Intervista
a Sabrina Campolongo, autrice del romanzo Il cerchio imperfetto, edito da Edizioni
Creativa.
Quando ho scritto la
recensione della tua raccolta di racconti “Balene bianche” avevo concluso
dicendo che mi attendevo una conferma con un'altra opera, magari un romanzo, e
ciò è avvenuto puntualmente.
Ci vuoi parlare un po' di
questo tuo lavoro?
“Il cerchio imperfetto” è
nato più o meno nello stesso periodo in cui scrivevo i racconti che poi hanno
composto Balene bianche. Ho iniziato a scrivere questa storia, ho iniziato a
scrivere di Francesca, la protagonista, e delle persone che stavano nella sua
vita.
Ho scritto pagine e pagine
e poi mi sono fermata. Non per il leggendario “blocco creativo” (io almeno credo che
sia una leggenda, ritengo invece che ci
sia sempre un motivo, se una scrittura si blocca), ma realizzando che non
potevo ancora scrivere quella storia come andava scritta. In realtà non avevo
ancora compreso appieno Francesca, per questo non sapevo dare un senso al suo
percorso.
Ho atteso. Il romanzo è
stato fermo per diversi mesi, finchè i protagonisti
(lei per prima) hanno ricominciato a parlarmi. Della loro storia, delle loro
mancanze, di quel buco dentro che non si può colmare fino all'orlo, ma con il
quale forse si può convivere.
Non sono brava a dire “di
cosa parla” un mio scritto. Credo che, dal momento in cui è libro, la mia
storia non mi appartenga più, per cui sarebbe più corretto che fosse un lettore
a parlarne.
Per questo scelgo di
“prendere in prestito” le parole di una lettrice d'eccezione, donna di grande
sensibilità e scrittrice di grande talento.
Lei è Rosella Postorino, autrice de “La stanza di sopra”, che ha regalato
a questo romanzo un'introduzione potente e piena di grazia, come è la sua
scrittura.
“ […] Un romanzo di negazioni, prima
che di doni.
Un romanzo di negazioni affastellate che non impediscono persino doni grandi.
Francesca, la protagonista, da piccola era «la bambina esclusa e
violenta» che nessun «bambino biondo» arrivò a liberare «dal suo odio». Oggi è
una pittrice affermata. Della donna che l'ha abbandonata, sua madre, ricorda
soltanto gli odori corporali, tutto quello che possiede è l'odore del sesso di
sua madre a cavalcioni sul bidet, la consistenza
ruvida del suo cappotto mentre la bambina – che in futuro Francesca
intrappolerà in un quadro – strofina addosso a lei le sue lacrime, pregandola
di non andare via, ancora inconsapevole che non tornerà mai più.
Oggi Francesca ha un ex-marito che vive oltreoceano. Ha tre amiche
diverse tra loro che hanno in comune il nome di un fiore e la ricerca della
propria identità – sessuale, emotiva, relazionale – come il tentativo di
chiudere il proprio personale cerchio.
Oggi Francesca è sola, accoglie un uomo selvatico nella sua vita
– nella sua carne – ogni volta che lui spunta nuovamente da chissà quale
altrove oscuro, da chissà quale fatica quotidiana di vivere. E forse si è
innamorata, sì, crede di essersi innamorata di un altro uomo, un uomo più
giovane di lei. Il ragazzino biondo, quello che avrebbe potuto tenderle la mano
dentro l'orfanotrofio, oggi sembra essere arrivato, si è intrufolato a forza
nella sua vita, d'improvviso. Dentro il quadro della palla arancione, lui ha
intravisto un po' di Francesca, e gliel'ha raccontato, fino a farle paura.
Oggi Francesca ha un figlio di quindici anni, rinchiuso in una
clinica perché autistico, un figlio che potrebbe dirsi imperfetto e che per lei
è come un albero venuto su così, non immagina possa essere diverso. La palla
arancione che grida sulla tela è, in fondo, il suo ritratto. Lo sapeva, dice
della sua malattia Francesca, lo sapeva che «la felicità non sarebbe mai
durata».
Per Francesca la felicità non dura mai a lungo, e quando la sua
amica Marga sparisce senza lasciare traccia di sé,
senza avvertirla, è l'ennesimo «pezzo» che Francesca sente di perdere, è
l'archetipo dell'abbandono che si re-incarna per l'ennesima volta. E quando
Massimo, il ragazzo della galleria sconvolto dalla palla arancione, inizia a
mandarle poesie per e-mail ma poi per giorni non si fa sentire, non risponde,
si nega a lei, il «mostro» torna a farle visita, col suo kit strappa-vita di formicolii, fischi acuti nell'orecchio,
sudori freddi, paura di impazzire.[…]”
Tu sei molto impegnata ad
aiutare i più deboli, i più reietti da una società che, o accetta la normalità,
o la esclude come se non esistesse. In questo romanzo hai dato vita a un
personaggio che sembrerebbe rientrare fra gli esclusi. Secondo te, i diversi, i
respinti, dovrebbero essere accolti in una società che fa dell'omologazione il
cardine indispensabile per esserne parte, o è più probabile che questi esseri
umani possano insegnare al mondo come la vita possa essere diversa e
migliore?
