Intervista
di Renzo Montagnoli ad Alessandro Mariotti, autore
del libro La toga sbiadita, edito da Agemina
Perché un magistrato in
pensione da più di un lustro decide di scrivere un libro così?
Ho iniziato a scrivere il
libro circa due anni fa quando ho avuto la disponibilità di maggior tempo
libero, anche se l'idea era maturata in me ancor prima, quando, ancora in
servizio, come ho accennato anche nel mio scritto, ho cominciato ad avvertire
un certo logorio fisio-psichico che ha contribuito, anche se non in modo
determinante, alle mie dimissioni dalla magistratura. Tuttavia ciò che
soprattutto mi ha spinto alla mia iniziativa editoriale, devo ammetterlo, è
stato il desiderio di togliermi un sassolino dalla scarpa, svelando l'inerzia,
per la salvaguardia del "quieto vivere", di importanti organi
istituzionali anche all'interno della stessa magistratura, rispetto
all'esigenza di estirpare la mala pianta dell'arbitrio, della prevaricazione ed
in definitiva dell'illegalità, che ha messo radici profonde nel tessuto delle
nostre amministrazioni statali e non solo. Al di fuori da ogni facile
populismo, ho inteso inviare un messaggio non solo ai giovani magistrati che si
apprestano a svolgere in condizioni sempre più difficili le loro delicatissime
funzioni, ma anche all'uomo della strada, sempre più spesso vittima di una
sistematica disinformazione, mistificazione e manipolazione informativa sulle
responsabilità della mala o denegata giustizia, a opera
dei giornali e soprattutto dalla televisione.
Quindi, quando si sente
dire che la nostra giustizia è malata, non si esagera per nulla, ma se i
sintomi sono facilmente riconoscibili (lunghezza estenuante dei procedimenti,
incertezza della concreta applicazione della pena, tolleranza per i reati
compiuti da determinati influenti personaggi), le cause e i rimedi sono quasi
sempre nebulosi nelle comunicazioni dei mass-media.
Di cosa soffre
esattamente la giustizia italiana?
La nebbia che circonda i
cittadini in ordine alle cause dei malanni delle
giustizia ed ai possibili rimedi non è casuale: è voluta, direi
preordinata, da chi ha interesse a non cambiare nulla o da chi pretende
addirittura - annullando i progressi che sia pure con difficoltà si sono
ottenuti negli ultimi cinquant'anni per eliminare almeno le più gravi e vistose
contraddizioni tra la legislazione in vigore, residuata dal vecchio regime
fascista ed il nuovo regime democratico come disegnato dalla Costituzione del
1948 ( una delle migliori al mondo, persino superiore a quella di Weimar,
adottata dalla Germania dopo la fine della prima guerra mondiale) - di controriformare il sistema giustizia, in sostanza
restaurando il verticismo e la gerarchizzazione all'interno della magistratura
allo scopo reale di limitare l'autonomia e l'indipendenza dei giudici; è
evidente che ciò fa comodo a chi vuole continuare a comandare e a fare affari
senza i lacci e laccioli delle leggi.
La verità è che, con la
scusa di combattere la politicizzazione dei magistrati, si vuole da più parti
delegittimare agli occhi del popolo un'intera categoria di servitori dello
Stato. A mio avviso una magistratura indipendente (anche se non irresponsabile)
fa paura a tutti, a destra, al centro, a sinistra, sopra e sotto; la vorrebbero
invece certamente i cittadini, ma nel nostro paese essi sono
in gran parte frustrati o politicamente impotenti.
Ciò non significa che
anche una parte dei giudici (fortunatamente minoritaria secondo la mia
esperienza) non abbia responsabilità e non certo quella attribuita loro da
denigratori interessati, ma invece quella che deriva da sacche di
impreparazione professionale, opportunismo, indolenza lavorativa,
corporativismo.
Quanto ai rimedi da
adottare, da molto tempo i giudici associati hanno indicato la strada da
seguire, proprio opposta a quella intrapresa da Berlusconi e soci negli ultimi
anni e ignorata anche prima dai precedenti governi.
