IL GOLFO DEI POETI
E PORTOVENERE
Escursionismo
“La passione per la montagna è stata
generata, il più delle volte, della fascinazione
esercitata da luoghi struggenti. Molti di noi, soprattutto in tenera età, sono
stati “stregati” nella mente e nel cuore da piccoli scampoli di natura ( un
bosco, una cascata, un laghetto, un prato o pascolo, ma anche e soprattutto da
una località marina) la cui forza di seduzione non può essere spiegata con le
categorie classificate dalla scienza e dalla ragione. Angoli di natura
diventano intraducibili nelle forme del linguaggio ordinario, manufatti
costruiti da uomini in continuo rapporto dialogico con le forze naturali
sembrano costituire una cosa sola con l'ambiente. Noi del CAI di Mantova, una
volta l'anno, specialmente in primavere, la prima escursione la facciamo sui
sentieri scoscesi e meravigliosi della vecchia e cara Liguria, nella regione
delle “ Cinque Terre”
Oggi, in questa giornata molto calda e afosa di
questo giugno anomalo, sfogliando la nostra vecchia agenda di viaggio, abbiamo
trovato degli appunti molto interessanti e relativi al Golfo dei Poeti, che ci
hanno riportato indietro nel tempo e precisamente alla primavera di alcuni anni
fa, quando con gli amici del CAI di Mantova, in una mattina serena
dell'incipiente primavera, siamo partiti alla volta della vecchia e a noi cara
Liguria, che ha un significato particolare, tanto che l'abbiamo definita la
nostra seconda Patria. Si può dire che, per il nostro servizio istituzionale,
conosciamo ogni città, ogni angolo, ogni borgo marinaro di questo micron cosmo
che sa di sapore antico ma ogni volta che ci facciamo ritorno, ci ritorniamo
con molto piacere. Quel mattino, appena lasciato il paesaggio allo sfondo le
Alpi Apuane, siamo entrati in un paesaggio diverso, in un paesaggio verde di
uliveti e punteggiato da casette rosa, al vertice della collina il vecchio e
antico forte di Sarzanello, fatto erigere da
Castruccio Castracani nel 1322, mentre a sud si trovano
le rovine dell'antica città di Luni.
Da quella località, scende un
sentiero tra le rocce, gli ulivi e piccoli appezzamenti o strette fasce,
coltivati a vigneto. Sotto di noi, in un nirvana, che nella religione buddista,
lo stato di imperturbabilità e beatitudine interiore, di quasi totale
annullamento di sé, raggiunto attraverso il progressivo distacco dei desideri
terreni, sorge Tellaro tra mare e cielo, tra le rocce
e le montagne verdi, altissima, fino alle casette antiche che colorate che
sbocciano dagli ulivi e si staccano sull'azzurro del cielo”: nelle parole del
grande scrittore e amico carissimo Mario Soldati c'è tutto l'amore del regista
per Tellaro, che ha scoperto l'incanto di questo
antico borgo marinaro alla fine degli anni sessanta. Quando vi era giunto alla
ricerca di un manoscritto dello scrittore inglese Conrad
Lawrence, che aveva soggiornato agli inizi del
Novecento a Fiascherino. Località nei pressi di Tellaro. Soldati non riuscì a trovare il manoscritto, ma
s'innamorò del luogo che sorgeva nei pressi di Lerici,
dove scelse di vivere in una villa proprio sul mare, che l'abbiamo definito un
balcone panoramico, dove l'occhio si perde nel grande e profondo orizzonte.
E' un fazzoletto di paese costruito sulla
roccia: un abbraccio di case stinte dagli intensi colori pastello, di cortili
invasi da azalee, rosmarino e salvia, di caratteristici e contorti carruggi e
strette scalinate che scendono al mare. Tutti i borghi marinari della costa, in
un certo senso si rassomigliano, le stesse case colorate, le stesse scalinate,
gli stessi caratteristici affacci, le vie strette e gli antichi carruggi.
