A Zahra
di Mara Faggioli
“Ascolta
attentamente, e soprattutto ricordati
che le storie vere devono essere
raccontate,
tenerle per se stessi è come tradirle” (Israel Baal
Sem Tov)
……e questa è una storia vera che desidero
raccontare
Entrai tremante in quella stanza, con
il cuore che mi martellava
impazzito dentro il petto: eri lì, seduta sul pavimento a testa bassa, tra le
manine avevi un giocattolo, non più adatto ai tuoi sette anni. Alzasti il tuo
visetto verso di me ed ebbi la sensazione che un coltello mi si fosse
conficcato nel cuore: mai avevo visto uno sguardo così triste! Lentamente ti alzasti e la tua piccola mano
cercò la mia. Iniziò, così, la nostra breve
storia.
Per un anno sei rimasta
nel nostro nido, piccolo uccellino impaurito,
per tutti gli orrori e le atrocità che gli uomini sono stati capaci di
farti vedere, per la guerra, per la morte, per la fame, per la mancanza di
affetto.
Conoscevi una manciata di parole di lingua italiana, forse otto – dieci vocaboli in tutto, ma
avevi una gran sete di imparare. Per comunicare, ti ricordi, abbiamo cercato di
aiutarci con i
disegni, ma tu eri così veloce e brava ad imparare che ben presto non è stato
più necessario.
E man mano che imparavi a parlare, mi
raccontavi gli orrori cui avevi assistito nella tua, seppur piccola, vita. Ed ogni
volta, mi
chiedevo, che cosa potevano aver visto i tuoi
occhi di ancora
più terribile. Ma con stupore e con sgomento sempre più
grande, mi accorgevo che avevano
visto cose ancora ben più atroci e crudeli .
Mi trasmettevi tutte le tue sofferenze e le
tue angosce. Ed io le recepivo con dolore e strazio, con la speranza, in cuor mio,
di essere come una spugna, capace di assorbire tutte le tue sofferenze e
renderti, alla fine del nostro viaggio insieme, una bambina serena.
Ma c'era, poi, un
altro dolore che ti lacerava
profondamente ed era
quello per il colore
della tua pelle. Odiavi il
colore della tua bella pelle, vellutata come una pesca, odiavi i tuoi ribelli
ma simpatici ricciolini neri e carezzavi, forse invidiandomi , il
mio viso diafano, tanto
da sembrare malato, i miei
capelli biondi e lisci, senza nessuna forma ed ammiravi i miei occhi verdi che sembravano spenti
accanto ai tuoi!
Avresti voluto spellarti! Che fitte al cuore provavo, quando ti trovavo nel bagno intenta
a darti le mie creme, nella speranza, mi dicevi,
di diventare bianca!
Quell'estate al mare, cercai con tutte
le mie forze di raggiungere il
massimo dell'abbronzatura possibile e
quando, finalmente, credetti di esserci riuscita, saltando di gioia, ti
abbracciai e ti baciai, dicendoti che ero felice di avere una pelle bella,
quasi come la tua! Tu mi guardasti triste e dispiaciuta
e, con la saggezza di
un vecchio, mi rispondesti: “Mamma, non chiederlo al sole, chiedilo a Dio!”.
Ci abbracciammo strette, finalmente non soffrivi più. Avevi imparato ad
accettare il colore della tua pelle, ad amare le tue
origini, la tua terra, le tue radici.
Era questo che desideravo per te, prima di ogni altra cosa, prima che tu
imparassi a scrivere o leggere.
Ti ricordi, avevamo fatto un patto: quando
saremmo state lontane, avremmo guardato le stelle e ci
saremmo sentite vicine. Ma adesso, amore mio, come facciamo? Tu sei sull'altra
faccia della Terra, quando guardo le stelle immagino che tu vedrai il
sole, ma sento che i nostri
cuori sono ugualmente vicini.
Adesso sono qui e ti penso, con una nostalgia che mi strazia l'anima, e non capisco
perché i pittori dipingono gli angeli con
i riccioli biondi e gli occhi
azzurri. Ma io che ti ho cullata fra le braccia, sono certa, invece, che gli angeli sono proprio come te, amore mio, con i ricciolini neri e la pelle color
cioccolato”.
1°
premio al Concorso Letterario “L'arcobaleno della vita” del Comune di Lendinara
1°
premio ex-aequo al Concorso Letterario “G.Gronchi”
per la sezione speciale “Omaggio a Carla Gronchi” per opere di alto contenuto
sociale ed umano