In realtà, è mancata la
volontà politica, sia del centrosinistra che del centrodestra, di muoversi
nella direzione giusta, che è poi semplicemente quella dell'applicazione della
Costituzione.
Di quali riforme in
particolare ha bisogno il nostro sistema giudiziario?
E' un combinato di
interventi, che, se applicato, sarebbe in grado di risolvere finalmente i
problemi e questi consistono:
1) nella necessaria
revisione delle circoscrizioni giudiziarie, ai fini dell'abolizione dei
tribunali più piccoli (ben 88 su 165) e di una più razionale distribuzione
degli Uffici sul territorio che determinerebbe, da un lato, risparmi di spesa
e, dall'altro, una migliore utilizzazione del personale, sia di magistratura
che amministrativo;
2) nella riqualificazione
della spesa, convogliando le risorse finanziarie disponibili anche su
investimenti idonei a equiparare il nostro sistema giustizia agli standards dei paesi più progrediti dell'Europa, ad esempio
a favore dell'assistenza legale dei non abbienti, eliminando gli sprechi e
modificando l'anomalia di un bilancio ove il 70% appartiene alla spesa corrente
(essenzialmente per gli stipendi) e solo il 30% è adibito agli investimenti;
3) in una seria, radicale
riforma del Codice Penale, risalente al vetusto Codice Rocco, con un nuovo
testo che non solo adegui la scelta dei reati da perseguire e delle pene da
applicare in una democrazia moderna, ma soprattutto riservi la pena del carcere
ai delitti più gravi e preveda invece come pene principali e non semplicemente
accessorie quelle pecuniarie, e soprattutto una gamma di sanzioni penali non
restrittive, ma assai più certe ed efficaci (come le interdizioni, le sospensioni
le radiazioni, revoche delle licenze, le confische, il lavoro
non retribuito socialmente utile e simili);
3) nella riforma
dell'ordinamento giudiziario, per adeguarlo completamente al modello disegnato
dal Costituente e quindi all'irrinunciabile autonomia e indipendenza dei
magistrati, nell'interesse non di questi ultimi, ma dei cittadini tutti. La
legge dovrebbe davvero essere uguale per tutti, anche per quei privilegiati
eccellenti che, rossi, neri o azzurri, vorrebbero, stravolgendo la Costituzione,
se non addirittura reintrodurre quel sistema verticistico, burocratico e
gerarchico in vigore durante il regime fascista, far ripiombare i giudici in
quel limbo omologante di conformismo giurisprudenziale in cui si trovavano
negli anni '50, quando la nuova Costituzione del 1948 stava nelle soffitte (o
nelle cantine) non solo dei governanti, ma anche dei giudici e, segnatamente,
di quelli della Corte di Cassazione.
Una delle accuse mosse ai
magistrati, considerati unici colpevoli del malfunzionamento della giustizia, è
quella di lavorare poco, di essere insomma poco presenti in Tribunale. Premetto
che non condivido questa opinione, ma in effetti quale
è l'orario di lavoro dei giudici?
Nessuno è in grado di
accertare direttamente quanto lavora un giudice, neppure tramite le rilevazioni
statistiche che gli ispettori ministeriali, periodicamente e sistematicamente,
effettuano con le ispezioni programmate in tutti gli uffici giudiziari.
I dati contenuti nelle relazioni
ispettive possono solo essere significative della quantità delle udienze e dei
provvedimenti (decreti, ordinanze, sentenze) adottati da ogni singolo
magistrato, ma non certamente della loro qualità ed in definitiva del tempo
lavorativo da lui impiegato.
Innanzitutto va chiarito
che non esiste un orario di lavoro per i magistrati, a differenza di altre
categorie di dipendenti statali.
Certamente essi hanno
l'obbligo di assicurare la loro presenza fisica per partecipare alle udienze
prefissate e per ottemperare agli adempimenti e le incombenze, talora anche
urgenti, che la legge prevede siano effettuate entro certi termini. Ciò vale
sia per i Pubblici Ministeri che per i magistrati giudicanti.
