L'intervista è a Donato Altomare, classe
1951, nato e residente a Molfetta, autore di chiara
fama di racconti e di romanzi prevalentemente di fantascienza. Ha pubblicato,
fra l'altro, con Mondadori, Delos
Book e Tabula Fati, per i cui caratteri ha dato alle stampe la sua ultima
fatica “Surgeforas”.
Perché scrivi?
Perché
respiro?
Alla base di tutte le tue
opere c'è un messaggio che intendi rivolgere agli altri?
Quando
si scrive lo si fa per se stesso o per gli altri. Se
scrivi per te stesso non hai bisogno di lanciare messaggi. E' una forma di
liberazione, qualcosa che magari serve a curare proprie sofferenze interne.
Io,
al contrario, scrivo per gli altri, quindi in tutte le mie storie c'è un
messaggio più o meno esplicito. Persino in quelle più semplici.
Come
più volte ho detto e scritto, preferisco essere definito un narratore, non uno
scrittore. Amo narrar storie, da quelle di pura avventura, dove la morale
potrebbe sembrare scontata, a quelle di assoluta introversione dove lascio
pezzi di me stesso. Narrare è il mio modo di dare un senso alla mia vita. E'
questo che mi ha forse aiutato nell'apprezzamento da parte dei lettori.
Ritieni che leggere sia
importante per poter scrivere?
Assolutamente.
Prima di essere uno scrittore occorre essere un accanito lettore. Io leggo di
tutto ancora oggi, dai fumetti ai trattati filosofici (uno per la verità, però
scriverlo impressiona), ma ovviamente ho una forte
predilezione per la narrativa di genere e per le riviste scientifiche. Leggere
ti mette a contatto con quel mondo del quale vuoi far parte e ti fa conoscere
gli stili, t'insegna a costruire un periodo, a collocare i termini giusti ai
punti giusti. Nessuno che voglia avventurarsi nel complicato, estenuante e a
volte mortificante mondo della scrittura può prescindere dal leggere. Sarebbe
come pretendere di fare l'istruttore di nuoto senza saper nuotare.
Che cosa leggi di solito?
In
parte ho risposto sopra. Tutto quello che mi capita a tiro. Sono molto curioso
e poiché le mie storie spaziano in tutti i campi della scienza, devo anche
documentarmi, quindi ho libri di svariate discipline scientifiche e umanistiche
che, ovviamente, leggo all'occorrenza. Tra l'altro documentarsi bene è il primo
passo verso il professionismo.
Sul
mio comodino in questo momento ho alcuni libri (leggo libri diversi in base
all'umore e al livello di stanchezza), riviste scientifiche e letterarie, fumetti (mi piace molto Dago)
e stip (adorate Sturmtruppen
& C.). Poi ci sono racconti da esaminare (faccio parte della giuria finale
del premio Rill), altri libri da recensire, e la Settimana Enigmistica.
Insomma, di tutto. Su questo argomento scherzo con una vecchia battuta: leggo di tutto, una volta ho iniziato a leggere persino l'elenco
telefonico, ma l'ho lasciato a metà perché nella storia c'erano troppi
personaggi.
Quando hai iniziato a
scrivere?
Al
liceo. C'era un giornalino scolastico, si chiamava “7 in condotta”. Scrissi una
storiella breve, la cronaca di una partita fatta all'inferno, con da una parte i diavoli, dall'altra i dannati che avevano
tra le loro fila anche l'oriundo Dante. Era un racconto fantastico-umoristico,
un genere che ho sempre adorato. Insomma, si pensi alla ‘padella'.
Ho
iniziato a scrivere racconti di vera fantascienza, sempre giovanissimo, quando lessi una storia breve che faceva piangere. Esclamai:
persino io riuscirei a scrivere qualcosa di tanto brutto. E lo feci. Avevo
ragione, il racconto che scrissi era davvero brutto, ma fu l'inizio.
I tuoi rapporti con
l'editoria.
Servo
vostro.
Che cosa ti piacerebbe
scrivere?
Tutto
quello che ho in mente, ma non credo di avere tempo a sufficienza, campassi duecento anni. Non m'importa cosa, tutto quello che
mi frulla per la mente, l'essenziale è scrivere storie in grado di piacere e,
se possibile, sorprendere, avendo ovviamente cura dello stile. Voglio che il
lettore si ricordi di me non perché ho scritto un capolavoro da Nobel, ma per
avergli dato qualche ora di piacevole rilassatezza.
Lasciando passare quel pizzico di morale che non fa mai male.
Scrivere ha cambiato in
modo radicale la tua vita?
