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  Libri e interviste  »  L'intervista di Renzo Montagnoli a Maria Teresa Santalucia Scibona, autrice di La contesa dei vini, edito da Pascal 08/09/2011
 

Intervista di Renzo Montagnoli a Maria Teresa Santalucia Scibona, autrice della silloge La contesa dei vini, edito da Pascal.

 

 

 

Questo libro, che in effetti è un poemetto, è veramente divertente e un po' fuori dai canoni a cui ci hai abituato, quasi una vacanza artistica in cui evidenzi anche doti di spirito non comuni. Come ti è venuta l'idea di scrivere dei vini?

 

La cultura del bere che risale ai primordi della civiltà, mi ha sempre affascinato, ma la mia conoscenza dei vini era assai modesta. Ricordo però, che dopo la presentazione di un libro

del quale ero relatore,  ebbi il privilegio di conoscere  il Dottor Pasquale Di Lena,  Direttore dell'Enoteca Italiana di Siena.

Mi accorsi subito che avevo incontrato un personaggio straordinario dai mille progetti attuati  e in fieri, in varie parti del mondo e che avevamo molti interessi in comune

Il vulcanico Dr. DI Lena mi chiese se fossi disposta a presentare  il suo libro “ U Penziere”, raccolta di poesie dialettali molisane.

Tale  piacevole evento, organizzato dall'Associazione Culturale fiorentina “Gli Amici del Paiolo”, si svolse lunedì 7 ottobre 1991 a Bacchereto (Carmignano, nell'antica casa della nonna di Leonardo da Vinci).Dopo il mio intervento critico, l'attore Sergio Ciulli declamò alcuni testi. Durante la deliziosa cena oltre alle molte Autorità locali,conobbi alcuni giornalisti di New York,  insieme brindammo con i favolosi Vini di Carmignano , posati in bella mostra  sui tavoli della sala.

Nel viaggio di ritorno, Pasquale mi domandò se mi sarebbe piaciuto presentare nel Salotto della Cultura e del vino delle'Enoteca senese, i libri di famosi scrittori, da me conosciuti, al Premio Letterario Viareggio – Répaci. 

Iniziò così la mia ludica avventura con i più rinomati vini italiani.

 

 

E la conoscenza delle caratteristiche dei vini da te così ben tratteggiate nel poemetto è frutto di studi in materia o anche di una conoscenza diretta, vale a dire di un assaggio degli stessi?

 

La mia prima conoscenza è stata diretta.

Durante l'annuale settimana dei vini, l'Enoteca senese invitava a rotazione una regione diversa, non solo per far conoscere la coltivazione delle uve, le tecniche enologiche, la squisita bontà di tali nettari, ma spesso per dar modo

ai Presidenti delle Case Vinicole di valorizzare i prodotti gastronomici del loro territorio.

Potrei citarti decine di queste degustazioni divine !…

Ti parlerò di una in particolare che ricordo bene poiché

mi riguarda personalmente.

Per le manifestazioni, della 28° Settimana dei Vini -1994 indette dall'Enoteca, era stata invitata la  Campania, rappresentata da “Solopaca”, una delle più antiche Cantine Sociali della Regione Sannita.

Il nome deriva dall'omonima e ridente cittadina, in provincia di Benevento, che si adagia alle falde del monte Taburno.

In quell'oasi di verde, le viti ammantano le colline in estesi filari, punteggiati da sparse fattorie e antichi casali, invece  in pianura  predominano  ombrosi pergolati che si inoltrano sino all'abitato.

Nel pomeriggio del 6 aprile'94, alle 0re18,15, presso il Bastione San Filippo della cinquecentesca Fortezza Medicea, fu presentato il mio libro poetico“ Il Tempo sospeso”(1993) a cura di Giorgio Luti, Edizioni del Leone (Venezia).     

Oltre ai Relatori Sandro Briosi e Carmelo Mezzasalma, Docenti Universitari di Critica e Letteratura, introdusse la serata il Dr. Pasquale di Lena, Segretario Generale dell'Enoteca e ci parlò delle tante iniziative allestite.

Dopo seguì una mirabile degustazione di vini D. O. C della

famosa Cantina Sociale di Solopaca, accompagnata da altrettanti squisiti prodotti tipici locali come il caciocavallo dolce e piccante,i gustosi salumi del Sannio (capocollo, salsicce) i delicati torroni di Benevento  e altre prelibatezze che deliziarono gli intervenuti.

Durante la serata potemmo ammirare le nuove e simpatiche etichette dei vini ideate per l'occasione dal bravissimo disegnatore emiliano Ro Marcenaro .

Il fantasioso vignettista oltre ai vigneti e al paesaggio, aveva inserito nelle originali etichette alcuni animali.

Per “l'Aglianico” dal colore rosso rubino, una volpe che si aggirava guardinga tra i filari; per la “Falanghina”, vino bianco secco di colore paglierino e talora verdognolo, un fastoso pavone; per il corposo “Rosso Superore”, dal profumo di fragola muschio e viola, Ro aveva scelto la timida upupa.