Quello che la gente
comune dovrebbe sapere è che i magistrati non lavorano solo presso i Tribunali,
ma anche e prevalentemente a casa loro. Anzi è proprio qui che si svolge
l'attività più importante e delicata: lo studio delle carte, la riflessione, la
decisione e la stesura dei provvedimenti più complessi ed impegnativi.
Sostenere che i giudici
lavorano in media per quattro ore al giorno o anche meno ,
come è accaduto di recente, rappresenta una solenne sciocchezza da parte di
interessati denigratori oppure di soggetti così ignoranti e sprovveduti da non
sapere che essi lavorano, senza alcuna visibilità, anche e soprattutto a
domicilio.
Che poi vi siano non
pochi magistrati indolenti, infingardi e poco laboriosi non si può negare e la
cosa più grave è che il sistema di controllo per molte ragioni resta inefficace,
talora per carenze informative, talaltra e più spesso per colpevole connivenza
dei capi degli uffici, dei Consigli Giudiziari e dello stesso C.S.M., organi
tutti affetti da deprecabile corporativismo.
In pratica si verifica
purtroppo che le sanzioni disciplinari (censura, perdita di anzianità, ecc.)
vengano irrogate dalla sezione disciplinare del C.S.M. ai magistrati che,
venendo meno non al dovere di essere imparziali, ma a quello di sembrarlo agli
occhi dei cittadini, esternano sui giornali o alla TV le loro convinzioni
politiche magari opposte rispetto a quelle dei poteri dominanti e non anche a
quelli che si sottraggono ai più elementari doveri professionali lavorando poco
o male ed omettendo di aggiornarsi professionalmente.
Ciò detto, non posso però
fare a meno di sottolineare il fatto di aver conosciuto, nel corso della mia
trentennale carriera, sia direttamente in uffici giudiziari, sia in occasione
di incontri di studio organizzati dal C.S.M. giudici altamente operosi, alcuni
dei quali sino al limite della resistenza psico-fisica.
Insomma in magistratura,
come del resto in tutte le professioni, c'è un po' di tutto. Nel settore del
pubblico impiego di vagabondi ce ne sono tanti, ma non mancano anche lì quelli
che lavorano più del dovuto, al posto degli impiegati che sono perennemente
"fuori stanza" o a prendere il caffè o a leggere il giornale, con
buona pace del ministro Brunetta: perché allora prendersela solo con i giudici
lavativi?
Altra accusa rivolta alla
magistratura è quella di percepire una retribuzione sproporzionata rispetto
all'incarico ricoperto e ancor più al lavoro svolto effettivamente. Inoltre, la
gente ha la convinzione che le promozioni, insomma gli avanzamenti di carriera
siano il frutto di una mentalità corporativistica, nel senso che vengono decisi
autonomamente dalla magistratura stessa, sfuggendo così al controllo di un
terzo non di parte. Allora, arriviamo alle domande: la retribuzione dei giudici
è proporzionata all'incarico rivestito ed è suscettibile di variazioni in dipendenza
dell'attività effettivamente svolta? Per gli avanzamenti di carriera c'è un
criterio che tiene conto del merito effettivo?
In materia di trattamento
economico dei magistrati se ne sentono di tutti i colori ed i cittadini restano
frastornati nel caos informativo che regna sull'argomento, il quale tuttavia
presenta aspetti per molti versi obiettivamente complessi e assai articolati.
I magistrati ordinari e
talora anche quelli amministrativi dei Tribunali Amministrativi Regionali
(T.A.R.) si lamentano, qualche volta si sente dire dagli avvocati, che i
giudici hanno stipendi favolosi ed immeritati, i deputati e senatori dal canto
loro dichiarano che il loro trattamento economico è ancorato a quello dei
magistrati. Il risultato è che la gente comune non ci capisce niente e
percepisce solo, indifferenziatamente, l'esistenza di
scandalosi privilegi castali che accomunano giudici, politici, dirigenti.
