FRAMMENTI DI VITA
Parcheggiò l'auto grigia a poche decine di metri da casa, all'interno
delle righe bianche tracciate sull'asfalto del parcheggio pubblico a
disposizione dei residenti del quartiere.
Spense il motore della piccola auto giapponese color grigio
metallizzato. Poi disattivò anche i fari e infine premette il tasto power
dell'autoradio mentre l'apparecchio, imperterrito nonostante la fermata, ancora
seguitava a riprodurre la musica del cd.
Ultimamente ascoltava molto i Dream Theater,
gli piaceva la loro musica soprattutto apprezzava “Scenes
from a memory: Metropolis Part 2”, probabilmente uno dei suoi
album preferiti, con quelle canzoni complesse e colme di sentimenti e di vita
che andavano intrecciandosi l'un l'altra,
richiamandosi, fino a comporre un'unica drammatica storia superbamente
musicata.
Suo malgrado, non voleva affatto zittirlo in realtà, spense l'autoradio
grigio argento che spiccava nell'interno grigio antrace del veicolo.
Indubbiamente gli piaceva la musica.
L'ascoltava spesso a casa, quando era al pc.
Ma soprattutto l'ascoltava quando era in auto: lo
rilassava e lo portava altrove, nel caotico mondo dei suoi pensieri dove si
mescolavano incessantemente ricordi, emozioni e storie, immagini reali o
visionarie che forse sarebbero confluite in una storia o in una delle sue pseudo poesie, una di quelle opere che avrebbe scritto in
un non meglio precisato futuro della sua esistenza.
Ma soprattutto l'aiutava a sentirsi meno solo, una sensazione fasulla
che ultimamente sembrava pungolarlo con blandi pensieri di malinconia e di
rimpianto: tutto avrebbe potuto essere diverso…
Agendo sulla serratura, chiuse l'auto e si diresse verso casa.
Buio.
Anche quella sera i lampioni della zona non erano in funzione.
Poco male.
Inserendo la chiave nella serratura del cancello lo aprì e si avviò
verso l'ingresso di casa. Avrebbe potuto suonare il campanello per farsi
aprire, ma sapeva benissimo che il cancello era rotto ormai da tempo e che
l'unico modo per aprirlo era quello manuale, utilizzando le proprie chiavi.
Chissà da quanto era rotto quel cancello…ormai non lo ricordava nemmeno
più.
E ogni volta che ci pensava non poteva fare a meno di notare il
parallelismo tra quella rottura situata all'esterno di casa sua e quella assai
più grave che viveva all'interno delle mura domestiche.
Suonò alla porta e pochi istanti dopo suo fratello Fabrizio aprì lo
scuro portone per farlo entrare.
Quanto odiava quel portone scuro…In pratica era uno strumento di
esclusione, per lasciare all'esterno chiunque dovesse restare fuori casa:
praticamente si apriva solo dall'interno.
E quante volte, per le ragioni più disparate, se l'era trovato chiuso e
aveva dovuto entrare dal retro. Addirittura una volta
era rimasto chiuso fuori: doveva solo portare fuori la spazzatura, questione di
attimi, pochi attimi appena…e in quella manciata di tempo una malefica corrente
d'aria aveva fatto sì che il ragazzo rimanesse chiuso fuori casa.
Senza chiavi.
Ma ora quel portone era aperto e poté entrare in casa, finalmente, dopo
una giornata di lavoro.
Suo fratello era ancora alzato ma presto,
vista l'ora, se ne sarebbe andato a dormire.
Poche frasi di circostanza e un rapido esame per capire se tutto era a
posto: compiti e studio, soprattutto, e poi ragguagli
sulla pallavolo e sul dentista.
Erano fratelli da quindici anni: si capivano abbastanza tra di loro nonostante la differenza di età e di
personalità.
Si assomigliavano, per certi aspetti, mentre ai più apparivano
completamente differenti e opposti.
Fabrizio era atletico, di bell'aspetto, con
lunghi capelli castano scuro e misteriosi occhi azzurri. A
tratti taciturno e timido, dimostrava alle volte una notevole
sensibilità e un'indipendenza che il fratello maggiore gli invidiava.
Probabilmente il frutto di esperienze e tempi di vita differenti .
Ma ciononostante, Raffaello, il maggiore dei due, gli voleva un gran
bene. Sentimento ricambiato sebbene i due apparissero, alle
volte, freddi e distaccati tra di loro: in realtà era semplicemente il
loro modo di fare, il comportamento dettato e imparato dalle circostanze
familiari.