Sembra un paesaggio astratto e metafisico, un paesaggio pittura, dove trovano
aspirazione i poeti e i pittori della domenica. Abbiamo ammirato molto quel
paesaggio incantato, stando seduti su di un muretto antico a riposare le nostre
stanche membra, che sorge di fronte alla chiesetta a pelo d'acqua, che è come
una nave statica che non si evolve; immobile da centinaia di anni, aspettando i
pochi fedeli del borgo o qualche pellegrino come noi. Le spiaggette sono lì
sotto di noi, dove le piccole onde vanno e vengono, una dopo l'altra, a
infrangersi contro gli scogli, la più bella, come ci diceva il signor Baciccia, un vecchio pescatore dalla pelle indurita dal
sole e dalla salsedine, che come noi, imperterrito continuava a fumare la sua
pipa da vecchio lupo di mare: “La più bella spiaggetta
è quella di Fiascherino, situata in una baia
silenziosa tra il verde degli ulivi e i profumi della macchia mediterranea”
Dopo quel meritato riposo al cospetto
del meraviglioso mare azzurro, salutiamo il vecchio marinaio e proseguiamo
lungo la strabella che in poco meno di mezzora di cammino, raggiungiamo il
Golfo dei Poeti.
La storia della cittadina di Lerici si perde nella notte dei tempi, non sappiamo con
precisione l'anno della sua fondazione, ma lo studio del suo antico nome "portus íliycis" che
potrebbe derivare dal greco "Iliakos' (iliaco,
troiano), ci induce a favoleggiare che la sua fondazione derivi da un gruppo di
esuli della guerra di Troia.
“E non potrebbe essere altrimenti perché il
territorio presenta numerose analogie con le coste greche e una bellezza dei
luoghi degna di Venere, cui è dedicata una delle sue baie, chiamata Venere
Azzurra. Lerici fu porto di approdo dei traffici
greci e fenici, e la sua storia non ebbe mai momenti bui, semmai periodi ancora avvolti in un affascinante mistero. Lo stesso
mistero che avvolge le origini del popolo etrusco cui Lerici
fu particolarmente legata per la sua vicinanza a Luni.
Attingiamo dalla storia antica che nel VII sec. a.C. il
Golfo fu occupato dagli Etruschi che spaziarono da Pisa a Capo Mesco fondando
la città di Luni cui Lerici
per molti secoli legherà la sua storia. A tale proposito proponiamo alcune
brevi righe di Pantero Pantera, sec. XVII (capitano
marittimo autore di un inedito portolano che descrive la lingua attorno al
1620): "Lerice, terra non molto grande
circondato da muri. Da questa terra si nominava anticamente questo Golfo Porto
D'Erice, sì come si chiamò ancora Porto di Luna, da
una grande città che vi era dell'ístesso nome.".
Per la sua importanza come porto, Lerici fu conteso dai romani ai liguri e da loro
conquistato e utilizzato a scopo militare e commerciale. Lerici
fu porto importante nel Medioevo, sempre legato al dominio del Vescovo di Luni: vi approdavano i viandanti, i pellegrini, i mercanti
che volevano, attraverso il nodo nevralgico di Sarzana,
raggiungere il nord Italia e il centro Europa. Una diramazione della Francigena porta a questo importante Golfo, poiché da Lerici partivano i pellegrini per S. Jacopo di Compostela e per Roma. A questo proposito da Lerici dipartono ben due vie romane o romee: una
corrispondente all'attuale via che unisce Lerici a Sarzana, l'altra, che risale al tracciato dell'Aemilia Scauri poi Aurelia, unisce Tellaro fino a Lerici tramite un bel percorso tra ulivi e macchia
mediterranea che tocchi numerosi siti di importanza storico-archeologica.
Quello è il sentiero che la lunga e rutilante squadra degli escursionisti del
CAI di Mantova, abbiamo percorso per giungere fin qui, in questo paradiso
terrestre.
La storia ci
racconta inoltre, che Lerici fu utilizzata dai lucchesi per il traffico di pelli e stoffe, poi a lungo
contesa tra Genova e Pisa nel periodo delle Repubbliche marinare.
Nel 1241, dopo la battaglia del Giglio, fu occupata
dai pisani che edificarono il Castello e il borgo murato. Dopo quindici anni
Genova la riconquistò e ampliò il Castello. Nel 1528 Lerici
fu teatro di un avvenimento che cambiò le sorti dell'Europa: fu tra le mura di
un suo palazzo che Andrea Doria si rifugiò e decise
di passare dalla Francia alla Spagna, togliendo alla
Francia il dominio sul Mediterraneo a favore della Spagna.