Perfino gli addetti ai
lavori spesso stentano a districarsi nei folti cespugli di quella che appare
davvero come "una giungla retributiva", di difficile esplorazione
anche per le guide più esperte.
Addentrandoci dunque
nella selva, molto spesso volutamente "oscurata" dagli interessati,
per fare un po' d'ordine nella materia, cominciamo intanto a distinguere tre fondamentali
categorie di magistrati ordinari i cui appannaggi differiscono notevolmente:
1) magistrati ordinari
togati che svolgono funzioni giurisdizionali negli Uffici Giudiziari
(Tribunali, Corti d'Appello, Corte di Cassazione);
2) magistrati ordinari
fuori ruolo distaccati presso il Ministero della Giustizia, addetti a funzioni
amministrative e di consulenza legale, che vengono esercitate anche presso
altri Ministeri e presso una miriade di Enti Statali, parastatali ed enti
pubblici (territoriali e non, come la Presidenza del Consiglio dei Ministri, le
Regioni, il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro e simili);
3) magistrati
amministrativi dei T.A.R. e del Consiglio di Stato, magistrati contabili della
Corte dei Conti (refendari).
Per quanto concerne la
categoria di cui sub 1 i trattamenti economici sono correlati alle varie
qualifiche che vengono via via acquisite con il mero
passaggio del tempo, e quindi per mera anzianità senza demerito, in modo del
tutto automatico.
La retribuzione si compone
essenzialmente di tre voci: a) lo stipendio vero e proprio, b) l'indennità
integrativa speciale e c) l'indennità giudiziaria.
Per completezza si deve
aggiungere che in modo automatico avviene anche l'adeguamento della retribuzione
triennale (agganciata agli aumenti di stipendio del pubblico impiego), sia
l'attribuzione degli scatti retribuiti biennali all'interno di ciascuna classe
di stipendio.
Per i magistrati ordinari
le classi stipendiali sono le seguenti ( gli importi indicati sono mensili):
1) Uditore giudiziario
senza funzioni nei primi sei mesi di servizio
Euro al netto: 1.680,50;
2) Uditore giudiziario
senza funzioni, dopo sei mesi
l'indennità giudiziaria raddoppia,
passando da Euro 378,02 a
circa Euro 756,00; lo stipendio passa a Euro al netto: 1.826,77;
3) Uditore giudiziario
con funzioni
Euro al netto: 2.600,00;
4) Magistrato di
Tribunale,
qualifica raggiunta dopo tre anni dalla nomina:
Euro al netto: 3.200.00;
5) Magistrato di
Tribunale, dopo ulteriori tre anni di permanenza nella qualifica
Euro al netto: 3.500,00;
6) Magistrato di Corte
d'Appello,
qualifica conseguita dopo 13 anni dalla nomina:
Euro al netto: 4.500,00;
7) Magistrato di Corte di
Cassazione,
qualifica conseguita dopo 20 anni dalla nomina:
Euro al netto: 6.000,00;
8) Magistrato di Corte di
Cassazione idoneo all'esercizio delle funzioni direttive superiori,
qualifica conseguita dopo 28 anni dalla nomina:
Euro al netto: 6.341,00.
Ciò precisato, balza agli
occhi la grossa divaricazione tra la retribuzione dei giovani e quella degli
anziani cassazionisti, certamente superiore a quella
che si registra nei paesi come la Francia, la Germania, la Spagna. A mio
avviso, senza aumentare la spesa complessiva per gli stipendi, occorrerebbe
perequare la classi stipendiali aumentando quelle più
basse e diminuendo quelle più alte, anche se ciò appare del tutto utopistico in
un paese gerontocratico a tutti livelli e in tutti settori come l'Italia, in
cui i nonni, stante anche la crisi economica, spesso, oltre ai figli, devono
mantenere anche i nipoti!
