Quaranta
sonetti giocosi
di
Luis
de Góngora
Molesini
Editore Venezia
Poesia
Pagg.
144
ISBN
979-12-81270-08-4
Prezzo
Euro 18,00
Traduzione
e cura di Giulia Poggi
Una
satira contro i vizi del potere piena di furia e di grazia
Accusato
di oscurità dai suoi contemporanei, dimenticato nei secoli
successivi, riscoperto nel Novecento, Luis
de Góngora è
stato da sempre un poeta controverso. E ciò non solo per l´alto
tasso di figuralità su cui si costruiscono le sue opere, ma anche
per i diversi registri che esse seppero toccare. È questo il caso
della sua vasta produzione di sonetti, in cui i toni alti della
lirica di ispirazione petrarchista si alternano a quelli bassi della
burla e della satira. Eppure anche in questi sonetti, non di rado
confinanti con l´osceno e molto spesso con l´allusione
scatologica, il modello letterario non viene mai meno, né si
dimentica l´uso sapiente di una retorica volta ora non
all´esaltazione, ma alla denigrazione, non alla lode, ma allo
scherzo. A questo tipo di retorica che confina con il gioco e la
battuta spiritosa si ispirano i quaranta sonetti qui tradotti, fra i
più trascurati e meno studiati di Góngora, sia perché, come tutti
i suoi versi, di difficile interpretazione, sia perché contrastanti
con l´immagine di poeta puro attraverso cui, nel nome della
metafora, egli venne riscattato dai più illustri rappresentanti
della generazione del ´27 (basti, per tutti, il nome di Federico
García Lorca).
Quaranta
sonetti giocosi
Grandi
più che ippopotami o elefanti,
titoli liberali come
rocche,
camerieri, ma delle loro bocche,
illustri
cavaglier, chiavi dorate;
abiti,
o meglio cappe rammendate,
donne bifronti e vedove
allegrotte,
carrozze da otto bestie, e ancor son poche,
fra
quelle trainanti e le trainate;
avvocatucoli,
anime vaganti,
coi Bartoli e gli Abadi la milizia
ed il
diritto con spada e con daga;
le
case e i petti, tutto con malizia,
i fanghi con prezzemolo e
mentuccia:
questa è la corte. Che buon pro vi faccia!
Luis
de Góngora y Argote (Cordova
1561 - ivi 1627) nacque in una famiglia di piccola nobiltà
ecclesiastica, fece studi di Giurisprudenza all´Università di
Salamanca e nel 1585 prese gli ordini minori per poter ereditare
dallo zio materno il titolo di prebendario della Cattedrale di
Cordova. Nominato nel 1617, ancora vivente Filippo III, Cappellano
Reale, si trasferì a Madrid dove visse fino al 1626 lamentando
sempre maggiori ristrettezze economiche. Oltre a un cospicuo numero
di sonetti e canzoni di ispirazione petrarchista, la sua opera
comprende numerose liriche di metro tradizionale (romances e
letrillas), una commedia e quelle che vengono considerate le sue due
opere maggiori (il Polifemo, favola mitologica in ottave e le
Soledades, poema narrativo in silvas). Attorno a esse si scatenò,
negli anni che seguirono il 1613, una delle polemiche letterarie più
accese del tempo, che ne decretò la fama di poeta culto e iniziatore
di una nueva poesía.
Giulia
Poggi (Pisa
1946) ha insegnato Letteratura Spagnola nelle Università di Pisa,
Siena, Verona. Si è occupata di letteratura dei secoli d´oro e in
particolare della poesia di Góngora. Ha tradotto vari classici
aurei, fra cui Góngora (I sonetti, La Tisbe, Le ferme intenzioni di
Isabella) Gracián (L´acutezza e l´arte dell´ingegno, l´Oracolo
manuale), Tirso de Molina. Si è inoltre interessata di narrativa
ispanoamericana con saggi su Jorge Luis Borges e Silvina Ocampo. Vive
a Pisa.