Intervista di Renzo
Montagnoli a Gavino Puggioni,
autore di Nelle falesie dell'anima, edito in proprio.
Se non vado errato, questo è il tuo
quarto libro, dopo Finagliosu,
racconti e ricordi dell'infanzia
(Magnum Edizioni, 2003), L'arcobaleno in
giardino (Magnum Edizioni, 2004), Nel
silenzio dei rumori (Magnum Edizioni, 2007) e Le nuvole non hanno lacrime (Il Foglio, 2011). Non si può dire,
quindi, che la tua produzione sia limitata e lo testimonia anche questa
raccolta di poesie (un centinaio). A differenza delle precedenti pubblicazioni,
c'è tuttavia una novità: questo libro è stato edito in proprio, cioè fatto
stampare direttamente da te. C'è un motivo particolare per questa scelta che,
se offre alcuni vantaggi, tuttavia finisce con il limitare di molto le
possibilità di vendita?
In verità è il mio quinto libro e per ora sono contento di averlo editato da solo, rivolgendomi ad una tipografia locale, dopo
averlo composto e ordinato come impaginazione. Per avere certi prezzi, dalle
pur piccole e serie case editrici mi chiedevano mille e passa
copie, cosa a me non necessaria, Mi basta la metà, posso avere le copie
a disposizione in ogni momento, soprattutto per le presentazioni che andrò a
fare, in città e in altri luoghi, ma sempre in Sardegna.
In libreria li ho portati ma la maggior parte di essi si vendono, comunque, durante le presentazioni, appunto.
Hai ragione, è il quinto libro.
Effettivamente, considerato che i volumi di poesia
sono un po' negletti la tua può essere una soluzione valida. E adesso passo a
chiederti il perché del titolo, visto che la falesia,
come noto, è una costa rocciosa, con pareti a picco. Benché ci sia un sottotitolo “o delle umane
emozioni”, senz'altro più esplicativo, mi incuriosisce
non poco sapere perché hai pensato all'anima, di per sé incorporea, come
qualcosa di oggettivamente accostabile, una linea continua rocciosa che cade
sul mare. Ecco, questa è la seconda domanda.
Ecco, quelle falesie, pur rocciose e infide, io le ho
personalizzate, le ho rese, nell'anima, percorribili, salendole o
discendendole, incontrandovi punti di appoggio, di riflessione, di difficoltà
umana e non solo mia e ad esse mi sono aggrappato,
mirando nel basso ma anche in quell'alto,... se vuoi, del cielo soprastante.
E' chiaro, come dici tu, del sottotitolo, “ o delle umane emozioni
“, perché credo che la poesia sia, in primis, una folata di emozioni che vuole
comunicare l'io intimo, quell'alter ego di ognuno di
noi che può e deve amare il tutto, l'infinito eppure l'indefinito, il prossimo
suo, quello umano, sia esso adulto o bambino.
Spesso la poesia è un'analisi
introspettiva in correlazione con l'esterno che inevitabilmente ci condiziona.
E' un modo di restare aggrappati alla terra cercando tuttavia di ascendere a un
cielo incerto e a cui pur tuttavia aspiriamo. Questo accade anche per te, ma si mescola a
intenti civili tesi a migliorare la vita dell'umanità, ad appianare
disuguaglianze, a porre rimedio alle tante troppe ingiustizie. E' presente anche
in questa tua silloge e al riguardo basti leggere la
riuscitissima Il bambino con la chiave per comprendere ciò che
ho inteso dire. Ma ce ne sono altre, ancor più esplicite e circostanziate,
come Nel Darfur
a un bambino. Queste mie parole sono in effetti
prodromi a più di una domanda, ma non voglio infittire oltre ogni misura il
discorso e pertanto mi limiterò alla prima, almeno per ora. Ho notato che
sovente la tematica ricomprende il mondo
dell'infanzia, i bambini, in pratica il futuro, se quelli delle tue poesie
avranno un futuro.
C'è un motivo particolare se ricorri a
questi piccoli protagonisti?
