Lorenzo non ne poteva più della sua
situazione familiare e aveva deciso di farla finita lanciandosi dal tetto della
sua villa. Si trattava però di arrampicarsi lassù con la scala e lui non era
mai stato un grande scalatore. S'era alzato di buon mattino per non avere né
spettatori, né curiosi. Sapeva di soffrire di vertigini e saliva senza guardare
giù. Dunque procedeva cautamente e dopo molti gradini, ebbe la visione della
finestra del secondo piano, il che lo rincuorò pensando di profittarne e di
mettersi seduto su di essa per riposarsi e calmare i
battiti tumultuosi del cuore. Allora affrettò il passo e, premendo il piede con
forza su un piolo, lo spezzò. Per fortuna era all'altezza del davanzale e vi s'aggrappò con
grande sollecitudine, dimentico ormai delle sue intenzioni suicide. Le gambe
erano sospese in aria e con un calcio all'impazzata, fece cadere la scala a
terra. Si issò con tutte le sue forze sul davanzale, che era molto profondo e
si sedette, rendendosi conto di sentirsi male per la paura. Si chiese allora
dove trovassero il coraggio i suicidi e, tutto sommato, la situazione della sua
vita gli parve meno grave e ingarbugliata di quel che gli era apparsa sino a
quel momento. Appollaiato, si rese conto che la finestra era ermeticamente
chiusa e quindi era destinato a restare là per chissà quanto tempo, avendo
abbandonato del tutto le sue precedenti intenzioni di morte. Non gli restava che aspettare il
passaggio di qualche soccorritore. Si mise nel frattempo a riflettere sulla
strana e insolita piega che aveva preso la sua esistenza.
Aveva ventotto
anni ed era sposato con una vedeva di quarantuno anni, la quale aveva una
figlia di ventiquattro anni. Il padre di Lorenzo aveva sposato tale figlia. Per
cui suo padre era diventato suo genero in quanto aveva sposato sua figlia. E
fin qui tutto chiaro, ma sua nuora era diventata sua
matrigna in quanto moglie di suo padre. Inoltre lui e sua moglie avevano avuto
un figlio, il quale era divenuto fratello della moglie di suo padre, quindi
cognato di suo padre. In aggiunta tale figlio era pure suo zio in quanto
fratello della sua matrigna. Suo figlio era dunque suo zio.
Come se ciò non bastasse, la moglie
di suo padre aveva avuto un figlio, il quale era anche suo fratello poiché
figlio di suo padre ed era anche suo nipote in quanto figlio della figlia di
sua moglie. Quindi lui era fratello di suo nipote, e siccome il marito della
madre di una persona è il padre di tale persona, risultava che lui era il padre
della figlia di sua moglie e fratello di suo figlio. In ultima analisi, lui era
suo nonno.
Lorenzo pensava a tutto ciò e provava
un senso di panico e confusione mentale. Ci ripensava e sentiva i conati del
vomito. Poi improvvisamente rivisse i momenti di disperazione che l'avevano
indotto al suicidio e si rallegrò di averci ripensato, sennò in quel momento si
sarebbe trovato dinanzi al Padre Eterno che lo interrogava: “Chi ha combinato tutto questo
macello? Eeeeh? Chi l'ha combinato?” E lui avrebbe dovuto
rispondere: “Io Signore, sono io il responsabile di stò
casino!”
Comunque erano le sei del mattino e
si trovava a circa venti metri dal suolo, seduto come un deficiente sul
davanzale di una finestra sbarrata. Attorno a lui gli uccelli cantavano e
trillavano melodiosi, festanti, erano chiassosi, pettegoli e gli stavano
attorno con una cordialità eccessiva. Soprattutto un pettirosso, posatosi
sull'orlo del davanzale, lo guardava con la testa inclinata da un lato e con
molta curiosità. Poi si girò e volò via. Ma non si assentò per molto tempo.
Dopo circa due minuti era nuovamente accanto a lui e continuava a guardarlo
come a dire: “Ma vedi questo cretino!” Volava via e tornava da lui ad
osservarlo pensieroso. Per cui Lorenzo non ne poté più e si sporse ad
afferrarlo, rischiando di perdere l'equilibrio. L'uccellino lanciò un grido di
terrore e scomparve per sempre lontano.
Verso le sette, sotto di lui risuonò
un fischio che aveva qualcosa di umano.
Fino a quel momento aveva udito tutto
un concerto incessante eseguito da passeri, cardellini, usignoli, canarini, pettirossi, ma quell'ultimo
fischio era completamente diverso. Non era più un cinguettio. Era un vero e
proprio fischiare.
Lorenzo si risolse a guardare giù sebbene un senso di vertigine lo bloccasse. Vide allora
passare suo cugino Benedetto con fare baldanzoso e con le mani in tasca.
Abitava nella villa accanto, nello stesso grande recidence
progettato e costruito da suo padre.
-
Ehi!- gridò con quanto fiato aveva in gola. – Ehi!-
Il cugino si fermò. Guardò a dritta,
guardò a manca, poi si girò e guardò dietro di sé, ma non vedendo alcuno,
proseguì la sua marcia.
-
Ehi! Benedetto! Accidenti. Dico a te deficiente! –
Infine Benedetto guardò in su e vedendo il cugino seduto sulla finestra, ristette a
bocca aperta, come se stesse posando per la statua dello spaventato del
presepe.
-
Per Bacco! – esclamò- Che diavolo fai lassù?-
-
Non ti interessa, aiutami a scendere.-
-
Sì, però come ci sei arrivato?-
-
Non ti riguarda, aiutami a scendere.-
-
Sì, ma come ti è venuto in testa?-
-
Non ti interessa, prendi quella scala.-
-
Cosa?-
-
La scala.-
-
Quale scala?-
-
Quella che è per terra.
-
Dove?-
-
Là. Dove guardi? Non lì. Là. Ti dico non lì. Là,
là.-
-
Ah! Ecco! Là, quella scala là.-
-
Sì appunto, prendila.-
-
Va bene. L'ho presa, e ora?-
-
Mettila qua, sotto la finestra.-
-
O. K. Ma perché sei sulla finestra?-
-
Tieni forte quella dannata scala e cerca di stare
zitto.-
-
O.K. Tengo forte. Ma che ci facevi sulla scala?-
Lorenzo
si decise a scendere e quando i suoi piedi presero contatto con il suolo, credette di avere realizzato tutti i sogni della sua vita.
Il cugino però non si dava per vinto e continuava a chiedere. Dunque bisognava
dargli una risposta.
-
Avevo visto un nido di rondini sotto la grondaia.-
-
Un nido di rondini? A Luglio?-
-
Sì, perché?-
-
Perché le rondini non fanno il nido a luglio.-
-
Beh, queste avevano deciso di farlo a luglio.-
-
Ma neanche per sogno! Fanno il nido ad aprile.
-
Le rondini che ho visto io, lo fanno a luglio.-
-
Tu sei scemo e visionario.-
Questo
dialogo increscioso terminò dopo che lo scalatore l'ebbe interrotto girando le
spalle e lasciando il cugino perplesso e preoccupato a pensare che Lorenzo
aveva perso il cervello e che l'aria insalubre della sua famiglia allargata
aveva ormai minato la sua povera psiche.