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  Scritti di altri autori  »  I maestri della poesia  »  Cena, di Rocco Scotellaro 29/09/2017
 

Una cena conviviale, ma forse cena è troppo e, pur restando un gruppo in amicizia, si divide insieme quel poco che si ha e nel bicchier di vino si sfuma la tristezza, si annega un pianto di miseria.





Cena

di Rocco Scotellaro





Voglio aria la sera e consumazione
di vino e castagne in compagnia
perché ognuno conta una storia
e insieme viene l'armonia.
Lo scarparo è stato tutto il santo giorno in casa
fino a che si è fatto scuro e si è cavato il senale,
con quello ha coperto il bancarello e i ferri
e ha detto a moglie e figli: Io esco andatevi a coricare.
Il fabbricatore viene direttamente dalla casa che fabbrica
con le lenticchie di calce azzeccate sotto l’occhio.
Il sarto anche lui con un filo e l’impiegato
con l’inchiostro sciolto alla punta di due dita.
I contadini sono più di uno
con succhi di stalla sul collo. 
Ed io  ho sbattuto il libro già ingoiato dall'ombra
e ho detto ad alta voce che questa non è vita.
Ci siamo allora azzuffati alla morra,
la moglie e la figlia del falegname,
dove stiamo bevendo, girano attorno alla tavola
e dicono che siamo proprio bambini.
Abbiamo cacciato i tozzi di pane di tasca
e chi olive, chi una noce, chi la cipolla e il peperone;
l’impiegato ha diviso la frittata incartata
in un foglio di ufficio, e abbiamo bevuto.
Amore, amore veniva da cantarlo
tutta la santa notte in compagnia.
La moglie e la figlia del falegname
si sono ritirate dicendo:
Questi fanno far giorno



 
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