Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
  Poesie  Narrativa  Poesie in vernacolo  Narrativa in vernacolo  I maestri della poesia  Poesie di Natale  Racconti di Natale 

  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Luiz di Franca Maria Bagnoli 26/08/2006
 

                                               Luiz

 

Luiz era un ragazzo di 12 anni, figlio di un contadino, Paulo, che aveva la fortuna di possedere un piccolo appezzamento di terra non lontano da Recife, nel Nordest brasiliano.

La mamma andava a raccogliere il caffè in una piantagione confinante con il suo piccolo pezzo di terra. Qualche volta portava con sé la figlia di 3 anni, ma lo faceva malvolentieri perché nella piantagione non c'era un asilo e quando si effettuavano le fumigazioni ( irrorazioni di anticrittogamici ) dagli elicotteri, i lavoratori dovevano continuare a lavorare e se avevano bambini con sé non avevano modo di allontanarli dal campo.
Ma, tutto sommato, la famiglia di Luiz era felice. La terra era sufficiente a soddisfare i bisogni essenziali. Di tanto in tanto tutta la famiglia poteva permettersi di andare a Recife per comprare scarpe nuove ai bambini e, se l'annata era stata buona, anche un vestito nuovo per Paulo e Regina sua moglie.
La loro casa era poco più di una capanna, ma Regina l'aveva resa accogliente e sulla brace del piccolo camino quasi tutte le domeniche l'arrosto di un pollo o di un coniglio diffondeva un odorino che metteva allegria. Luiz giocava con la sorellina sul prato davanti alla casa e Regina ogni tanto si affacciava alla finestra e si rassicurava vedendo i bambini e sentendo le loro voci gioiose.
Da un po' di tempo Paulo e Regina frequentavano un gruppo di contadini che si riunivano per leggere la Bibbia insieme a padre Carlos, un missionario arrivato da poco. Finita la lettura parlavano della riforma agraria promessa dai vari presidenti che si erano succeduti nel governo ma non realizzata da nessuno di loro. Nel gruppo la maggioranza era di contadini senza terra che stentavano ad andare avanti con il lavoro nelle piantagioni, lavoro pagato pochissimo e privo di garanzie di qualsiasi tipo. Nelle riunioni si discuteva dei modi possibili di organizzarsi e reclamare la riforma agraria e una regolamentazione del lavoro nelle piantagioni..
Quando il padrone del latifondo confinante con il pezzetto di terra di Paulo e Regina seppe delle riunioni, si preoccupò molto e, chiamata Regina, le disse di non andare più alle riunioni di quel pazzo, sovversivo missionario. "Perché?" - chiese Regina. "Perché vi metterà nei guai" - rispose il padrone. Regina non l'ascoltò e, alla prossima riunione, raccontò tutto a padre Carlos. Questi sorrise e disse: "Nei guai già ci siete. Quanto guadagni, Regina, nella piantagione? Poco, molto poco. Non vedete che siete sfruttati? Quando tutti avrete preso coscienza di questo, sentirete la necessità di organizzarvi per reclamare i vostri diritti. A questo già stiamo lavorando, ma c'è ancora tanta strada da fare".