Mi auguro
davvero che tutti quei bambini di cui ho voluto parlare e ricordare in tanti dei mie pensieri poetici, possano andare avanti nella loro
vita e, come ben sai, non sono pochi....ma milioni di anime!, assieme alle loro
mamme.
Certo, dici bene, la poesia è analisi introspettiva per chi vi si dedica,
per me è anche e comunque il cantare e raccontare di sentimenti, di emozioni,
di cui ognuno di noi può esser padrone e viverne.
La poesia la si può dedicare a mille e una
essenza, dall'amore all'odio, dalla speranza alla realtà, dall'umanità
all'indifferenza, ma sempre creata e fatta crescere in questa nostra Terra,
piena del tutto e anche del.. .niente!
E quando ne scrivo mi guardo sempre intorno,
complice il silenzio e la solitudine e con loro due divento UNO e ALTRO.
Quel “Bambino con la chiave”, sì, ha dato respiro e anima alle altre
pagine. L'ho pensato e, se vuoi, ti dico che l'ho anche sofferta, quella
poesia, scrivendola, ma credo fermamente e in quel bambino e in quella chiave.
E chi mi leggerà ne capirà tutto il significato.
Per
quanto questo tuo libro sia una raccolta di sillogi, a cui
tu giustamente hai provveduto a dare un titolo, e quindi con tematiche non
uniformi, fra le quali, quasi d'obbligo, la memoria, ho riscontrato in più di
una poesia una vena d'amarezza, più o meno accentuata, come per esempio in
questa, di cui riporto gli ultimi versi: “ …/ Non ho sotterrati
O la memoria / che veglia su di me /
pegno d'amore / per una vita semplice / dedicata a tutto / piena di niente.”. Certo è del poeta
farsi carico, come proprie, delle pene di un mondo più che imperfetto e alla
fine resta un senso di vuoto, di incompiutezza, come se la vita fosse trascorsa
per niente. E invece il poeta ha la sua funzione, ha la missione di parlare per
altri, di sollevare i veli di ipocrisia, di difendere
chi non può difendersi e, anche se spesso il risultato non sana il problema,
l'aver tentato con tutte le proprie forze finisce con il dare un senso di
pienezza alla vita, pur con la malinconia per la quasi inutilità dello sforzo.
Sei di questa
opinione?
Ecco, anche se le mani, intese come azioni
del poeta, così definito, sono vuote, a qualcosa saranno servite, ovvero a quello scrivere di una vita normale, amara o dolce,
ma vissuta in funzione del divenire della stessa, dello stesso vivere a cui ho
tentato di dare un significato alto, quello del senso della vita, nel quale ho
sempre creduto.
Se ho fatto del bene, beh!, questo non lo saprò mai, ma di certo rimarranno questi
miei pensamenti in versi anche e soltanto ai miei figli e nipoti che avranno
memoria per rileggere e ricordare qualcuna delle mie poesie.... ahimè!, misera
eredità!
L'amarezza esiste perché in contraddizione
col suo contrario, come la luce al buio, come il Bene al Male ed essa,
comunque, dovrebbe avvolgere ogni nostra buona azione, creata o ricreata, per
dimenticarla..
Chi, come me e noi, scrive di poesia, è
convinto della sua coscienza e sopporta di più il Male, quello universale, che
non il Bene, del quale, pare (!), godano tutti ma questo è dovuto alle mode
correnti del voler “sembrare”, quasi mai a quelle del voler “essere”, ed è per
questo, del Male, che ne parla e ne scrive sempre, lasciando intravvedere,
però, alla fine, quell'esile filo di speranza, anche questa a rischio di essere
rubata.
“La vuotezza” (si può dire?) riempie il
mio spirito, quell'alter ego che è e staziona in
ciascuno di noi, che parla, che comunica, che trasmette, spero non invano.
