Fabrizio Corselli. Drak'kast. Storie di draghi.
Intervista al Cantore di Draghi,
a cura di Iannozzi Giuseppe
il sito dedicato al libro: http://drakkast.sitiwebs.com/
1. Drak'kast: un romanzo in versi? Difficile se non
impossibile dare una collocazione precisa al tuo lavoro, Fabrizio
Corselli.
No, non è un romanzo in versi. Esattamente è un poema fantasy, con
tutte le caratteristiche che ne derivano. A livello di definizione, per coloro
che spesso lo confondono con la poesia, un poema è un componimento letterario
in versi di ampia estensione, e che ha quasi sempre natura didascalica o
narrativa. Nei tempi successivi è stato definito col termine “poema” anche un
componimento più breve ma caratterizzato da una forte liricità. Drak'kast è un
poema di quasi tremila versi.
2. Non è facile leggere la tua opera, la storia del drago
Elkodyas cangiatosi in elfo nella foresta di smeraldo. A mio avviso non ci sono
punti di raccordo fra l'ormai più che classico “Il cacciatore di draghi” di
Tolkien e il tuo lavoro Drak'kast, né sono dell'avviso che nella Letteratura
moderna sia possibile incontrare un'opera simile
alla tua. Il tuo, un lavoro molto molto originale: non hai timore che il
pubblico possa non comprendere appieno il tuo epicizzare?
Ai giorni nostri, molte cose non vengono comprese, figuriamoci la
poesia, e ancora peggio il poema, liquidato come già morto, obsoleto, e per
questo non preso in considerazione. Il fatto che non si trovi un'opera similare
è perché la mia scelta non è stata di tipo editoriale. Secondo me, la scrittura
che deve per forza piegarsi alle leggi editoriali non è più la propria
scrittura, è altro. Sono rari gli scrittori che riescono a imporsi con il
proprio stile, senza sacrificare nulla dell'opera.
Il mio epicizzare può far storcere il naso a coloro che, superficialmente,
vedono in quella forma lo stolto tentativo di emulare i classici; a molti
sembra quasi un'usurpazione. Il mio modo di fare poesia segue le mie regole e
quelle di uno scritto che si dissocia dalle discutibili richieste di marketing.
È un rischio, lo so, ma rientra nel gioco. Proprio per questo Drak'kast
contiene molti punti originali e di forza.
Devo dire onestamente che il riscontro con i lettori è stato positivo; è pur
vero che devo anche fare i conti con quelli prevenuti, che già a priori
considerano il prodotto da scartare perché in versi.
Non per ultimo, io mi esprimo attraverso questo genere di poesia, e questa non
è una scelta. L'epicizzare poi è immancabilmente richiesto da quel tipo di
struttura: l'epos e la solennità della parola.
3. Per dar corpo alla tua opera hai preso ispirazione anche dalle
tavole di Ciruelo Cabral. Confesso la mia ignoranza, non ho idea di chi esso
sia, tranne per il fatto che è un rinomato illustratore argentino attratto in
maniera quasi maniacale dai draghi e dalla mitologia che gira intorno a queste
creature fantastiche. Avresti la pazienza di darmi qualche ragguaglio su questo
artista? Perché proprio lui ha così tanto solleticato il tuo immaginario?
Noto anche come “il maestro dei
draghi”, Ciruelo Cabral ha iniziato a lavorare come illustratore a 18 anni per
una compagnia di grafica pubblicitaria, disegnando successivamente copertine
per fumetti. Nel 1987 si è trasferito in Spagna dove ha iniziato a lavorare per
la Timun Mas. Ha anche disegnato varie copertine di libri fantasy e copertine per
album di musica come “the 7th Song di Steve Vai, e per le riviste Heavy Metal e
Playboy.
Ciruelo Cabral utilizza principalmente acrilici e pittura ad olio, ma anche una
serie di altre tecniche, di cui una davvero originale, ossia il petropictos (pittura su roccia). Ha
pubblicato vari libri con i suoi disegni, tra i quali Il libro dei Draghi,
della Paper Tiger (1990). Ai tempi, fra i cultori del gioco di ruolo fece
furore, rappresentando uno dei pochi libri ricchi d'informazioni sui draghi.
