Purtroppo Alois
Braga è venuto a mancare giovanissimo a seguito di una forma leucemica, ma pur
nella brevità della sua esistenza ha saputo lasciare una traccia indelebile
della sua personalità di uomo e di autore.
Ritengo doveroso, pertanto, intervistare coloro
che con lui hanno vissuto l'esperienza di fondare il sito letterario “I sogni
nel cassetto” e che sono stati partecipi da veri e autentici amici della sua
breve esperienza terrena.
Sono certo che le risposte che seguono
sono le stesse che mi avrebbe dato Alois Braga, uno
pseudonimo per il patto instaurato nel gruppo redazionale di non apparire mai
con il proprio nome. Ma che importanza ha un nome? Quello che resta di
un'artista sono le sue opere; quello che di lui non si perderà mai sono le
emozioni che ha saputo trasmetterci.
Perché hai scritto?
Rispondendo a un commento di un lettore
che gli segnalava quanto, in quel dato racconto, il suo modo di raccontare
fosse bello per le tragiche vicende sullo sfondo ma anche per la generosità dei
protagonisti, Alois dice: “ Scrivo perché non posso
farne a meno, perché in questo continuo mettermi in gioco narro momenti
particolari della mia vita; ma c'è di più, però: c'è amore e morte,
nostalgia e maturità, anche impotenza e grandezza insieme. Nel mio
scrivere riconosco le crisi del nostro tempo e, soprattutto, la mia friabilità
nel saperle affrontare”.
“Certo è che scrivere per me
– si legge in risposta a un commento di un altro
lettore - è un po' la sensazione che provo durante e dopo certi incontri
sessuali e amorosi che straziano, nei quali mi gioco con il partner l'interezza
del mio corpo e dei miei affetti. Se supero la "guerra", se riesco a
godere insieme, se ritrovo la persona amata che solo poche ore prima sembrava
abissalmente distante - e ora invece, mentre si affaccia l'alba, eccola ancora
accanto, sdraiata, dolce, appagata, unita al mio amore - allora posso guardare al mattino in modo diverso. E' probabile che alla fine,
scrivendo, lavori semplicemente al recupero di me stesso, a ricostruire quello
che gli assurdi della vita, gli incontri, certi spiazzamenti
inevitabilmente mi hanno frantumato dentro. Forse è
solo per questo che nei miei racconti c'è spesso un finale tragico e a
sorpresa”.
Alla base di tutte le tue opere c'è un
messaggio che hai inteso rivolgere agli altri?
Alois
diceva spesso che scriveva dell'uomo. E i personaggi e le storie ruotavano
sempre intorno a questo. Nel farlo, però, inevitabilmente finiva spesso per
metterci dentro pezzi della sua esperienza, oltre le sue emozioni, gli stati
d'animo, le ansie, le paure, il bisogno di evadere, le frustrazioni e altro
ancora… “Se è vero - disse Alois una volta - che i
miei racconti provocano reazioni (non importa se positive o negative)… beh,
posso dire di essere dunque a metà dell'opera!”
C'è chi ha scritto, in
siti di letteratura online con maggiore esperienza della
nostra, cose davvero interessanti su di lui e sulla sua capacità nitida
di saper raccontare, mettendone bene in risalto le qualità tecniche e
l'identità narrativa.
Le sue opere non lasciano
spazio alla fantasia di chi legge (tutto viene
minuziosamente rappresentato in una cronaca dei fatti disarmante), sa prenderti
per la capacità introspettiva di chi scrive e riesce a spingersi sin dentro
ciascuno di noi facendo tabula rasa di ogni preconcetto.
Ritieni che leggere sia importante per
poter scrivere?
Leggo anche se non ne ho voglia – Alois esordì pressappoco così un giorno mentre mangiavamo
nella mensa dell'università – e lo faccio con la stessa semplicità con cui mi
accosto a questo piatto di pasta… perché ho bisogno di nutrirmi, mi serve per
vivere… Ma ancora di più mi serve se
voglio capire… e scrivere è per me capire…
Che cosa leggevi di solito?
