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  Libri e interviste  »  L'intervista di Renzo Montagnoli a Gavino Puggioni, autore di “Nel silenzio dei rumori”, edito da Magnum Edizioni; 28/02/2009
 

Intervista a Gavino Puggioni, autore della raccolta poetica Nel silenzio dei rumori, edita da Magnum Edizioni.

 

 

Nel silenzio dei rumori, un titolo strano, quasi un ossimoro. Ce ne vuoi parlare?

 

"Nel silenzio dei rumori" è un titolo che mi ha fatto pensare e non poco, per non dire "soffrire" nell'intimo.

Mi spiego anche perché stavo creando quell'ossimoro non artefatto ma pienamente cosciente del significato.

Perché silenzio? E' quello che ho sentito, e non solo io, da molti anni a questa parte. Il silenzio sulle cause vere e sugli effetti veri di tante guerre, comprese quelle inventate per giustificare la barbarie della solita potenza, il silenzio sui morti civili, sui bambini, sugli anziani, uomini e donne, ammazzati e dimenticati, il silenzio sulla fame, sulla sete, sulle malattie che nostri simili hanno sopportato e stanno ancora sopportando. Il silenzio sulle mille e una ingiustizia, mai giustificabile, lasciata ai maremoti dell'indifferenza.

Perché rumori?

Perché solo da questi ci siamo lasciati prendere. Rumori che hanno coperto e coprono pianti e dolori, buttati nell'oblio anche di una improbabile storia moderna, i rumori dell'inutile, dell'effimero, dell'abbondanza, della moda a tutti i costi, i rumori del menefreghismo, questo sì, globalizzato.

Ecco perché il silenzio continua ad accompagnarci in questo mondo di rumori.

Facciamolo parlare, il silenzio!

 

 

Giustamente hai rilevato che il male peggiore è costituito dall'indifferenza, provocata da un certo livello egoistico che porta a interessarci solo di noi e creando di fatto un'incomunicabilità che finisce con il renderci infelici.

La tua attenzione per i bambini penso sia da ricondurre alla loro immagine di esseri non ancora del tutto asserviti al sistema, già vittime, ma con la possibilità di rappresentare un futuro più umano.

E' così?

 

Sì, viviamo nel mondo della non comunicazione anche se si vuole asserire il contrario.

I bambini come vittime? Certo che lo sono! e fin dalla nascita, purtroppo! Nascono nel sistema, comunque esso sia e lì sopravvivono, bene o male, più male che bene, visto che io identifico questi nostri bambini nelle immagini della sete e della fame e dell'abbandono.

Ricordiamoci che loro dovrebbero essere, come sono, il futuro del mondo, con tutto l'amore per gli anziani che invece sono la nostra memoria.

 

 

Insomma, la tua è una visione di un mondo di lupi e di agnelli, opinione che condivido. Quali speranze e possibilità ci sono per un cambiamento, ovviamente in meglio?

 

Quel mondo di lupi e di agnelli, lo sai, esiste dal buio dei tempi andati, ma, allora, non esisteva la comunicazione, se non i segni e le orme di chi ancora prima era "passato".

Oggi, vivaddio, la comunicazione c'è, e come!, e noi due, in questo momento, ne stiamo dando un piccolissimo esempio.

Quali speranze? Nel mio pessimismo mi auguro, per tutti ma in primis per i giovani, che questo mondo cambi all'insegna del rispetto del prossimo, dell'Amore, che cambino soprattutto i rapporti umani, anzi tra umani ché tutti tali siamo, restituendo, anche piano piano, tutto quello che la nostra ricchezza ha rubato alla povertà dei paesi così detti poveri.  Speranze? Uguali ad utopie? Spero di no.

Il cambiamento dovrebbe essere una logica conseguenza a quanto prima detto.

 

 

Penso che nel corso della tua vita avrai letto molte poesie. Qual è l'autore che più ti ha influenzato?

 

Le prime poesie lette, mi riferisco a quelle delle scuole medie, sono state di Carducci, Leopardi, Pascoli, Foscolo ed altri che mi han lasciato "segni" più tardi, dai 18 anni fino ai 21. Da quei "segni" sono nate, allora, un centinaio di poesie, solo alcune pubblicate, mentre andavo scoprendo gran parte della letteratura russa dell'ottocento, che mi ha affascinato e alla quale devo molti dei miei pensieri.

E dopo J. Prevert, Montale, Ungaretti e dopo ancora Edgar Allan Poe, la cui poesia mi ha davvero "trascinato" per la sua cruda bellezza, per la sua attualità di comunicazione poetica.

 

 

Dopo i grandi poeti di un ancor recente passato, e mi riferisco a Quasimodo, a Montale, a Ungaretti e a Luzi, attualmente il nostro paese non sembra abbia ancora trovato non solo dei degni eredi, ma correnti uniformi che sappiano dare a quest'arte una contemporaneità che possa essere definita tipica di un periodo. Sei di quest'idea? E se sì, cosa pensi che sia necessario affinché gli autori  rispondano alle esigenze di questo secolo appena iniziato? Se no, invece, ti prego di fornirmi la motivazione.

 

Domanda a cui è difficile dare risposta certa.

Sì, è vero che sulle orme di quei Grandi non s'è proposta alcuna personalità,  pur facendo una piccola eccezione per la Spaziani e la Merini, aggiungendo anche Tiziano Terzani.

Ma siamo in altri mondi, con realtà diverse.

Eredi, in pectore, ce ne sono tanti, tantissimi, forse troppi.

Oggi c'è un popolo di poeti e narratori a scrivere poesie e non so se fuori d'Italia esista questo fenomeno.

Ci sono, i poeti, ma non c'è, come avveniva in passato, una corrente di pensiero da unirli, anzi c'è il contrario. Perché?

Secondo me, sono troppo intimisti, di un loro credo quasi integralista nei loro versi, per cui loro non si espongono, non si confrontano e non so se per "paura" o "gelosia".

Personalmente io sono per l'unione, di noi che scriviamo, per la  ri-unione delle nostre esperienze poetiche, sono disposto al confronto perché siamo, sì, tutti uguali, ma diversi nell'io parlante o scrivente nei sentimenti espressi.

Ho qualche amico-poeta e posso tranquillamente dire che ci leggiamo a vicenda e ci confrontiamo e nelle parole e nei modi di esprimerle.

Infine, oggi più di ieri, la poesia vale, vale se valida, se comunica, se trasmette, se è reale e realistica. Deve essere spontanea, non artefatta, fatta anche di ricordi, ma deve essere poesia dell'anima di colui che la scrive.

 

 

Hai qualche progetto in corso di realizzazione e, se sì, ci puoi indicare in che consiste?

 

Il progetto c'è ed è già realizzato, sulla carta. Si tratta del mio quarto libro, il terzo dedicato alla poesia e s'intitola LE NUVOLE NON HANNO LACRIME, scritto da gennaio a dicembre del 2008.

Cito la motivazione che mi ha indotto a dare tale titolo:

"Mi sono spostato dalla Terra, come un folle in cerca della sua luce, ed ho chiesto ospitalità alle nuvole che non hanno essenza se non quella che il Cielo ad esse dona...... e sono stato accontentato"

Per questo libro sto cercando un Editore che mi faccia spendere il meno possibile.

 

 

Grazie, Gavino, e mi accomiato con gli auguri per questa tua ultima silloge, nonché con l'auspicio che alla stessa ne seguano altre.

 

 
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