Non ci vuole molto a capire il perché Ciruelo mi abbia colpito così tanto. A
parte la sua tecnica fenomenale, i suoi soggetti principali, i draghi per
l'appunto, sono così corposi e dettagliati da sembrare veri, e poi la fierezza
e la solennità delle loro posture, delle loro torsioni.
4. Quali autori hanno influenzato maggiormente la tua idea di
poesia? La poesia che tu scrivi è una abile
commistione di elementi alti, talvolta quasi omerici, e di altri che invece
provengono dalla cultura popolare o di massa che dir si voglia.
Sono nato a Palermo, e avendo vissuto in Sicilia per molto tempo
ho assorbito la sua cultura fatta di miti, quelli greci soprattutto, di
trovatori, di Cantastorie e Cuntastorie, di storie arabe e della sua tradizione
di narrazione orale, fino ad arrivare alla tradizione popolare dei Pupi di
Mimmo Cuticchio. Non dimentichiamo la nascita della Scuola Poetica siciliana,
di Himera, la patria di Stesicoro l'ordinatore di cori, il quale peraltro, si
dice, ispirò il mio poeta preferito, ossia Pindaro.
Gli autori sono sempre quelli: Omero, Virgilio, i poeti elegiaci, quelli
lirici, quelli dell'epinicia, e poi Yeats, Byron, Shakespeare, insomma la
maggior parte dei poeti inglesi. Di italiani, Foscolo, Ungaretti, Pascoli e
D'annunzio.
Non dimentichiamo poi il Beowulf e Tolkien (con maggiore interesse per i suoi
testi poetici). Credo di averne dimenticato qualcuno.
5. Perché guardare proprio ai draghi? A tuo avviso, che tipo di
attualità ricopre oggi la figura del drago in un mondo sempre più invaso da
Matrix e da universi paralleli dickiani che cadono a pezzi? C'è ancora la necessità
di guardare ai draghi, a queste creature mitologiche-leggendarie e al loro
dèrkesthai?
I draghi sono una straordinaria allegoria della realtà, o meglio
di tutto ciò che è celato, che ci è precluso vedere attraverso i nostri sensi,
un sapere antico. Un'essenza che si sottrae alla percezione (aisthesis) fino a
diventare intangibile e altresì intelligibile. L'intelligibilità è una
caratteristica della poesia, essa va oltre e trascende la realtà confinando i
propri eidola fra gli interstizi del verso.
Drago deriva da drakon, con una particolare attenzione per la radice derkomai,
ossia “avere un determinato sguardo”. Uno sguardo che va oltre le cose, e che
scava in profondità; questo è lo sguardo della poesia, il “visore di una realtà
altra”, che trova il suo massimo grado espressivo nella metafora. Una figura
retorica che nasconde e che quasi diviene l'antro oscuro dove il drago confina
il proprio deposito, il proprio tesoro: il significato primo della parola, la
sua essenza. Da qui, nasce il mythos.
6. Come e quando è nato Drak'kast?
Drak'kast è nato nel 2008. Comunque prima di esso già esisteva
l'intera ambientazione nella quale ora si sviluppa l'opera, col nome di
Dragonbound. Questa era nata per il gioco di ruolo. Pertanto aveva già solide e
coerenti basi a livello di background.
Successivamente, da quattro piccole poesie tematiche, diciamo appena quaranta
versi in tutto, ho deciso di sviluppare un'opera
molto più grande: il poema vero e proprio. Così, forte dell'esperienza nel
campo del gioco di ruolo e della narrazione orale, soprattutto usufruendo del
Progetto Calypsos in campo educativo, che ha la finalità d'intensificare il
linguaggio del disabile attraverso la poesia, ho costruito un percorso
idetivo-immaginativo molto preciso. Come? Ho preso esattamente quattordici
tavole del mio illustratore preferito Ciruelo Cabral, e ho strutturato,
improvvisando inizialmente, una trama figurativa. L'ho
poi stesa su carta e sviluppata. L'impianto strofico e il resto sono nati dopo.
7. E' corretto dire che Drak'kast è opera fantasy? E se sì, il
fantasy oggi come oggi ha ancora un suo mercato che non sia confinato ai soli
giochi di ruolo e all'epic metal?
Sì, Drak'kast è un'opera fantasy. Purtroppo questo genere ha
vissuto nel tempo alti e bassi, diciamo più bassi; soprattutto per banali leggi
imperanti delle case editrici che l'hanno spremuto fino al midollo forgiando il
caso dei “bambini prodigio” che, tanto per farti capire, oggi vengono chiamati
“bimbi minchia”. Penso sia esaustivo, e ti faccia capire quanto questa mossa
abbia ulteriormente segnato il genere, confinandolo oltremodo a un genere per
ragazzi.
