Intervista di Renzo Montagnoli a Salvo Zappulla, autore del romanzo In viaggio con Dante all'inferno, edito da Fermento.
Mi aspettavo un romanzo puramente satirico, magari con qualche fiondata
anche eccessiva, e invece mi sono ritrovato un testo permeato di ironia che
prende a pretesto l'inferno dantesco per rappresentare l'attuale realtà. E' un
modo originale e anche piacevole affinché tu potessi avere la possibilità di
dire la tua opinione sulla società italiana contemporanea. Come ti è venuta
l'idea di questo libro e quale è stata la sua genesi?
So che ti sembrerà difficile crederlo
ma ha fatto tutto lui...il Vegliardo...il Sommo...mi è
apparso in sogno, una notte di agosto, e mi ha chiesto di riscrivere
insieme questa parte del suo capolavoro,
poiché (parole sue) lo riteneva ormai
superato dai nuovi e più attuali peccati. Io mi sono limitato a scrivere sotto
sua dettatura, in uno stato di ipnosi.
Ammettiamo che il sogno raccontato nel libro sia effettivamente
avvenuto, ma si sa che ciò che elabora e scarica in tal modo il cervello nelle
ore notturne è frutto di riflessioni avvenute, magari inconsciamente, da
svegli.
Ora questo inferno, più che dantesco, mi sembra zappullesco, nel senso che presenta notevoli affinità con
la situazione reale e anche la descrizione di certi personaggi è abilmente
camuffata per non incorrere nei loro strali, così che ho avuto più volte
l'impressione che situazioni e protagonisti fossero frutto di un'esperienza
diretta e vissuta. Insomma, trasportata
nell'ambientazione dei gironi infernali, c'è l'Italia dal dopoguerra a oggi. E'
così?
Bhe, sì, ci sono quarant'anni di
nefandezze e di malgoverno, ci sono le miserie umane, personaggi che non si
rendono conto del loro ridicolo. E c'è tanta amarezza nel constatare l'uso che
l'uomo fa del pianeta Terra. Tutto ciò ho voluto raccontarlo senza scadere nel
moralismo spicciolo, attraverso la satira. In quanto a camuffare i personaggi,
non è stato per timore dei loro strali ma per non scadere nel phamplet, rischiando di legare il testo al tempo
contingente.
Più che satira io direi
ironia e c'è una bella differenza, perché la prima muove alla risata,
notoriamente liberatoria, tanto che finisce così la sua funzione; la seconda,
invece, induce al sorriso, notoriamente più blando, ma che è frutto di un
metabolismo mentale che porta a una riflessione, a un'elaborazione del testo, e
in quanto tale perpetua lo scopo dell'autore.
Il finale, che non
anticiperò per ovvie ragioni, sembrerebbe confermare il concetto che ho esposto
prima. Comunque, l'ovvia conclusione è il risveglio, anche se…e non aggiungo
altro. Il personaggio di Dante è ben diverso da quello che ci immaginiamo
leggendo la sua Divina Commedia. Più che invecchiato, è spaesato, quasi che gli
eventi attuali l'avessero travolto, al punto da considerare perfino migliori i
personaggi, pur negativi, della sua epoca.
E' corretta questa
interpretazione?
E' corretta. Prova a immaginare un uomo del 1300 catapultato in
questo guazzabuglio che è la nostra epoca. Chiunque ne verrebbe travolto.
Povero Dante, forse l'ho un po' maltrattato ma sempre con affetto. D'altra
parte se l'è andata a cercare. Chi glielo ha detto di venire a rompermi le
scatole?
Quindi, come avevo intuito,
Dante si trova in stato quasi confusionale anche perché rappresenta la tua
coscienza come interlocutore in questo viaggio in un inferno che possiamo
definire terreno. Secondo te, questa nostra società priva ormai di valori
fondamentali è tendenzialmente amorale, o immorale?
La mia coscienza critica è ancora ben vigile, magari con
l'avanzare degli anni certe baldanze, certi istinti rivoluzionari tendono ad
acquietarsi ma la capacità di indignazione rimane. Questa società non è
peggiore né migliore di quella di ieri, la coscienza dell'uomo rimane la
stessa. Si evolve. L'essere umano acquista sempre maggiore consapevolezza delle
proprie capacità e le adopera per il proprio lucro nella maggior parte dei casi
e per realizzare anche
qualcosa di buono. Qual è il limite tra ciò che è morale e ciò
che è immorale? Non esiste una linea di demarcazione. Tutto viene demandato
alla nostra coscienza, all'educazione ricevuta.
