L'intervista è Alessandra Lini,
poetessa dai toni delicati non disgiunti dalla trattazione di argomenti per
niente facili.
Perché scrivi?
Per
alleggerirmi i pensieri, esprimere attraverso giochi di parole sentimenti e sensazioni
che sento essere forti dentro in determinati momenti. Mi rilassa tantissimo il
dedicarmi alla poesia, perché in quel momento riesco a rimanere sola con me stessa.
Alla base di tutte le tue
opere c'è un messaggio che intendi rivolgere agli altri?
Non
necessariamente, se la poesia e' dedicata e' ovvio che vi e' l'automatica
trasmissione di un concetto intrinseco ma molto spesso
scrivo per il gusto di esternare sensazioni con l'uso di parole sempre diverse
e nuove. Mi piace molto giocare con vocaboli musicalmente validi ma un po'
ricercati.
Ritieni che leggere sia
importante per poter scrivere? Decisamente
leggere fa bene a tutto e a tutti, inoltre più si legge più si acquisiscono
termini nuovi che ci possono essere utili nella stesura di un testo ma, questo a parte,
penso si possa scrivere
anche
non leggendo tantissimo basta essere noi stessi.
Che cosa leggi di solito?
Praticamente
di tutto e nulla di particolare.
Quando hai iniziato a
scrivere?
Circa
un anno fa, così per caso e non riesco più a farne a meno.
I tuoi rapporti con
l'editoria.
Finora
nessun rapporto.
Che cosa ti piacerebbe
scrivere?
Sogno
nel cassetto? Un romanzo autobiografico di alto livello, ma
credo che non ne avrò le capacità né tanto meno il tempo, purtroppo.
Scrivere ha cambiato in
modo radicale la tua vita?
Non
proprio, però mi fa sentire bene nel momento in cui scrivo e benissimo a lavoro
finito, è di una soddisfazione quasi unica.
Qualche consiglio per chi
ha intenzione di iniziare a scrivere. Essere
sé stessi sempre e comunque, non avere paura di esprimere tutto ciò che si ha
dentro, sia esso un sentimento positivo o negativo, ne' temere il giudizio o l'incomprensione
di chi ci legge. Si scrive soprattutto per noi stessi, se poi si incontra il
favore del lettore ancora meglio, ma siamo noi che dobbiamo trarre un beneficio
liberatorio dalla scrittura. Se si scrive in funzione degli altri
ne esce un'opera falsata che non ci rispecchia, questo va bene nella
stesura di articoli rivolti al pubblico dove lo scrivere e' lavoro. Ma se si
scrive per diletto l'opera redatta deve essere la nostra immagine riflessa.