Per fortuna, invece, adesso si assiste a un boom fenomenale, le case editrici
sono diventate feconde e sfornano fantasy in continuazione, e parlo del settore
italiano. C'è sempre da dire che non tutto quello che viene prodotto è di
qualità, è chiaro, e questo interessa tutti i campi. Il fantasy non lo vedo
solo come letteratura di evasione, ma come uno strumento valido nel mantenere
viva quella facoltà che viene quasi sempre messa da parte, rispetto
all'Intelligenza e alla Logica, e cioè l'Immaginazione.
Inoltre il fantasy non ha nulla da invidiare agli altri generi per ciò che
riguarda la diffusione di ideali e valori, come se tale situazione appartenesse
di diritto soltanto a quei testi che esprimono “il vissuto”,
“un dolore personale”, “un'esperienza individuale”, e così via.
8. Il tuo romanzo in versi gioca molto sull'inversione e
sull'allitterazione: una scelta stilistica voluta o dettata dalle necessità
(editoriali)?
Dettata da una necessità stilistica e progettuale. Il poema, così
come quello a carattere epico, richiede una ben definita struttura formulare e
accorgimenti retorico-stilistici tali da rendere
il verso “nobile” (semnos
diceva Aristotele); in particolar modo lo stile deve essere “solenne”. Questo
perché l'apporto della musicalità gioca un ruolo fondamentale nella ricezione
del testo. Seduce i sensi e predispone il lettore a una maggiore interazione,
una maggiore sospensione dell'incredulità. La creazione di quell'illusione che
i greci chiamavano “apathe”, e che poi venne definita “goeteia”, “magia”,
“incantesimo”.
In più, Drak'kast assorbe molto la concettualità della poesia scaldica, e
quindi della poesia allitterativa. La parola diventa suono, e il suono si
trasforma in immagine visiva. Il tono del Drak'kast è molto onirico.
L'inversione è un classico, in quanto la rottura della regolarità sintattica,
oltre a creare un effetto straniante, dona maggiore forza a ciò che in poesia
viene chiamato “carattere sintattico”, ossia la suggestività in rapporto a un
determinato tema.
I draghi sono visti oltremodo come creature del Caos, per tale motivo, rompere
la linearità del verso significa avvicinarsi al loro ordine concettuale.
Comunque il mio approccio non tende a una emulazione,
così destinato a fallire, ma procede per assimilazione, ossia alla rilevazione
e l'assorbimento di tutti quegli elementi che fanno parte del passato in vista
della creazione di uno stile nuovo e originale che tenga conto della modernità.
9. Per vergare la tua opera epica hai, in qualche modo, guardato
anche alle storie sorte nel corso dei secoli intorno al norreno Sigurðr?
Sì, non si può prescindere da testi come il Beowulf, Sigurðr,
l'Anello dei Nibelunghi e tanti altri. Fanno parte di un prezioso patrimonio
epico, e un inesauribile bacino di elementi creativi. Vuoi o non vuoi
ritorniamo sempre al sostrato primordiale. Ho anche letto con grande interesse
quello di Tolkien “Le leggende di Sigurd e Gudrùn”, molto bello.
Per scrivere un poema è obbligatorio conoscere questi testi, anche per farsi
un'idea generale della loro struttura, indipendentemente dallo studio tecnico
che fai della poesia. Anche se sai usare la metafora, la lettura delle
kenningar (particolari metafore tipiche della poesia epica), all'interno di
quel contesto, ti dà l'idea del loro uso più appropriato in altra sede. Ho
assistito a tentativi orribili, da parte di alcuni scrittori, con risultati a
dir poco banali se non scadenti; alcuni non hanno avuto la decenza di
sperimentare, copiando semplicemente quelli del Beowulf (tali e quali). Questo
perché il più delle volte non si ha l'idea di cosa sia un verso o di ciò che lo
regolamenta.
10. Hai mai pensato al tuo Drak'kast come a una evoluzione
o continuazione de “L'anello del Nibelungo” di Richard Wagner?
