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  Intervista all'autore  »  Intervista a Cinzia Pierangelini 22/04/2006
 

L'intervista è a Cinzia Pierangelini, già artista per professione (è violinista), ma che sta dimostrando un innato talento per la narrativa

 

 

Perché scrivi?

Credo di scrivere per dare un senso alla vita, darle un'eternità a mio modo. Non mi rassegno al fatto di essere qui di passaggio, per così dire. Creare mi pare l'unica forma possibile di prolungare il mio esserci. Avrei potuto dipingere o costruire, inventare, comporre... il significato e l'esigenza sarebbero stati gli stessi. Suonare non mi dà la stessa soddisfazione per esempio; proprio perché, appena fatte, le note scompaiono. Sono molto arrabbiata con le leggi di natura insomma e mi ribello per quanto posso. Odio l'idea della morte, davvero.

 

 

 

Alla base di tutte le tue opere c'è un messaggio che intendi rivolgere agli altri?

No, io racconto storie e basta. Qualcuno mi ha detto che mi comporto come una madre amorevole con i miei personaggi, se c'è un messaggio credo anch'io sia la pietas, ma è involontario. Non desidero in ogni caso scrivere per dare messaggi, ovviamente questo immagino succeda lo stesso ma tento di rimanere fuori dalle storie più che posso. Il mondo che creo ha diritto alla sua libertà...

 

 

 

 

Ritieni che leggere sia importante per poter scrivere?

Dicono tutti di sì e quindi mi adeguo... Per ciò che mi riguarda ho sempre letto tantissimo perché mi piace, senza doppi fini insomma. Anche adesso che, almeno per furbizia, dovrei far tesoro di tecniche etc. finisce che mi lascio incantare dalle storie senza pensare ad altro. Ritengo però che leggere sia fondamentale per aprire la mente, allargare gli orizzonti, elasticizzate il cervello e sopportare la noia della quotidianità. Leggere è nutrimento per l'intelligenza e per il cuore.

 

 

 

Che cosa leggi di solito?

Romanzi, racconti, in gioventù qualche saggio filosofico ma poco... Leggo in maniera disordinata, non trattengo né stili, né storie, né autori: nulla! Dimentico tutto subito, e purtroppo non solo dei libri. Non sarei in grado di parlare neanche di uno solo dei libri che ho letto (e sono centinaia), così come non saprei ricordare le ore del mio passato, i vestiti che indossavo, le cose che dicevo. Di tutta la mia vita mi rimane una sensazione più che altro e così di ciò che ho letto. Ho appena finito un romanzo in cui il protagonista ha un problema simile...

 

 

 

 

Quando hai iniziato a scrivere?

Con la coscienza di scrivere nel 2004. Prima di allora avevo scritto solo un racconto, durante una tournee con Nicola Piovani. La compagnia faceva un gioco qualche volta: scrivere racconti anonimi e poi votarli, ero nuova del gruppo ma ci provai aggiudicandomi un onorevole terzo posto. Comunque ho sempre scritto dall'età dei tredici anni: poesie adolescenziali, chili di lettere, agende e diari (anche un diario di coppia, ottima esperienza per conoscere il lato migliore dell'anima gemella). Solo che, fino al 2004, non avevo mai pensato di poter scrivere storie di altri, sganciandomi dalla mia vita che non trovavo poi così interessante. Ho scritto racconti dunque all'inizio e poi mi son chiesta: ma come si scrive un romanzo? Mi sono messa al pc e ho scritto un romanzo per ragazzi. Quella è stata la folgorazione! Dare vita a un mondo e vivere giorno per giorno con i personaggi, assistendo quasi alle loro vicende (io non sono di quelli che progetta le storie o i caratteri, attendo che il libro si costruisca da sé) ha un sapore quasi divino.

 

 

 

I tuoi rapporti con l'editoria.

Che dire? Per ora ottimi, spero di non dovermi ricredere... Non ho trovato alcuna difficoltà a pubblicare sino a oggi e senza spendere nulla. Ho all'attivo un libro di racconti, due presenze in antologie e in uscita due romanzi oltre a varie antologie di premi e presenze su e-book.

 

 

 

Che cosa ti piacerebbe scrivere?

Non me lo sono mai chiesto... In genere succede che mi germoglia una frase in testa, la prima frase del libro (mai cambiata la prima frase) e da lì nasce un mondo che pare indipendente e reale, vero. Come se la gente che c'è nei miei romanzi esistesse sul serio da qualche parte e io dovessi solo trascrivere insomma.

 

 

Scrivere ha cambiato in modo radicale la tua vita?

Vorrei dire di no ma sarebbe una menzogna. Sì, radicalmente sì. Presuppone ore e ore di lavoro e concentrazione. Tempo che rubi altrove: alla bimba, al marito, alla musica, nel mio caso, e persino allo svago. E questo non sarebbe nulla se non ci pensassi tutto il giorno pure, vivendo in simbiosi con quel mondo che solo tu senti vivo e a cui sei interessato, affezionato anzi, come fosse una seconda famiglia. E poi ci sono le gioie o le sconfitte che finiscono col metterti in gioco totalmente. Non si rimane estranei, oggettivi... è un gorgo in cui si precipita per me e di cui non si riesce più a fare a meno.

 

 

 

Qualche consiglio per chi ha intenzione di iniziare a scrivere.

Avevo un sogno: diventare scrittrice. Ho aspettato quarant'anni per farlo, per incominciare a provarci perlomeno. Il consiglio è: non abbiate fretta, non forzatevi, non immaginate di farne un lavoro, non vaneggiate di sfondare, non cercate storie per sconvolgere il mercato, non vendetevi a prezzo dei vostri ideali. So di suggerire consigli impopolari, fuori moda... ma per me il libro è sacro, va scritto col cuore in mano. Per il resto ormai ci son mille manuali, siti, scuole di scrittura creativa, corsi on-line, forum, blog... in cui reperire ogni tipo d'informazione e scambiare esperienze istruttive. L'unica cosa che non si può trovare è ciò che si ha da dire. Se non hai nulla da dire, lascia perdere... non è ancora il momento giusto.

 

 

 

 

 

 

 

 
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