Tra il'600
e il'700 ebbe il massimo sviluppo urbanistico grazie
alla presenza in Lerici di una nobiltà armatoriale che aveva le sue dimore nei
borgo e di cui restano gli antichi palazzi e le ville. Nell'800 scrisse
pagine gloriose della storia risorgimentale, tanto che Garibaldi chiamò la sua
popolazione "la più forte e la più energica d'Italia'. Lo stesso
Carlo Pisacane raccolse in Lerici
nel 1857 otto suoi fedeli compagni per la spedizione di Sapri,
ma chi più ne impersonò lo spirito risorgimentale fu Giuseppe Petriccioli che con Felice Orsini
e Carlo Pisacane issò il tricolore sul Duomo di
Milano dopo aver duramente combattuto sulle barricate delle 'Cinque
Giornate".
Lerici,
"La Perla del Golfo dei Poeti", situata nella parte estrema di
levante della Regione Liguria, vi saluta con uno scenario caro a poeti e scrittori:
la splendida collina costellata di borghi e di ville, le acque sempre cangianti e un
mare dai mille volti ideale per la vacanza e gli sport nautici.
Bella da vedere e da scoprire questa
cittadina rivierasca e collinare, tutta un
dedalo di piazzette e di viuzze: qui l'antico è riservato, il nuovo non tende
mai alla sopraffazione.
PORTOVENERE.
Nel grande
e meraviglioso Golfo di La Spezia, una vela bianca ci precedeva,
spinta da un leggero soffio di vento, lasciando dietro di se una lunga scia
bianca e seguita da uno stormo di gabbiani dal becco rosso. Il vaporetto sul
quale stavamo navigando, si chiamava il “Gabbiano” e stava dirigendo verso Portovenere.
Il luminoso
e panoramico Golfo, è noto da tempo come il Golfo dei Poeti, perché tuttora
meta ispiratrice per fecondi letterati, è un dolce anfiteatro: a ponente sono Portovenere con le sue isolette ed il territorio di
Tramonti che conduce alle Cinque Terre, voltandoci indietro verso levante
osserviamo l'incantevole Lerici, che abbiamo lasciato
da poco, con i suoi panorami indimenticabili e più oltre le meravigliose e
piccole insenature, che orlano il roccioso promontorio di Montemarcello,
località immersa nel verde dei pini e degli ulivi, molto amata dai grandi
scrittori e poeti come Byron Georg
Gondon, Mario Soldati e la scrittrice francese Gorge Sand. Mentre il vaporetto solcava lentamente le placide
acque azzurre della Baia, uno stormo di gabbiani ci seguivano lungo il percorso
in segno di saluto. Di fronte a noi scorgiamo l'Isola della Palmaria,
che appartiene a Portovenere, che è un grande blocco
calcareo triangolare situato nel lato occidentale del Golfo di
La Spezia.
Dopo il periplo di quelle stupende isole, nelle
prime ore del pomeriggio siamo sbarcati sull'isola Palmaria
in località Terrizzo, per effettuare un'escursione
nei sentieri della più grande isola della Liguria. L'escursione prevedeva la
salita al
Semaforo, straordinario punto panoramico di
osservazione, attraverso sentieri spettacolari. Adriana ed io, non abbiamo
preso parte all'escursione completa dell'isola e nella attesa del vaporetto che
ci ha traghettato a Portovenere, abbiamo proseguito
su di un comodo sentiero forestale e soprattutto panoramico, da dove si può
ammirare un paesaggio senza pari, la cui vista abbracciava tutto il Golfo dei
Poeti e di Portovenere. Seguendo i tornanti di quel
sentiero, immerso nel verde dei pini, abbiamo visto che nei piccoli orti a
fianco alle case, oltre all'ulivo germogliano rigogliose alcune piante di
limoni carichi di succosi frutti, che impreziosivano quel luogo soleggiato di
grande bellezza paesaggistico.
Il borgo marinaro di Portovenere,
che fu definito il luogo dell'amore, non ha bisogno di essere ulteriormente
illustrato, perché le sue bellezze parlano da sole.
Molto interessante però è la vista di questo
caratteristico borgo, una passeggiata sul promontorio roccioso all'estremità
dell'abitato per visitare, fra vecchie fortificazioni, la chiesa di S. Pietro.
Di fronte alla costa di Portovenere,
oltre alla Palmaria si trovano altre due isole, il
Tino e il Tinetto, che sono state incluse nel
Patrimonio Mondiale dell'UNESCO, non solo per la loro bellezza, ma anche perché
vantano numerosi resti di monasteri eretti nei primi secoli del cristianesimo.