Sì, vi ho pensato, ma per un semplice motivo. Non solo per l'amore
nei confronti della musica, ma perché il mio mentore è stato Franz Liszt col
suo innovativo Poema Sinfonico; tanto che la “tecnica” del thematic metamorphosis la riprendo in
maniera costante come un punto fermo; ciò che poi in Wagner verrà chiamato
Leitmotiv. C'è questo alone tematico, questa vena dendritica che si snoda lungo
tutto l'asse strofico, variandone il punto di vista e la forma. È una presenza
che aleggia lungo tutta l'opera, e il lettore l'avverte su di sé. Anche la mia
tendenza a dividere il poema in sezioni tematiche riprende la divisione in atti
dell'opera musicale, indipendentemente dalla struttura epica. Ecco, un sogno
che ho nel cassetto è quello di scrivere un libretto per un'opera musicale,
diciamo avvicinandomi più ai Lieder tedeschi (anche se qui il processo è inverso).
11. Potresti spiegare ai profani che cosa s'intende quando si
parla di ‘poesia del Primordium Draconis'?
Drak'kast segue una struttura ben definita, basandosi su una sua
precisa teoria strutturale. Diciamo che, a livello fittizio e metaletterario, è
stato creato dai bardi dell'Era del Primordium Draconis un nuovo modo di fare
poesia, ad hoc, quello del kar'drak. Un tipo di poesia che concentra la sua
attenzione sul drago e che di esso ne fa il suo
massimo ispiratore. Ogni verso, spazio bianco o altro segue a livello
concettuale la fisionomia draconica, l'artiglio, il soffio, le spine dorsali e
così via; tanto che il verso viene chiamato “kar” “parte”, e la strofa “karad”, “organo”. Karaddyr è il termine col quale si indica
il poeta (a differenza del Syrd, poeta che lega la concettualità dei sui versi ai differenti Elementi). Questo è tutto
spiegato nell'appendice presente nel libro. Non dico altro.
12. Una molto breve sinossi di Drak'kast Storie di draghi, a
beneficio dei lettori.
Quello di Drak'kast è un mondo rischioso, selvaggio, dominato da
profondi e oscuri misteri che aspettano solo di essere riportati alla luce. Un
mondo in cui ognuno è costretto a sfidare la stirpe dei draghi e la sua egemonia, aprendosi un
varco nel fuoco con il crudele acciaio nel pugno… o andando incontro alla
morte. In questa era, meglio conosciuta come Primordium Draconis, esiste però
anche chi ha scelto di non combattere i draghi: gli Hadragnir, incantatori
disposti a sposare la loro causa per preservare l'equilibrio tra le razze. È
qui che entra in gioco il personaggio di Elkodyas, il leggendario drago mutato
in un elfo cantore, unico eroe tanto audace da sfidare le insidie e i pericoli
celati nella Foresta di Smeraldo alla scoperta di quei segreti che per troppo
tempo sono rimasti confinati in essa. Avventura,
melodia e incanto. Drak'kast è tutto questo.
13. Nel tuo poetare non esprimi dei giudizi sugli accadimenti, ma
al contrario ti limiti a raccontare. Perché questa scelta? Drak'kast non
sarebbe risultato forse più appetibile se, di tanto in tanto, tu Fabrizio Corselli, in qualità di autore, avessi
espresso anche la tua opinione su alcuni fatti narrati?
No, onestamente non ho voluto aggiungere nulla, a eccezione delle
note a piè pagina e l'Appendice. Ho seguito in maniera precisa il dettame del
poema epico: impersonalità del narratore. Soprattutto ho ridotto la dimensione
mimetica rispetto a quella diegetica, ho proprio volutamente privilegiare il
senso dell'epos. Drak'kast riscopre il piacere di raccontare le storie come facevano
tempo addietro i Cantastorie. La figura del bardo è una figura centrale,, in tutte le sue manifestazioni (metaletterarie e non).
Con il lavoro di Educatore ho riscoperto e rinnovato questo grande piacere che,
comunque, ho sempre vivificato attraverso il gioco di ruolo. In questo periodo,
leggo molto i libri per bambini della collana Battello a Vapore della Piemme.
Sono straordinari.
14. Fabrizio Corselli è
un moderno bardo?
Mah! Il termine di moderno bardo potrebbe anche starci, tanto per
farne una colorita etichetta , ma mai secondo il
significato che esso assumerebbe in relazione alla funzione di quello antico.