Non so se posso rispondere
a questa domanda. Nella “vita reale” io ho fatto pochissimo, e quasi per caso,
per i più deboli, ho cercato come ho potuto di aiutare un ragazzino che in
qualche modo è finito sulla mia strada, tutto qua, e sono riuscita a fare per
lui molto meno di quanto sperassi, molto meno di quanto lui ancora necessiti.
Mentre scrivo non ci
penso, non scrivo con l'idea di lanciare un messaggio, scrivo di persone che mi
dicono delle cose, e sì, molto spesso sono degli esclusi.
In questo romanzo, in
particolare, credo di poter dire che tutti
i personaggi rientrano, chi per un verso chi per un altro, nella categoria.
A cominciare da Francesca,
che ha così paura di avvicinarsi alle persone che riesce ad amarle solo a
distanza, attraverso la sua arte, e poi il personaggio a cui ti riferisci tu,
Viola, nata uomo, e poi Marga,
che è passata da un rapporto compulsivo con il cibo ad un altro,altrettanto
malsano, con il sesso, e Cesare, che vive una vita disordinata e
autodistruttiva fuori dai margini della legalità; Massimo, che, dall'interno di
una vita confortante e serena sogna la fuga che non avrà mai il coraggio di
intentare, e, più di tutti, Denny, il figlio fragile di Francesca, bloccato nel
corridoio disadorno della malattia mentale.
Forse perché per prima mi
sento “inadeguata” per gli standard di questa società, provo un'istintiva
simpatia per tutti quelli che, come me o in modo ben più evidente e drammatico,
non ci sanno stare, o non trovano posto perché è la società stessa che li
respinge, oppure li relega in un angolo di sua scelta, di solito in quello che
riserva ai fenomeni da osservare, con un misto di divertimento, disgusto e
morbosa curiosità, in quello delle bestie rare, o in quello in cui poter
pescare quando si ha bisogno di mostrare un po' di pubblica pietà.
Io penso che il dover
affrontare più difficoltà degli altri, cosiddetti “normali”, spesso renda
migliori degli altri, ma credo anche che la grandezza stia anche nel credere di
non avere niente da insegnare a nessuno, come caparbiamente ripeteva il
grandissimo Fabrizio De Andrè, a tutti quelli che pretendevano di farne una
specie di guru.
In precedenza hai
pubblicato con la casa editrice Michele di Salvo, mentre ora questo tuo libro
esce per i tipi di Edizioni Creativa. Come ti sei trovata con questo nuovo
editore?
Sono approdata a Creativa,
e a Gianluca Ferrara, per vie traverse, anzi per la “via maestra” di Francesca
Mazzucato, che dirige la collana Declinato al femminile, della quale fa parte,
con mio grande orgoglio e pari emozione, Il
cerchio imperfetto.
Non voglio fare
sviolinate, dico solo che è un grande dono trovare un editore che davvero
apprezza il tuo lavoro, che sa parlartene in modo da emozionarti, e che è
sempre a tua disposizione (direttamente e personalmente) per risolvere ogni tuo
dubbio, per pianificare le cose assieme, per darti un parere, un consiglio, o
anche solo per condividere con te i risultati che state ottenendo assieme.
E non è solo questo a fare
di Gianluca Ferrara un editore atipico. Il suo rapporto empatico e umano con “i
suoi” autori si completa e si allarga nel suo impegno
diretto e attivo nel sociale.
Progetti, ovviamente
letterari, per il futuro ce ne sono?
C'è un progetto concreto,
che riguarda un mio giallo, fermo nel cassetto da
troppo tempo a causa di un editore assolutamente inaffidabile e della mia
inesperienza, quando ho scelto di dargli fiducia (all'editore, non al giallo).
Pubblicarlo, forse anche con Lulu.com, sarà una specie di ammenda dell'autore
verso la sua storia, e un regalo verso diversi amici che l'hanno letta in
dattiloscritto e che mi chiedono con una certa insistenza il seguito.
Oltre a questo, non ho in
mente altro che scrivere. Senza scadenze e senza obiettivo altro che la
scrittura in sé, per il momento. C'è una storia che preme per disvelarsi e prendere forma, e non voglio altro che darle
spazio, e tempo. Quello che ci vorrà.
Grazie, Sabrina, e
ovviamente auguri per il tuo libro.
Il cerchio imperfetto
di Sabrina Campolongo
Edizioni Creativa
Narrativa – romanzo
Pagg. 182
ISBN: 978-88-89841-43-3
Prezzo: € 12,00