diceva che anche andando in giro a piedi, qualora fosse segnato, ci si poteva scontrare con l'imprevedibile evento tragico; che la paura era ingiustificata perché la morte non si lascia sedurre dai mezzi, ma quando decide colpisce. Tanto valeva procurarsi qualche semplice soddisfazione.

Il guaio è che la vita non è una dottrina che il pensiero possa spiegare.

Mancavano tre giorni a Natale. Di sera umida sulla strada viscida, Simone portava a casa Daria allacciata stretta, i seni schiacciati sulle  spalle di lui, i piedi spinti con isteria sulle pedane per una incrollabile diffidenza. Simone si eccitava nel sentire le cosce di lei stringergli frementi i fianchi La ragazza aveva ceduto già altre volte, persuasa dagli inviti affettuosi del ragazzo. E, sincera, ammetteva di aver provato in quelle poche occasioni una piacevole ebbrezza.

“Sai che mi è un po' piaciuto?” confidava ogni volta al fidanzato,  ridendo e baciandolo con malcelata gratitudine.

Correva quella sera?  No, non correva…quanto forse avrebbe voluto, poteva giurarlo. Il corpo caldo e innamorato che gli palpitava dietro lo frenava.

“Che atroce rimorso!” Si accusa ora in silenzio.

Un bambino all'improvviso era sbucato da un nulla mostruoso. Coscienza e riflessi gli fecero deviare la moto di scatto: il bambino era un essere intangibile! La moto sbanda, finisce nei campi, Daria è sbalzata violentemente, la vede in alto, piroettare, cadere senza casco volato lontano, una zolla grigia di terra aspetta la sua testa.

Il verdetto dei medici è coma profondo. L'ospedale è bianco e verde, puzza di medicine, le lenzuola del letto sono ruvide, una selva di tubi e congegni danno vita a Daria. Simone le stringe la mano da tre giorni. E' fermamente intenzionato a non lasciare mai più quella mano. E'  sicuro che da quel contatto fluirà la vita per la sua ragazza che tornerà così a sorridergli ancora. Intanto ripercorre la storia, sminuzzando i fatti per cercare di afferrarne il senso. Aveva sempre pensato che egli per tutta la sua vita  non sarebbe stato mai causa di tanta sofferenza. Perché gli eventi lo avevano portato ad esserlo, ingannando la sua onestà?

Qualcuno in piedi, sopra di loro, disse: “Buon Natale figlioli”, nel disperato desiderio di richiamarli alla vita.

 

 

 
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