Da sottolineare che le
retribuzioni sopra dette sono omnicomprensive, costituiscono cioè una somma
fissa, invariabile, completamente svincolata dalla quantità e qualità del
lavoro svolto, dal tempo impiegato e dalla tipologia delle funzioni espletate.
Fuoriescono da questo
quadro solo i trattamenti previsti per il Primo Presidente della Corte di
Cassazione, per il Presidente Aggiunto, per Procuratore Generale presso la
stessa Corte ed infine per il Presidente del Tribunale Superiore delle Acque
Pubbliche: organi apicali che fruiscono di eccezionali retribuzioni
particolarmente elevate rispetto a quelle di tutti gli altri magistrati
ordinari, compresi quelli investiti di incarichi direttivi.
Diversa la situazione
delle retribuzioni dei non pochi magistrati ordinari posti fuori ruolo, (di cui
si è detto sopra sub 2) i quali, oltre a fruire dello stipendio dei magistrati
in ruolo, godono di molti altri emolumenti e indennità extra, per cui in
pratica guadagnano molto di più, giacchè per loro non
vale l'onnicomprensività prevista per i magistrati dei Tribunali, delle Corti
di Appello e della stessa Corte di Cassazione.
Per quanto poi concerne
la categoria sub 3) va sottolineato il regime del tutto privilegiato dei
magistrati amministrativi e contabili, i quali, pur avendo una retribuzione parametrata su quella dei magistrati dell'ordine
giudiziario, fruiscono però di una progressione economica molto più veloce. Infatti essi, con la qualifica di referendario, cominciano a
percepire immediatamente, al momento della nomina, uno stipendio uguale a
quello dei magistrati ordinari di Tribunale con tre anni di servizio. Dopo soli
quattro anni dalla nomina, con la qualifica di 1° referendario, il loro stipendio
eguaglia quello di un consigliere di Corte d'Appello, con un anticipo rispetto
a quest'ultimo di ben nove anni. Lo stipendio pari a quello di un Consigliere
di Corte di Cassazione (per il quale il magistrato ordinario impiega venti anni
dalla nomina) viene raggiunto dopo otto anni dalla nomina.
Ma tutto ciò che ho
riferito in ordine alle incongruenze ed alle anomalie dei sistemi retributivi
dei magistrati impallidisce dinanzi al rilievo degli scandalosi guadagni
realizzati da una minoranza di loro per la partecipazione a collegi arbitrali.
Invero per i magistrati
ordinari il problema è stato risolto dal C.S.M. che ad un certo momento ha
deciso di rifiutare le autorizzazioni, ma per quelli amministrativi e contabili
è ancora aperta la strada per il conseguimento di incarichi arbitrali
enormemente lucrosi; infatti i compensi percepiti sono
ragguagliati ad una percentuale del 4 – 5% dell'intero ammontare del valore
delle controversie tra lo Stato ed aziende private, che spesso raggiunge le
centinaia di miliardi delle vecchie lire.
In proposito è stato
calcolato, ad esempio, che nel solo biennio 1991-1992 per arbitrati di un
valore complessivo di 1.052 miliardi di lire, 24 magistrati hanno incassato
compensi per circa 50 miliardi.
La risposta mi sembra più
che esauriente. Devo rilevare come nella carriera conti solo l'anzianità di
lavoro e non il merito, con il risultato che la retribuzione è la stessa sia
nel caso di un eccellente magistrato, sia nell'eventualità di un pessimo
giudice.
Comunque, dal punto di
vista economico gli emolumenti, se pur bassi nei primi anni, sono più che
soddisfacenti. E questo introduce all'ultima domanda.,
che poi in effetti sono due.
Per quali motivi un giovante laureato in giurisprudenza oggi dovrebbe
intraprendere la carriera di magistrato e che qualità sono indispensabili
affinché l'incarico possa essere svolto nel pieno rispetto della funzione?