Dunque concordi e la vita ha un senso
solo nella misura in cui ci si raffronta con lei e ci si impegna
per cercare di renderla migliore. Per dirla con De Coubertin,
l'importante è partecipare, quali che siano poi i risultati. Certo che questo
tuo libro raggruppa un numero considerevole di poesie, se pur raccolte in
sillogi, e non è improbabile che sia la produzione di diversi anni. Mi sarei
aspettato anche più di una lirica per la tua terra, ma probabilmente ti sei
volutamente limitato, onde mantenere un comune filo
logico, indipendentemente dalle tematiche affrontate. E queste sono ben
disposte, tanto che giustamente la silloge “E si fa sera” appare per ultima.
L'incombenza di un buio è evidentemente più forte mano a mano
che si procede con l'età; però, a scansare ogni dubbio ai lettori, in questi
versi non c'è un'intensa sofferenza o una marcata tristezza, ma una velata
malinconia, propria di chi si è reso consapevole che la sua vita non è
trascorsa invano, insomma è presente una moderata soddisfazione.
È così?
La vita ci è donata e chi nasce
ha il diritto-dovere di viverla o, se vuoi, di saperla vivere e, possibilmente,
nel migliore dei modi. Bisogna “partecipare”, mai esserne vincitore per forza
o, peggio, per inganno.
In questa silloge le poesie sono tante, alcune sono
del 2008, altre recenti come “Il bambino con la chiave”, apprezzata da tanti
per il suo contenuto, vero, direi attuale e reale.
Sì, hai ragione, della mia Isola parlo poco anche se la vivo nelle sue cose piccole piccole, magari abbandonate o quasi, come e quando scrivo
di quel borgo minerario chiamato Argentiera, amatissimo da me e da pochi altri.
Ho creato quelle sezioni, nel libro, perché in ognuna
c'è una parte di me, vissuta, conservata, sofferta, pensata e non a caso, visto che le mie primavere stanno arrivando, in quel
pallottoliere della vita, a contare le rimanenti palline...
La mia non è sofferenza, nemmeno tristezza, quando
scrivo.
Credo, e ne sono convinto, di partecipare alla vita,
assieme a quella degli altri; non voglio arrivare ad avere appesa
al collo una medaglia, voglio essere e rimanere quello che sono stato, da
sempre, un essere umano, un uomo normale, fatto di sentimenti, di emozioni, di
attenzioni al tutto e ai tutti e, lasciamelo dire, anche di commozioni.
Noto che abbiamo una visione comune, che,
lasciamelo dire, è quella di uomini che cercano di esserci senza forzatamente
apparire, e soprattutto di essere sempre se stessi.
E siamo all'ultima domanda.
Questa silloge è il compendio di tante poesie e
non è improbabile che ricomprenda tutte quelle da te scritte e prima non
pubblicate. Ciò non toglie che magari ce ne siano altre lì già pronte, altre
che sono in gestazione, senza contare quelle future.
Insomma, per farla breve, hai in cantiere qualche
altro libro, magari anche solo in prospettiva?
Le mie raccolte
di poesia, in pratica, non hanno un tempo, l'hanno vissuto e tutt'ora
lo vivono, cercando di ricordarlo in quelle dimensioni umane che si possono
"allargare o stringere", dipendendo, questo, dallo spazio necessario.
Per un altro libro il cantiere è aperto, altre poesie vorrebbero avere
libertà e l'avranno, quando non lo so. Ma una silloge
nuova è sicura, è titolata FRAMMENTI DI-VERSI, e alcuni di questi si possono
già leggere visitando il mio blog. Ma è solo l'inizio.
Grazie, Gavino, per l'interessante conversazione. Mi
accommiato augurandoti che questa nuova silloge trovi un più che positivo
consenso fra i lettori, perché lo merita senz'altro.
Nelle
falesie dell'anima
o delle umane emozioni
di Gavino Puggioni
Prefazioni di Luca Foddai e Danila Oppio
Il disegno di copertina è di Debora Cabboi
Edito in proprio
Poesia
Pagg. 120
Prezzo € 13,00
Il libro
potrà essere ordinato direttamente all'indirizzo email dell'autore: puggioni.gavino@tiscali.it al costo di euro 13. L'autore sarà felice di inviarvelo, se lo
desiderate, con una dedica personalizzata.