Non
hai idea di quanto, ma parlarne mi costringerebbe a entrare nella sfera troppo
personale e coinvolgerei altra gente. Vedi, quand'ero giovane, ho provato a
fare di tutto. Mi son messo a suonare la chitarra a
orecchio (nel senso che la gente se li turava), ho giocato a pallone con
risultati discreti, ho fatto sport (campione junior pugliese di getto del
peso), ho frequentato il seminario (un carissimo amico prete mi immaginava già
cardinale), ho cercato di diventare esperto collezionista di francobolli…
insomma, ho provato a emergere in svariati campi. La narrativa mi ha frenato in
tutti. E a buona ragione, visto che me la cavavo meglio in questo che negli
altri campi. Oggi la prima domanda che mi fanno durante le conferenze o gli
incontri con l'autore a cui partecipo è: come mai un
ingegnere-scrittore? La mia risposta è sempre la stessa: per la verità sono un
narratore, un narratore costretto a fare l'ingegnere per campare.
Non
ha poi idea di quanto ti sia utile saper scrivere in
qualsiasi ambiente. Come ingegnere spesso mi capita di essere nominato perito
di tribunale nelle cause civili. Ebbene, gli avvocati dicono che le mie
relazioni sono un piacere da leggere, anche se si parla di fognature rotte.
La
gente non si rende conto di quanto sia importante riuscire a scrivere in
maniera corretta, anche soltanto una lettera di richiesta d'assunzione.
Il
complimento più bello per Mater Maxima
è venuto da un critico che, dopo aver parlato bene del romanzo ha concluso:
inoltre MM ha un grande pregio, quello di essere scritto in perfetto italiano.
Per uno che riusciva appena a prendere la sufficienza in italiano al liceo è il
massimo, credetemi.
Qualche consiglio per chi
ha intenzione di iniziare a scrivere.
Sono
molti.
1)
Leggete, come recita la pubblicità della tivù, di tutto, di più.
2)
Non pensate di scrivere capolavori prima ancora di cominciare.
3)
Accettate le critiche, distinguendo quelle da tenere in considerazione da
quelle generiche.
4)
Rammentate che spesso i complimenti immeritati sono molto dannosi, mentre una
critica anche ingiusta spinge a pensare.
4)
Non arrendetevi mai. All'inizio i rifiuti potrebbero essere frequenti.
Convincetevi però che nove volte su dieci sono giustificati.
5)
E' bene sapere che le grosse case editrici sono subissate di materiale inedito,
quindi non bisogna pensare che una settimana dopo aver mandato il vostri dattiloscritto potrete avere una risposta. In
genere i tempi variano tra i quattro e gli otto mesi. Passati i quali è inutile
chiedere, il dattiloscritto si deve intendere respinto. Non inviate mai
l'intero romanzo, è il modo più sicuro per farlo cestinare. Basta una sinossi,
il primo capitolo e un breve curriculum. Se l'editore sarà interessato, allora
vi chiederà l'intero romanzo. Attenzione alla lettera di accompagnamento.
6)
Fate circolare il proprio nome partecipando a qualche concorso e pubblicando
ovunque se se ne ha l'occasione, senza preoccuparsi se
si tratta di una fanzine o un rivista professionale.
Partecipate a manifestazioni culturali e incontri con gli autori. Cercate di
carpire loro quei segreti che li hanno fatti grandi.
7)
Non fate mai, all'inizio, una questione di soldi, a meno di non essere un
grande giovane scrittore, cosa che, ovviamente, è rarissima, ma che non può
essere esclusa a priori. Difficilmente potrete pretendere la giusta
retribuzione del vostro lavoro letterario. In cambio in genere si hanno copie omaggio della pubblicazione che provvederete a far
circolare tra amici o tra persone affermate nel settore.
8)
Cercate di scrivere ciò che più va al momento. Ad esempio, oggi vanno la ucronie, quindi sarà più facile
che un editore prenda in considerazione il vostro romanzo se su questo filone.
9)
Se volete far leggere i vostri racconti a qualcuno, non andate dalla fidanzata
o dal papà. Qualsiasi sia il loro commento sarà
influenzato dall'affetto che provano per voi. Meglio qualche amico, ancor
meglio se invidioso. Se poi avete la fortuna di poterli far leggere a un
professionista… be', è il massimo. Ma rammentate che,
se si tratta di veri professionisti, vanno pagati.
10)
Non avventuratevi subito col romanzone
da 400 cartelle. Cominciate con i racconti, magari brevi. E' molto più
difficile scrivere qualcosa in dieci cartelle che la
stessa cosa in cento. Con l'aggravante che il lettore è ormai smaliziato e si
accorge subito se si tratta di un racconto stiracchiato per diventare un
romanzo. Il racconto è una formidabile palestra per imparare a scrivere.
Potremmo
andare ancora avanti per un paio di giorni.