Appena sbarcati, Adriana
ed io, dopo un frugale spuntino, una passeggiata distensiva sulla scogliera da
dove si gode una vista stupenda del borgo marinaro e della bellissima chiesa di
San Pietro e dulcis in fundus,
un paesaggio bellissimo delle Cinque Terre.
Prima d'iniziare la lunga scalinata che porta alla
chiesa romanica di San Pietro, sulla destra, dietro la muraglia difensiva, si
trova la baia dei Colombi, dove il poeta romantico Lord Byron,
soleva farsi il bagno in quelle acque fresche, limpide e profonde. Sopra di una
di queste finestre panoramiche attraverso le quali si ammira la famosa baia, è
stata posta una lapide commemorativa dedicata appunto al poeta Byron, dove si legge: “Grotta di Byron”
Da quella posizione, alcuni anni fa, in occasione
d'un'ennesima visita al borgo antico di Portovenere, armati di cavalletto, colori e pennelli,
abbiamo dipinto un bellissimo scorcio panoramico della baia con lo sfondo delle
Cinque Terre, che conserviamo nel nostro modesto studio.
Il caratteristico ed unico paesaggio della Liguria
lungo la Riviera di Levante, tra le Cinque Terre e Portovenere,
ha sempre attratto artisti, musicisti, scrittori e pittori. Il territorio delle
Cinque Terre, che si estende per circa 15 chilometri da Monterosso al Mare a Portovenere,
è caratterizzato da un profilo costiero aspro e irregolare, che è stato
modellato dall'uomo nel corso dei secoli fino a ottenere un paesaggio unico. La
successione di pendici montuose a picco sul mare, scandite da una serie di
terrazzamenti coltivati, evocano panorami simili a quelli delle minuscole isole
dell'Egeo Oggi, in questa giornata luminosa, riscaldata da un sole primaverile,
con gli amici del Cai, abbiamo ammirato tutto questo,
ma soprattutto l'immensità del mare e le bellezze naturali dell'isola della Palmaria. A procedere la lunga fila rutilante degli
escursionisti sui ripidi sentieri dell'isola, abbiamo visto una giovane
promessa del CAI, il bravo e baldanzoso Maurizio Turazza,
che ha esordito per la prima volta in un incarico così importante, portando a
termine con tanto impegno il suo difficile compito di aspirante guida del CAI.
Bravo Maurizio! doverosamente ti meritavi questa
piccola citazione
“Durante l'attesa degli amici escursionisti, ci
siamo concessi una pausa sugli scogli della Baia di Lord Byron,
per ammirare quel paesaggio infinito, mentre le onde del mare s'infrangevano
fra gli scogli dove eravamo seduti. Mentre ammiravamo le piccole onde
spumeggianti che si infrangevano contro la scogliera, sentivamo il rumore cupo
e prolungato del mare, con il suo caratteristico muggito e il sibilo del vento
della sera. Oh mio dolcissimo mare! Vorrei essere una barca per seguirti oltre
l'orizzonte e sentire ancora la tua voce e il tuo rumore cupo e prolungato. Mi
mancheranno le tue parole, il tuo respiro, il tuo cupo ruggito, il rumore
fresco e spumeggiante delle tue onde, esse sono come le acque del fiume della
vita, sono chiare come all'origine. Il principio e la fine hanno la stessa
luce.
”Parlando del fiume della vita, cosi scriveva
Romano Battaglia: “Ricordo quello che mi dicesti all'inizio: ” Nacqui in un
giorno di primavera fra le montagne bianche di neve e il silenzio assoluto
delle grandi altezze. Nella pace della montagna percepivo il respiro
del Creatore”. Il poeta Eugenio Montale, un figlio prediletto della vecchia e
meravigliosa Liguria, che conduce i lettori, con i suoi versi che non fanno
concessioni al canto, in un labirinto di sillabe dai suoni aspri e duri, alla
ricerca di un varco nel muro invalicabile di mistero che circonda la nostra
esistenza, così faceva a scrivere a Portovenere
questi versi:
Là fuoriesce il Tritone
Dai flutti che lambiscono
Le soglie d'un cristiano
Tempio, ed ogni ora prossima
È antica. Ogni dubbiezza
Si conduce per mano