Il lavoro del gruppo andò avanti e stava nascendo il movimento dei Sem Terra.
Regina e Paulo, che la terra l'avevano, erano con loro. Passò un po' di tempo. Luiz cresceva e cominciò anche lui a frequentare le riunioni. Ormai aveva 14 anni ed era molto combattivo.
Un giorno il latifondista chiamò Paulo e, con un bel sorriso stampato sul viso, gli disse: "Voglio proporti un affare, Paulo. Vendimi il tuo pezzo di terra. Te lo pagherò bene. Potrai comprare altra terra, forse migliore". "Ma dove? - replicò Paulo - qui intorno non ci sono che latifondi. No, non posso venderti la terra. Serve alla mia famiglia. E poi, che te ne faresti di quel misero appezzamento? Se non sbaglio il tuo è di 500.000 ettari". "Va bene, come non detto" - rispose il latifondista. Due giorni dopo Paulo giaceva tra le piante di mais, in una pozza di sangue. Il proiettile di un pistolero l'aveva colpito alle spalle.
Regina, disperata, corse da Carlos. "Perché? - gridava - Perché?". Padre Carlos l'abbracciò e con un soffio di voce disse: "Il perché c'è, Regina. Se i piccoli contadini mantengono la loro indipendenza, chi lavorerà la terra di quei figli di....?" "E adesso che faccio? - chiese Regina singhiozzando - Il raccolto non è ancora pronto. Soldi in casa ce ne sono pochi. Non sono nemmeno sufficienti a seppellire Paulo". "Lo seppelliremo nella sua terra, sotto l'albero dove andava a riposarsi" - disse Carlos.
Regina piangeva, disperata. Luiz era furente. Avrebbe voluto una pistola per farsi giustizia. Pensò al machete e già vedeva la testa del latifondista rotolare per tutti i 500.000 ettari della sua maledetta terra. Regina lesse negli occhi del figlio la tragedia che avrebbe definitivamente travolto la sua vita. Guardò padre Carlos e chiese: " Ma non si possono denunciare l'assassino e il mandante?" "Si può, Regina, ma l'uno e l'altro troveranno testimoni pronti a fornire alibi che bloccheranno il giudice più onesto". Luiz guardò la madre e gli si strinse il cuore.
"Mamma - disse - andrò a lavorare, a spaccare pietre o ai forni per la produzione del carbone". " Ma sono lavori pesanti e tu sei ancora piccolo". Luiz non volle più discutere. Prese uno zaino e partì. Andò a spaccare pietre e la sua schiena. In poco tempo si spezzò anche la sua anima. Andò a vivere la vita di strada, fatta di piccoli furti, di arrangiamenti, di sniffate di colla per calmare la fame e del rischio costante della repressione feroce degli squadroni della morte.
Regina vendette la terra e andò a fare la serva in una ricca casa di Recife.
La figlia più piccola, Rosa, fu mandata, per interessamento di padre Carlos, alla Casa de meninas, un laboratorio di scrittura creativa organizzato da Associazioni di volontariato nella città di Teofilo Otani.
Regina sperava di rivedere un giorno i suoi figli e questi speravano di rivedersi e di ritrovare la madre. Ma nessuno dei tre aveva la certezza che il miracolo della famiglia riunita sarebbe avvenuto.