Dopotutto ciò accadeva anche a causa dei differenti ritmi di vita che
li portava a stare assieme solo per poco tempo, a tavola, pochi minuti alla sera oppure nello studio al primo piano della casa: il
regno del disordine e della scuola, del pc e della
musica, della grande libreria di famiglia e del collegamento alla grande rete e
ai segreti del mondo!
I due fratelli si separarono, l'uno diretto
alla propria stanza da letto (che i due condividevano) l'altro diretto alla
cucina dove si sarebbe cucinato qualcosa da mangiare.
Ovviamente, prima di tutto, avrebbe dovuto dedicare qualche istante
alla sua cagna: un eterno cucciolo giocherellone e coccolone che, disteso sul
pavimento, lo osservava con quei suoi profondi e intensi occhi marroni.
Sembrava offesa, delusa e al contempo desiderosa di un po' di
attenzione.
La coda vorticava forsennatamente a destra e a sinistra mentre
Raffaello le si avvicinava per accarezzarla e giocare
un po' con lei.
Solo il tempo di un po' di coccole e subito la cagna era in piedi, felice, sorridente, pronta a seguirlo e a fargli
compagnia in cucina durante la sua cena solitaria.
Da quando aveva letto quel racconto, Raffaello aveva osservato che
anche i cani sapevano sorridere mostrando i denti ai loro padroni in una
smorfia di gioia piuttosto che di rabbia e ferocia, come invece era naturale
aspettarsi da animali abituati a rivelare le proprie zanne solo per aggredire.
I cani randagi e i lupi infatti non lo facevano,
“sorridere” cioè, i cani abituati a convivere con gli animali umani invece sì,
imparavano a mostrare i denti e a tenere la bocca aperta a dimostrazione della
propria contentezza.
In cucina, la tavola era apparecchiata per uno. Sopra la tovaglia verde
e gialla un paio di bottiglie semipiene (o semivuote, dipende dai punti di
vista), un po' di pane, un tovagliolo, le posate, un piatto ed un bicchiere.
Si accese la tv mentre sceglieva cosa
cucinarsi.
Erano quasi le undici di sera, non proprio l'orario ideale per cenare ma dopotutto questi erano i nuovi ritmi dettati dal
lavoro.
Decise per le cotolette che iniziò a scaldarsi mentre
dalla sorda scatola mediatica giungevano le battute
di due famosi comici siciliani.
Mentre le cotolette cuocevano, il ragazzo
cercò una qualche forma di contorno per poter accompagnare il suo pasto
luculliano.
Nel frigo solo una rassegnata desolazione.
Optò per del formaggio.
Tornò a controllare le cotolette che cocevano e poi in bagno.
Poco dopo era nuovamente in cucina a terminare i preparativi della sua
cena.
Vicino a lui, paziente e a tratti subdola, la cagna lo osservava
magnetica in attesa di ricevere qualcosa da mangiare:
era lì per fargli compagnia dopotutto!
Mangiò in silenzio, con calma, mentre alla televisione si alternavano
siparietti comici, spunti di riflessione e inopportuni spot pubblicitari,
moderni venditori di valori umani.
Poco dopo le undici e un quarto di venerdì sera, mentre taceva il
cellulare, mentre la maggior parte dei ragazzi della sua età era chissà dove e
bere o a divertirsi, Raffaello sparecchiava la tavola e apriva il rubinetto del
lavabo.
Scelse lo Svelto nella confezione verde, quello aromatizzato alla menta
e arricchito di bicarbonato, e lo sparse sopra le stoviglie sporche per via dei
pasti della giornata; poi, rimboccandosi le maniche, dopo essersi tolto
l'orologio e averlo appoggiato vicino alla macchinetta del caffé
vinta coi bollini della benzina, iniziò a lavare i piatti.
In televisione continuavano le battute dei due comici nell'ultimo
siparietto del loro spettacolo teatrale. Interessante, pensava il ragazzo mentre li ascoltava ridere e riflettere sull'attuale
situazione siciliana.
Poi, come da copione, la televisione Phonola
iniziò a dare segni di cedimento...il giovane se ne fregò altamente nonostante
il fastidioso brusio e le righe di colore impazzite
sullo schermo: semplicemente non aveva voglia di asciugarsi le mani e
trascinarsi fino al televisore.