La risposta mi sembra un po' vaga, anzi,
se mi permetti, evasiva. E' vero che l'evoluzione della specie non ha
comportato un miglioramento delle tendenze dell'uomo portato a cogliere
opportunità che lo avvantaggino sugli altri, a danno di questi. Però la
speranza italiana del nuovo, che è partita con grandi entusiasmi alla fine
della guerra, si è via via afflosciata e ora
assistiamo a un generale imbarbarimento, in un modello di società dove
l'apparenza, che non è mai sostanza, prevale su tutto.
Non esiste certo una
linea di demarcazione netta fra ciò che si intende per moralità e ciò che si
considera immoralità. Purtroppo quella che sta prendendo piede è l'amoralità,
cioè l'incapacità di distinguere fra ciò che è bene e ciò che è male, frutto di
una completa ignoranza in materia.
In questo senso, il tuo romanzo,
un vero e proprio inferno in terra, riflette questa discrasia fra
consapevolezza e ignoranza a distinguere proprio in Dante, che non riesce più a
discernere fra peccatori e custodi, e in questo senso è emblematico il
colloquio finale con il “direttore”, il cui contenuto ignoriamo, ma dei cui
toni accesi sappiamo.
Concordi?
Mah, non lo so se l'incapacità di distinguere fra ciò che è bene e
ciò che è male sia frutto dell'ignoranza. Se a una ragazza si promette di
andare a fare la velina in cambio di una performance sessuale e lei accetta, sa
bene cosa fa. Se un rappresentante delle
Istituzioni (un ministro o anche il famigerato “direttore”) si preoccupa più di
curare i propri interessi, piuttosto che quelli delle persone che lo hanno
votato, sa bene cosa fa. Convengo sul fatto che c'è un appiattimento dei
valori, la gente è disorientata, sfiduciata, quasi invitata a farsi furba e a
evadere tasse e leggi. Questi i segnali che si ricevono dall'alto oggi. Si
percepisce un senso di furbizia in chi ci governa che viene diffuso al resto
della popolazione. Diciamolo per intero: Berlusconi sta diseducando gli
italiani, sta inculcando l'idea che la furbizia, è importante più della
bravura.
Finalmente una risposta
chiara ed esauriente. Però non mi sentirei di dare la colpa solo a chi sta
diseducando gli italiani, ma anche agli italiani stessi che, per pigrizia
mentale, accettano supinamente. In fondo il tuo romanzo dovrebbe essere letto
soprattutto da questi, ma dubito che sappiano ormai cogliere la differenza fra
l'ironia e la battuta becera, e questo è veramente una tragedia. Chi non sa
ridere di se stesso è sostanzialmente un infelice e l'ironia è salvifica, non
tanto per una mia opinione, ma anche perché è così. Del resto Hermann Hesse,
con il suo Lupo della steppa, ha ben delineato il potere dell'ironia, quella
che tu hai usato, con molto garbo e con eccellenti risultati, in questo viaggio
con Dante. Penso che al riguardo non siano necessarie altre domande, per non
togliere il piacere ai lettori, ma ho voglia di farne un'altra su questo
libro. Dante, nelle tue pagine, è
completamente smitizzato, anzi sembra un pover'uomo, vittima del suo stesso
personaggio, e desta una naturale simpatia. Tu che ruolo hai voluto in effetti attribuirgli?
Siamo tutti pover'uomini. Dante (che da
lassù mi perdoni e mi perdonino i dantisti) è stato il mezzo per raggiungere il
fine.
Ci sono progetti
letterari in corso e, se sì, puoi fornirci qualche anticipazione?
Nel romanzo a cui sto lavorando è previsto un incontro con Dio,
anche Lui dovrà render conto di certe latitanze.
Grazie, Salvo, per le
esaurienti risposte e auguri per il tuo prossimo romanzo.
In
viaggio con Dante all'inferno
di Salvo Zappulla
In copertina Zappulla con Dante
elaborazione fotografica
di Ferdinando Scalamandrè
Fermento Editore
www.fermento.net
Narrativa romanzo
Collana Percorsi della
Memoria
Pagg. 170
ISBN: 9788889207581
Prezzo: € 12,00