Nota. Questa storia è inventata, ma storie come questa sono comunissime in Brasile. La documentazione dei tanti problemi del Brasile, da quello della terra a quello dei bambini di strada si può trovare nei libri di Gilberto Dimenstein: "Storie di strada" "Bambine della notte" e "La guerra ai bambini in Brasile".
Dal bel libro di Giovanna Stanganello "Se dalla notte o dal giorno", riporto questa testimonianza della violenza degli squadroni della morte organizzati dai negozianti per "ripulire" le strade delle città brasiliane dai meninos de rua, costretti a rubare per non morire di fame. Una buona parte dei poliziotti dà una grossa mano ai commercianti nell'azione di "bonifica" delle vie della città.

"Chacina, strage organizzata da gruppi di sterminio per "ripulire" le città, le strade e piazze del centro o le periferie "selvagge". 23 Luglio 1993: Chiesa della Candelaria, una delle più famose e frequentate di Rio.....
"Riparati da vecchie coperte sporche e piene di buchi e da scatole di cartone, trenta meninos de rua stavano dormendo nella piazza prospiciente la chiesa. All'alba arrivarono due automobili gialle. Ne scesero cinque persone, solo una col volto coperto. Armati, sparano sui trenta bambini; ne ammazzano otto, di età compresa tra gli 8 e i 15 anni. Pivetes senza nome, figli della strada: sono 8 milioni i meninos che affollano le città brasiliane. Cresciuti troppo in fretta e uccisi da giustizieri assoldati da commercianti e imprenditori desiderosi di "ripulire" le strade......Risaliti in macchina e arrivati sulla strada che costeggia la spiaggia di Flamengo, i giustizieri hanno ricominciato i loro raid, uccidendo due ragazzi di 14 anni che dormivano in un prato. Un mendicante ha assistito per caso alla scena e i killer hanno deciso di eliminarlo: la mira, stavolta, non è stata precisa e l'uomo si è risvegliato alcune ore dopo in ospedale, col volto trapassato da un proiettile.
"Era un poliziotto, era un poliziotto!", ripete ora, la voce ridotta a un sussurro. Uno dei sopravvissuti, un ragazzino di 13 anni, ha visto in faccia i killer e non ha dubbi. "Sono poliziotti- ha detto ai giornalisti accorsi sul posto- Il capo del gruppo era un agente che giovedì sera aveva arrestato un nostro amico perché stava sniffando colla (la droga legale e micidiale, usata da quasi tutti i bambini di strada). Noi abbiamo tirato delle pietre contro l'auto della polizia e lui ha urlato che ce l'avrebbe fatta pagare. Si, posso riconoscerlo ma ho paura" .

Don Mauro Morelli, vescovo di Duque de Caxias..... ha divulgato una sua dichiarazione sul massacro della Candelaria affermando che " i bambini della strada considerano se stessi bichos (animali) e noi mostri. Nella notte dello stesso giorno, vicino alla Chiesa della Candelaria, nel centro di Rio de Janeiro, mostri armati di vigliaccheria e proiettili hanno sterminato bichinhos indifesi e addormentati nella fossa della miseria, figli maledetti del miracolo brasiliano. Non cerchiamo dati statistici, ma volti, nomi e indirizzi. Si, solidarietà e partecipazione per salvare vite, debellare la fame e sradicare la miseria. Cerchiamo cidadania! (cittadinanza)".

Regina, a Recife, lavorava e piangeva. Pensava a Rosa e a Luiz. Aveva un gran desiderio di andare a trovare Rosa a Teofilo Otoni ma la padrona non le permetteva di assentarsi a lungo, poi con quali soldi ci sarebbe andata?
Di Luiz non sapeva niente. L'aveva visto partire per andare a spaccare pietre e il suo cuore tremava. Se avesse saputo che viveva nella strada il suo cuore si sarebbe spezzato. Quando passava davanti ai negozi dove andava a fare spese nei tempi felici, l'assaliva un dolore misto a rabbia.
Un giorno decise di andare a trovare padre Carlos. Il viaggio era abbastanza lungo ma Regina era decisa a farlo, a costo di qualsiasi cosa. Si mise in cammino all'alba quando in casa tutti dormivano. Arrivò di pomeriggio e fortunatamente trovò Carlos alla Missione. "Regina! - chiese, allarmato, Carlos quando la vide - che è successo?" "Carlos, non ce la faccio più a stare lontana dai miei figli. Non so che fine abbia fatto Luiz e non posso andare a trovare Rosa" "Calmati, Regina. Rosa, se vuoi, posso andare a trovarla io. Quanto a Luiz....preghiamo Dio. Andrò a cercarlo nei posti dove si tagliano pietre, ma ce ne sono tanti! Sarà una lunga ricerca. Questa notte puoi restare qui da me. Sei troppo stanca per tornare a Recife" "No, no, Carlos. Sono uscita senza permesso. Saranno tutti furiosi". Ripartì subito e arrivò a Recife a notte inoltrata. La casa era immersa nel silenzio e nessuna finestra era illuminata. Si vide persa. Naturalmente non aveva le chiavi. Si fece coraggio e si attaccò al campanello. Si accese una luce e poco dopo la porta si aprì."Ma dove sei stata?" - chiese il padrone, furente. "Ho tentato di andare a trovare Rosa – mentì Regina. "Eh, si! Teofilo Otoni è qui all'angolo! Hai idea di quanti chilometri dista da qui? Mi vuoi proprio prendere in giro? Dove sei stata sono fatti tuoi. Questa volta faccio finta che non sia successo niente, ma non ci sarà una seconda volta. Saresti licenziata. "Grazie, signore" Entrò in casa e andò a dormire.
Dopo qualche giorno si presentò padre Carlos. Appena lo vide, Regina l'abbracciò singhiozzando disperata. " Su, su, Regina! Ti porto una bella sorpresa. Regina lo guardò, accennando un sorriso tra le lacrime. Carlos le porse un foglio. "Leggi" - le disse. "Non so leggere" - disse Regina, arrossendo. "Non è colpa tua, Regina, se non sai leggere. Ti hanno espropriato anche di questo bene. Leggo io. E' una poesia scritta da Rosa". A Regina si illuminò il viso. "Leggi, leggi, Carlos."