Almeno non ora che stava sciacquando le ultime stoviglie della
giornata.
Terminati i domestici lavori di casa con una bella ripulita al
pavimento, il ragazzo spense la tv, che nel frattempo aveva
provveduto a sintonizzare su un altro canale non trovando
(fortunatamente?) nient'altro che valesse la pena di esser visto.
Salite le scale, si diresse verso lo studio deciso a ingannare il tempo
in attesa che gli venisse sonno mentre la cagna si
godeva le ultime ore d'aria della giornata.
Suo fratello dormiva già.
Sua madre era invece ancora al lavoro: doveva ultimare i capi campione
in modo che tutto potesse essere pronto per le consegne della settimana a
venire e, soprattutto, per gli impegni della giornata seguente.
Era una donna in perenne movimento, di gran forza, votata al
sacrificio…anzi, costretta visto come andavano le cose
in famiglia.
Suo padre era invece a dormire dalla nonna.
Un po' perché la sua anziana madre aveva bisogno di assistenza e
rifiutava categoricamente di essere trasferita in casa di riposo o di avere una
badante per casa. Un po' per fuggire al confronto con la sua famiglia, starsene
in pace e avere un po' di tregua da una situazione che aveva contribuito a
creare per la maggior parte.
Famiglia…non che fosse una vera e propria famiglia in realtà…questo
pensava Raffaello mentre ripensava a tutti gli eventi
degli ultimi anni, soprattutto quelli relativi a suo padre.
Le assenze, le litigate, la verità mai detta, quella fuga da casa e il
tentativo di suicidio, quel biglietto e i debiti, debiti a non finire…a causa
sua, ma non sua soltanto - questo quello che pensava - tutto si stava
corrodendo e lentamente, cadeva a pezzi.
Ma lui fuggiva, teneva il cellulare spento e lasciava che fossero sua
moglie e i suoi figli a pagare le spese, i debiti, le bollette, a gestire i
clienti furibondi che non riuscivano mai a rintracciarlo e che giungevano a
minacciarlo fino a casa.
Semplicemente, suo padre, se ne lavava le mani, faceva la vittima e
fingeva. Nemmeno aveva mai chiesto scusa per quell' ”Addio” scritto su
quel foglietto, per tutti quei debiti o per non aver mai detto la verità.
Lui era la vittima.
E in parte aveva ragione: era vittima di se stesso e delle proprie
scelte.
Ma di certo non l'unica vittima.
Sua moglie e i suoi figli, semplicemente, non lo capivano, questa la
sua verità.
E per quanto lo riguardava, Raffaello sapeva che aveva ragione: erano
come estranei in casa. Nel corso del tempo era venuto meno il dialogo, lo
sforzo di cambiare le cose, la fiducia…e senza fiducia reciproca i legami,
anche quelli di sangue, non durano molto. Troppo silenzio, troppe urla rabbiose
e ferite infette a cui era difficile trovare una cura
oramai.
E, dopotutto, era solo grazie ai suoi parenti e al sacrificio di sua
madre che la “famiglia” di Raffaello aveva ancora un tetto e manteneva
un'apparente facciata di normalità, una facciata rispolverata in grande stile
durante quella settimana in cui avevano ospitato quel giovane seminarista, un
ragazzo di ventitre anni coetaneo di Raffaello e che certamente aveva intuito
qualcosa di anomalo tra quelle quattro mura.
Anomalo…a questo pensiero il ragazzo tornava alla mente il
comportamento del suo pc nei giorni precedenti la
laurea, quando si era praticamente auto-distrutto a pochi giorni dalla consegna
della tesi…e proprio in quei giorni si parlava di
separazione, di vendere la casa per pagare i debiti, di andare a vivere dai
nonni…almeno per qualche mese…finché non troveremo i soldi…
Per questo dopo la laurea, dopo aver festeggiato con i suoi amici, il ragazzo
aveva deciso di cercarsi un lavoro piuttosto che proseguire gli studi.
Qualcuno dei suoi amici gli confidava che avrebbe fatto meglio a
continuare, a specializzarsi, che l'avrebbe visto meglio a proseguire gli studi
piuttosto che ad andare a lavorare…la testa ce l'aveva…
Ma in realtà Raffaello si era stancato di quello che faceva
all'Università.
