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  Intervista all'autore  »  Intervista a Ivan Jutzi 24/04/2006
 

L'intervista è a Ivan Jutzi, giornalista svizzero e ricercatore indipendente, poeta e narratore dallo stile inconfondibile e raffinato; inoltre è fondatore e coordinatore del sito web Nucleo Culturale (http://www.nucleoculturale.org/_sgt/f10000.htm).

 

 

Perché scrivi?

Si tratta di una vera e propria necessità psico-fisica. Inoltre, la scrittura è una passione costruttiva suscettibile di formare l'individuo. 

 

 

Alla base di tutte le tue opere c'è un messaggio che intendi rivolgere agli altri?

Non vi è mai un solo messaggio. Ve ne sono molteplici, sovente occultati dietro un velo metaforico. Il simbolismo è per me un mezzo grazie al quale rappresentare la realtà. Sinteticamente, la parola evoca un'immagine emblematica carica di significati. 

 

 

Ritieni che leggere sia importante per poter scrivere?

E' essenziale. La lettura si profila ai miei occhi come una forma di apprendimento che consente di evolvere a livello tematico-contenutistico e formale.

 

 

Che cosa leggi di solito?

Tutto ciò che reputo interessante. Non vi è una tipologia testuale da me prediletta. Vi sono invece delle opere che mi hanno affascinato più di altre: la Commedia dantesca, Le Spleen de Paris e Les fleurs du Mal di Baudelaire, Il Cortegiano di Castiglione, i saggi sociologici di Edgar Morin – e in particolare L'Esprit du temps – nonché le stupefacenti analisi dello storico delle religioni Mircea Eliade.  

 

 

Quando hai iniziato a scrivere?

A nove o dieci anni.

 

 

I tuoi rapporti con l'editoria.

Sono in fase di sviluppo.

 

 

Che cosa ti piacerebbe scrivere?

Allo stato attuale conduco delle ricerche attorno ad una particolare forma della violenza da me marginalmente studiata all'Università di Losanna. Preferisco comunque evitare le precisazioni.

 

 

Scrivere ha cambiato in modo radicale la tua vita?

No. Ma mi ha consentito di essere più felice e di sprigionare quella forza interiore troppo spesso repressa, soprattutto da adolescente. Malgrado la scrittura sia sovente sinonimo di sofferenza… A titolo esemplare, sono solito sfruttare determinati stati psichici come la tristezza a fini creativi.

 

 

Qualche consiglio per chi ha intenzione di iniziare a scrivere.

Il consiglio presuppone un'interazione tra individui squilibrata, verticale, dall'alto verso il basso. Ed io non sono né un punto di riferimento, né una figura esemplare. Come tutti, sbaglio. 

 

 

 

 

 

 

 

 
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