Non esistendo più l'Epica tale figura diventa altro. Un bardo moderno lo
potrebbe essere tanto un cantante, cito per esempio De André, quanto
effettivamente alcuni Cantastorie della tradizione siciliana, cito anche Rosa
Balistreri, e così via.
Mi chiamano il “Cantore di Draghi”, e da questo punto di vista lo vedo molto
più appropriato, anche se pittoresco, giustamente nella ripresa concettuale
della radice derkomai, intesa come “visore poetico”. Uno sguardo quasi meduseo,
volendo riprendere le parole di Veronesi, che congela la realtà, la
cristallizza in un mirabile eidolon
altresì assorbito dalla struttura poetica quale devota culla ove compiere la
propria incubazione espressiva. I miei non sono semplici elfi o draghi, ma corrispettivi allegorici della poesia stessa; la
poesia nella sua piena metamorfica potenza.
15. Come sei giunto alla pubblicazione di Drak'kast?
In maniera inattesa. Premettendo che non sono uno di quelli che
manda manoscritti a ritta e a manca, inviai tempo fa ad Alfonso Zarbo,
conosciuto peraltro su Facebook, una copia di Drak'kast stampata tramite Lulu
(versione da ottocento versi) pro lettura, come forma d'amicizia nel
condividere la medesima passione per il fantasy. Non sapevo che Zarbo fosse un
Editor e il curatore della collana Spade d'Inchiostro di Edizioni della Sera,
insieme a Filomena Cecere. Nel mese di Giugno arriva la richiesta di
pubblicazione dell'opera (io nel mentre avevo già espanso per conto mio il
Drak'kast, portandolo a 1650 versi). Il contratto è stato firmato a Settembre
2010. Nel mentre, durante l'Estate avevo portato il Drak'kast a quasi tremila
versi; era nella sua fase finale. Secondo me ci vuole anche un po' di fortuna e
congiunzioni astrali a favore.
16. Oggi come oggi esistono ancora dei poeti che val la pena di
leggere?
Tralasciando l'effusivo rigurgito che stagna in moltissime lobby intellettuali,
o nei circhi poetici dove molti poeti fanno i giullari o cercano solo il plauso
del pubblico, di poeti validi per fortuna ce ne sono molti. Il problema è che
in Italia ci sono pochi lettori e troppi “poeti”. Questi hanno veramente ben
poco da dire, fatta eccezione delle loro preghierine
della sera o mere tautologie. Dovrebbero leggere di più.
Ho avuto la fortuna di conoscerne alcuni di persona e altri attraverso i loro
versi, rimanendo non solo stupito per la loro bravura ma soprattutto perché
hanno ancora qualcosa da dire. Cito per esempio Davide Benincasa, Maurizio
Landini, Francesco Sicilia, Eufemia
Griffo, e altri ancora.
17. Progetti per il futuro? Qualche anticipazione,
non essere avaro.
Per adesso sto continuando la stesura del secondo libro del
Drakkamal, La Saga dei Draghi Eterni, di cui fa parte il Drak'kast; ogni libro
approfondisce un drago in particolare.
Secondo poi ho intenzione di scrivere proprio un saggio sul Kar'drak, la Poesia
dei Draghi, partendo dall'Appendice I del Drak'kast, molto succulento con
tantissimi richiami tecnico-stilistici e background. Diciamo,
quasi una sorta di manualetto didattico.
A livello editoriale, c'è in vista un progetto che interessa Drak'kast, e nella
fattispecie la sua conversione in audiolibro. Non c'è niente di sicuro,
comunque.
Per finire, conclusa a Dicembre la rubrica Mythos presso la rivista cartacea
In-Arte Multiversi, mi occuperò di una rubrica molto particolare sulla Poesia.
Mi occuperò anche di poeti contemporanei. Ve ne sono di validi che meritano più
visibilità.
Grazie Fabrizio, sei stato molto gentile. Le domande erano tante e
in alcuni casi mi sono divertito a provocare la tua sensibilità. Ti auguro di
ottenere e dal pubblico e dalla critica tutta l'attenzione che meriti.
Fabrizio Corselli – Drak'Kast. Storie di draghi – genere:
Fantasy – Edizioni della Sera – collana: Spade
d'inchiostro – Pagine: 220 – ISBN: 978-88-97139-05-8 – Prezzo: € 12,00
www.jujol.com