Sentiva che non era quella la sua strada, aveva perso la passione per
l'informatica proprio frequentando quella facoltà…anzi,
avrebbe quasi quasi voluto iniziare un altro percorso
di studi, uno umanistico - letterario che gli permettesse di approfondire la
sua passione per la scrittura…l'esame di cinema gli era andato bene e gli era
pure piaciuto, molto di più della maggior parte di quelli seguiti alla sua facoltà.
Però d'altra parte nel mondo dell'informatica c'erano situazioni, progetti,
novità e problemi con cui scontrarsi che lo rendevano un mondo instabile e
affascinante…
Ma poi tornava alla realtà…come sempre…anche volendo, con quali soldi
avrebbe potuto continuare a studiare?
Dei quattro anni passati a studiare e lavorare, tra corse e
frustrazioni, una spola tra Padova e Marcon, non
restavano che poche centinaia di euro in banca, forse anche meno dopo il
pagamento delle ultime bollette, e il lavoro che aveva non si poteva certo
considerare il massimo che potesse ottenere considerando le sue capacità.
Però lo accettava e cercava di fare del proprio meglio.
Soprattutto visto i tempi difficili poteva dirsi fortunato ad avere un
lavoro.
Almeno era più comodo di quella proposta
indecente giunta, beffarda, poche settimane prima, proprio quando era deciso a
voler dimenticare e a superare i sentimenti per quella ragazza, intenzionato ad
evitarla a tutti i costi, deciso a smettere di vederla per depurarsi un poco.
Inaspettatamente gli avevano proposto un lavoro in una multinazionale…
a Milano però…
Una (possibile) grande occasione, direte voi, inaspettata e
insperata…forse un segno del destino per cambiare e iniziare una nuova vita.
Ma Raffaello non la pensava così.
Lui vedeva quell'opportunità come un prendere
la distanze dalla sua famiglia, abbandonare sua madre
e suo fratello in balia di loro stessi e dei debiti ancora da saldare, un
motivo per dimenticare suo padre, un'occasione per essere egoista e costringerli
tutti a nuovi sacrifici.
E poi…non era quello che voleva…avrebbe perso il suo mondo, le sue
amicizie, tutti quegli amici che gli volevano bene e che, nel corso del tempo,
aveva imparato a conoscere e ad apprezzare…ce n'erano così tanti nella rubrica
del cellulare, nei weekend quando usciva o anche solo
in quella foto scattata in settembre…
Certo, avrebbe sicuramente trovato altre persone e avrebbe sperimentato
nuove dimensioni di vita… Ma al momento preferiva
rinunciare: sarebbe rimasto nel suo paesotto di
campagna in cui non succedeva mai nulla e in cui si sentiva ed era praticamente
un estraneo.
Colpa sua e del suo passato, delle scuole frequentate a Treviso
soprattutto anche.
Ma aveva rimediato cercando fuori, costruendo altrove le basi delle
proprie amicizie e della propria vita.
E poi, a pensarci bene, come era giunta quella ne sarebbero arrivate
altre di occasioni, no?
Ne era certo.
Bisognava solo pazientare e cercare e aspettare.
Forse, sperava, avrebbe vinto qualche concorso e sarebbe riuscito a
sfondare come scrittore…un'utopia senza speranze, se ne rendeva conto…
Soprattutto considerando “la” scheda tecnica di quell'agenzia letteraria giunta pochi giorni prima,
illesa e immacolata, nonostante acquazzoni e nevicate che per giorni avevano
imperversato nella zona.
Leggendola, il ragazzo si era chiesto se davvero quei professionisti
avessero letto i suoi testi. Le considerazioni ricevute discordavano con tutti
i commenti ricevuti dai suoi lettori occasionali, utenti più o meno anonimi dei
numerosi siti letterari che popolano il web e a cui
partecipava con i propri testi.
E questo dava da pensare al ragazzo e insinuava il dubbio tra i suoi
pensieri incostanti e in perenne movimento.
Era da poco passata la mezzanotte quando sua
madre rincasò, stanca. Raffaello la sentì mentre
apriva la porta del garage ed entrava.
Pochi minuti dopo era di sopra, all'uscio della propria camera da
letto. Un cenno al ragazzo e poche parole appena.
Nuovamente tornò a concentrarsi su internet e sul vasto mondo globale a
portata di click, alla ricerca di nuove idee, di contatti, di confronti: il
ragazzo rimase incollato allo schermo, a leggere e commentare testi altrui fino
a notte fonda.