Prima di rispondere alle
due domande che mi vengono poste ritengo opportuno fare una premessa e
raccontare un aneddoto:
a) la premessa consiste
nel sottolineare che vi sono molti modi di fare il giudice e di interpretarne
il ruolo. Alcuni di fatto si comportano come impiegati
dello stato e svolgono le funzioni giurisdizionali con la stessa mentalità di
un cancelliere o di un impiegato del catasto, voglio dire senza la
consapevolezza di essere investiti, per il solo fatto di essere giudici,
dell'estrema delicatezza e rilevanza del mestiere di applicare la legge in
conformità allo spirito della Costituzione e in particolare del principio
fondamentale contenuto nell'art. 3 (tutti i cittadini sono uguali di fronte
alla legge) e dunque con uno stile burocratico non diverso da qualunque altro
funzionario statale. Altri invece sono sensibili all'esigenza di essere consci
del loro alto ruolo istituzionale di fedeli interpreti della volontà del
legislatore e del Costituente, e quindi di dover anche valutare, prima di
applicare una disposizione di legge, se questa appaia o meno
in contrasto con le norme e i principi costituzionali;
b) l'aneddoto è questo:
all'indomani della barbara uccisione, da parte della mafia, del giudice
Chinnici, la vedova di questi fu intervistata da un corrispondente di un
importante giornale del Nord. Il giornalista le chiese che cosa ne pensasse dei
giudici siciliani: al che la donna rispose che essi si
dividevano in tre categorie: gli eroi, pari alle dita di una mano, tolte alcune
dita; i collusi con la mafia: pochi; tutti gli altri (probabilmente il 90%)
"tiravano a campà".
Ovviamente io non sono in
grado di valutare in che misura le personali opinioni della signora Chinnici
possano essere conformi alla realtà della magistratura
siciliana e quanto questa possa differenziarsi dal resto dei magistrati
d'Italia. Essendo notoriamente estraneo e del tutto refrattario a ogni anche
più larvato razzismo antimeridionalistico (mia moglie è siciliana ed ho sempre
ammirato alcune caratteristiche del popolo siciliano), ho le carte in regola,
da un lato. per affermare che di "giudici
burocrati" ce ne sono in ogni parte di Italia, e però anche per ricordare
che quando per me si trattò di scegliere la prima sede dove esercitare le
funzioni giurisdizionali, optai per il Nord, dove immaginavo di poter lavorare
più tranquillo, anche se in condizioni economiche meno agiate.
Passando quindi alle
risposte richiestemi, direi che ancor oggi, nonostante il deterioramento delle
condizioni non solo ambientali in cui il magistrato è chiamato ad operare,
sussistono validi motivi per i quali vale la pena di cimentarsi in una
professione che per moltissimi aspetti è diversa da tutte le altre, sia per il
livello intellettuale richiesto, che per il grado di autonomia dell'attività, la quale peraltro non ha mai carattere di routine.
Il giovane che guarda alla
magistratura non come ad una comoda sistemazione lavorativa in vista di una
facile carriera e di un'automatica progressione economica, ma a un nobile
servizio nell'interesse dei cittadini, deve considerare che dovrà affrontare
notevoli sacrifici e i rischi di impopolarità, isolamento, solitudine, spesso
anche nei confronti dei suoi colleghi.
Le doti che si richiedono
a un giudice degno di questo nome non sono solo quelle dell'autonomia,
dell'imparzialità, della terzietà, dell'equilibrio,
della preparazione, della diligenza, della laboriosità, ma anche, in specie
nella situazione attuale, del coraggio: quello di applicare la legge
senza guardare in faccia nessuno.
Grazie per le risposte veramente esaurienti. La saluto con l'augurio che il suo libro, oltre a incontrare i favori
del pubblico, possa essere utile per un'effettiva riforma della
giustizia nell'interesse di tutti i cittadini.
La Toga Sbiadita
Memorie di un giudice
di Alessandro Mariotti
Prefazione di Renzo Montagnoli
Edizioni Agemina
www.edizioniagemina.it
Collana I libri della memoria
Pagg. 144
ISBN 9788895555362
Prezzo € 13,00