Alois leggeva proprio di
tutto. Non c'era volta che non avesse almeno due o tre libri nello zaino, e
tutti erano sottolineati, e pieni di appunti e passava molto tempo in
biblioteca e alla Feltrinelli… Portava sempre con sé
un volume di poesie di Ungaretti e Camere separate di
Tondelli. Sceglieva spesso nel vasto panorama della letteratura americana
alternativa, e non solo, quella della Playground per
intenderci, quella dei giovani autori; una letteratura sperimentale e
disincantata (come lui la definiva) dove l'essere gay non significa piangersi
addosso – come lui diceva spesso di se stesso - ma raccontarsi alla stregua
degli straight (espressione americana per definire
gli eterosessuali).
Quando hai iniziato a scrivere?
Non sapremmo datarlo, però crediamo molto
presto… Era figlio di un professore di lettere e filosofia e in casa sua si
respirava odore di libri… in ogni stanza. Alois ce lo diceva sempre, questo si! Anche se ha abbandonato
molto presto la casa dei genitori…
I tuoi rapporti con l'editoria.
I Sogni nel Cassetto rappresenta ciò che Alois pensava dell'editoria: una ventata di libertà da
opporre a un monopolio inaccessibile che controlla l'intera offerta…
Che cosa ti sarebbe piaciuto scrivere?
La sceneggiatura di un film: lo diceva
spesso. In verità Alois ha scritto più di una sceneggiatura
per dei corti (alcune sono pubblicate anche su I Sogni nel Cassetto –
riferimento autore: staff di isogninelcassetto)
Scrivere ha cambiato in modo radicale
la tua vita?
Non sappiamo dare una risposta a questa
domanda. Di certo lo scrivere era una parte importante della sua vita. “Un amore vero - per citare una sua espressione usata per un
poeta amico - senza false ostentazioni, nato e portato avanti da un animo
naturalmente incline ai valori spirituali, ai rapporti del sentimento, alla
conoscenza non superficiale di quanto gli accade intorno e di quanto accade nel
mondo”.
Qualche consiglio per chi ha
intenzione di iniziare a scrivere.
Rispondiamo a questa
domanda riportando quanto scritto da Alois, che sa
molto di consiglio per l'uso: “Recensendo Colas (un
giovane autore che pubblica su I Sogni nel Cassetto e che è stato virtualmente
molto vicino ad Alois) ho già avuto modo di dire
quanto la sua scrittura risenta della rabbia adolescenziale -non vedo come
potrebbe non essere così- e quanto questa aggressività condizioni il suo stile
narrativo a un determinato scopo.
Questo Domani è un altro
giorno, si vedrà rappresenta un risultato ben riuscito di questo processo: una ascesa del dolore attraverso il progressivo
intensificarsi di uno stile che fa dell'uso delle parole, della musicalità
della struttura del periodo e del ritmo della narrazione il cardine portante di
tutto il racconto. Detta così potrebbe sembrare una capacità di poco conto,
però non lo è affatto. Soprattutto in un ragazzo poco più di adolescente che si
accosta alla scrittura per scacciare i propri disagi e ricercare il valore
della propria vita.
Quello che voglio dire è che
a Colas qui, come in altri suoi racconti, non
interessa tanto trattare un argomento o un problema -in questo caso, grave e
complesso come quello del disagio alimentare negli adolescenti- mutuando
comportamenti e soluzioni dagli adulti; a lui interessa invece suscitare forti
emozioni nel lettore attraverso l'aumento graduale di intensità del ritmo della
propria scrittura. E questo non è un modo per svicolare ma
è, al contrario, uno dei modi possibili per denunciare un disagio che si
percepisce sulla propria pelle ma forse non lo si capisce appieno, oppure non
lo si sa affrontare; insomma è il suo modo per chiedere aiuto, per trovare il
proprio percorso di sviluppo.
In altre parole un volere
andare al di là dei contenuti, prevaricandoli oltre quel dolore che come il
vento non lo vediamo ma lo sentiamo. E' un po' come
quando si ascoltano canzoni in una lingua che non si conosce:
è la musicalità, la forza dell'interpretazione che ti restano dentro e ti
avvolgono l'anima per sempre.”