Polvere

"Polvere,
quello che resta
quando
un nordestino ancora
parte dalla sua terra
natale in cerca
di lavoro e sopravvivenza"

Rosa

Regina sgranò gli occhi in cui la gioia e l'orgoglio spezzavano la parola. Carlos la guardava. "Ti avevo detto che era una bella sorpresa! Sei contenta? "Grazie" - sussurrò con un filo di voce. L'abbracciò, posando la testa sulla sua spalla. Ansimava, Regina, attraversata da mille pensieri. Alla fine fece la domanda che le bruciava dentro. "E Luiz? Hai notizie di lui?" "Purtroppo no, Regina. Ho cercato tra gli spaccatori di pietre. L'ultimo che ho incontrato mi ha detto che partì improvvisamente senza dire dove sarebbe andato" Regina tacque.
Ripose la poesia di Rosa nella tasca del grembiule e salutò Carlos con una preghiera: "Cercalo ancora".
Luiz era in grande difficoltà. Mangiava quando poteva, rubacchiando e frugando nei bidoni della spazzatura, dormendo davanti alle chiese, nei prati o addirittura tra le braccia di marmo di una statua di donna. Ma era terrorizzato dagli squadroni della morte. Era entrato nel loro mirino. "Marcado para morrer" ( Segnato per morire). Si era fatto molti amici, anche loro braccati. Si aiutavano a vicenda, avvertendosi all'avvicinarsi del pericolo, escogitando possibili via di fuga, chiacchierando e trovando addirittura il modo per divertirsi. Erano scampati diverse volte ai raids degli squadroni e ogni volta avevano festeggiato sniffando colla. Luiz era il più temerario del gruppo. Era diventato una sorta di Arsenio Lupin per la destrezza con la quale rubava gli oggetti più svariati sotto gli occhi dei venditori. Era diventato un incubo per i commercianti e per la polizia. Una mattina fu trovato morto davanti ad un supermercato. Probabilmente era stato freddato nel sonno. Il suo corpo era composto e il volto sereno. Aveva le braccia allargate come ali che sembravano voler spiccare un volo. Sul petto un foglio bianco con la scritta: "La tua vita non valeva niente. Dovevi morire". La notizia si diffuse in tutto il Brasile perché i giornalisti seppero darle la più ampia risonanza.. Carlos ne fu sconvolto. Andò a trovare Regina che, appena lo vide gli chiese se sapesse qualcosa di Luiz. Carlos sorrise, un sorriso pesante come piombo. "Nessuna notizia, Regina. Ma, come si dice? Niente nuove, buone nuove. Il cuore mi dice che Luiz sta bene". Regina tacque, lo sguardo perso in lontananza come a cercare l'immagine del figlio. Carlos ringraziò Dio che Regina non sapesse leggere.

Nota: la poesia attribuita a Rosa è stata scritta da Eliane nella Casa de meninas di Teofilo Otoni (dal libro di G. Stanganello "Se dalla notte o dal giorno".).
Il ragazzo che dorme tra le braccia di una statua non è una mia invenzione patetica. Nella copertina del libro della Stanganello c'è una fotografia che ritrae precisamente quello che ho scritto. E' stata scattata da un giornalista di Rio. Non è nemmeno una mia invenzione il cartello posto a mo' di lapide sul petto di un ragazzo ucciso dai "bonificatori".



 

 

 

 

 

 
©2006 ArteInsieme, « 014061731 »