In qualche modo, agendo così, si sentiva meno solo.
Trovava in internet qualcuno che gli somigliasse,
che viveva i suoi conflitti e la sua passione.
Nessuno dei suoi amici, infatti, coltivava quel suo malsano interesse
per la scrittura e la creazione di testi e componimenti di discutibile valore.
Più d'uno, lo sapeva, nemmeno aveva mai letto
qualcosa di suo. Non tutti, ovviamente. Anzi, quei pochi che l'avevano fatto si
erano addirittura complimentati con lui.
Ma più di tanto, a Raffaello, questo non importava…o forse fingeva non importasse.
Dopotutto, quanto di ciò che scriveva lo rispecchiava veramente? Quanto
di lui c'era in quello che proponeva all'avido popolo del web?
Secondo alcuni poco, secondo altri molto, secondo altri ancora,
addirittura, nulla.
Lui stesso non lo sapeva.
Forse, in un certo senso, nei suoi testi il ragazzo cercava solo se
stesso, un modo per conoscersi meglio ed esplorare il proprio io.
Era ormai notte fonda quando Raffaello si mise
a staccare le casse del pc e a collegare le cuffie
all'uscita audio. La macchina sembrava contraria all'operazione e opponeva
resistenza emettendo strani brusii e aumentando la propria massa al solo fine
di rendere complicata la manovra che comunque riuscì e venne
portata a termine nella penombra della stanza.
Riprendeva dal 54° minuto la proiezione del film abbandonato la notte
precedente.
Non aveva mai visto Natural Born Killers ma fin da subito gli fu evidente la potenza insita di quel
film, la genialità e l'originalità del tutto.
Ammirava Quentin Tarantino
e il suo modo di giocare con le situazioni e di creare personaggi e dialoghi.
Certo, quel film non l'aveva diretto lui ma quei personaggi, quei dialoghi e le
situazioni non erano certo frutto del caro regista che aveva semplicemente
fatto un affare con un giovane assai promettente.
Erano ormai le due quando il ragazzo decise di
spegnere il pc, stanco e sopraffatto dal sonno: se ne
sarebbe andato a dormire.
E quindi in bagno a lavarsi e poi a letto, ma solo dopo aver fatto
rientrare la cagna color tenebra.
Come sempre gli succedeva, non riuscì a prendere sonno subito…il suo
cervello ancora pensava e continuava a generare immagini e ricordi del giorno
trascorsa, a ipotizzare eventi relativi alla giornata a venire, all'imminente
festa di laurea di un suo amico e alle tante cose che vorrebbe
fare o aver già fatto.
Nel buio della sua stanza, accompagnato dal respiro regolare di suo
fratello ormai sperduto nel regno di Morfeo, il ragazzo pensava a come fosse strano il fatto che il tempo sembrava non bastare mai,
a come fosse tutto relativo e soggettivo, impercettibilmente collegato al
nostro mondo interiore.
Ancora ripensava a quella poesia letta in internet.
Davvero si è soli come vorrebbero farci credere?
Se avesse ascoltato quella voce che ultimamente gli corrodeva l'anima,
il ragazzo avrebbe risposto di sì. Immediatamente.
Ma gli bastò un pensiero, uno soltanto per comprendere la menzogna
nascosta dietro a quelle vuote parole.
Gli bastò mettersi in ascolto di sé stesso e del mondo per comprendere
di avere molto: il fratello a pochi metri da lui, la madre nella stanza accanto
e tutti quegli amici raggruppati in quella foto che, orgogliosamente, aveva
pubblicato online e che, dolcemente, conservava nel cuore.
La vita, dopotutto, è una questione di prospettiva.
Questo l'ultimo pensiero prima di addormentarsi, il meritato riposo che
precede l'inizio di un nuovo domani, il primo giorno della nuova vita di
ciascuno come dicevano in quel film visto solo poche sere prima.
Note:
Biografico.
Si riferisce al periodo in cui ho lavorato presso l'Unieuro di Marcon (VE), ovvero
tra novembre 2005 e gennaio 2006. In particolare quanto riportato si
riferisce a metà dicembre, un periodo non particolarmente felice come si può
facilmente intuire dalla prima parte del testo.
Preciso comunque che mio fratello si chiama Francesco e non Fabrizio
come appare nel testo mentre nei panni di Raffaello,
beh, ci sono io.