Nelle cene di gala che allora, si svolgevano al Bastione angolare San Francesco, il sommelier addetto ai nostri tavoli ci spiegava con dovizia di particolari, le proprietà organolettiche dei vini, gli abbinamenti al cibo, nonché i diversi aromi e sapori che formano la caratteristica qualitativa di quelle straordinarie eccellenze.

Nei nostri lieti incontri conviviali, io dovevo limitarmi negli assaggi e spesso i miei tersi calici rimanevano pieni.

Però, ascoltavo affascinata l'esperto che ci svelava con rigore e competenza  quell'universo enologico sconosciuto.

In seguito,  per  acquisire una conoscenza più approfondita sui vini pregiati, mi sono documentata nelle riviste  che sempre abbondano sui tavoli e su alcuni libri dell'Enoteca.

 

 

E' vero: i tuoi versi trasudano una passione gioiosa che non può che derivare da un'esperienza diretta. Ne so qualche cosa pure io, invero modesto bevitore, ma da sempre orientato alla qualità e non certo alla quantità. Il vino ha una sua ben definita collocazione in ambito letterario e di volta in volta è visto come tormento oppure come estasi. E' evidente che il segreto sta nel moderarsi, ma quella capacità di aprirsi che può offrire un bicchiere di vino, quella leggerezza mentale che spesso ne deriva ne fanno anche un prodotto di meditazione. Al riguardo ne parla diffusamente Enzo Bianchi nel suo “Il pane di ieri”, e ne parla con rispetto, se non addirittura con amore come mezzo anche per comunicare, con quella modesta, ma importante disinibizione che sembra aprire porte che danno su universi sconosciuti.  Del resto l'episodio biblico di Noè che dopo il diluvio piantò una vigna con cui produsse uva, di cui bevve il nettare fino a ubriacarsi, non è visto come un atto riprovevole, ma anzi trapela nelle righe se non un invito esplicito a farne uso, almeno una benevola tolleranza, quasi a voler dire che il vino è uno strumento utile per conoscere se stessi e anche così per avvicinarsi a Dio.

Anche la storia romana, che abbondando di divinità in effetti riconduceva ogni uomo a una sfera a se stante, in un panteismo individuale, tributa al vino doti non comuni, è simbolo di allegria, di leggerezza d'animo e foriero di intime esplorazioni. Non a caso, peraltro, introduci i tuoi versi con quelli celeberrimi di Orazio, con quel famoso passo tratto dalle Odi.

Vengo alla domanda: al vino, oltre alle qualità gustative e alimentari, è possibile attribuire anche quella di quasi indispensabile strumento per rendere migliore la vita e per poter conoscere meglio se stessi?

 

Dopo aver valutato alcuni aspetti salienti dello stretto

legame  esistente tra la cultura, il vino e la poesia, ora mi chiedi se il nettare degli dei può allietarci e renderci felici.

Dall'alba dei giorni, il vino occupa un posto essenziale della nostra esistenza, poiché attraverso il suo allegro, invasivo calore celebriamo ed esterniamo i nostri momenti più significativi, non solo  i sentimenti, le emozioni, l'amore, le passioni affettive, civili e politiche, sono rese più ardenti e convincenti dopo i rituali brindisi.

Tale piacevole connubio, lo si applica ad anniversari, ai premi, ai riconoscimenti di carriera e ogni altra occasione conviviale da condividere, festeggiando con le persone care. 

Il frutto della vite rappresenta una splendida panacea,

persino per tutte le stagioni.

Il poeta greco Alceo  incitava gli amici a obliare ogni pena, con abbondanti libagioni. Nelle sue odi mirabili esortava a

 “ non piantare alcun albero prima della vite”.

In quanto al mutamento delle stagioni,  il vate nel gelido inverno, per ritemprarsi con il calore di Bacco , soleva dire al suo commensale:

“ Giove diluvia, una grande invernata vien giù dal cielo, le correnti dei fiumi son di ghiaccio…. orsù scaccia il freddo attizzando il fuoco e mescendo senza risparmio vino dolce col miele”.

Naturalmente quando si brinda in compagnia, anche l'animo dal temperamento più schivo e riservato, si apre

lasciando  trapelare alcuni frammenti del proprio intimo.  Così grazie al potere inebriante e seduttivo delle magiche bollicine,  ognuno di noi possa rivelare una parte di sé che forse nemmeno si conosceva.

 

 

Lasciamo da parte il vino e questo riuscitissimo poemetto per avere notizie su quel che hai in cantiere; vista anche l'ampiezza e la profondità della tua vena poetica penso che sia più che logico presumere un'uscita a breve di un'altra silloge. Al riguardo, e se è così, puoi fornirci qualche anticipazione?

 

I progetti nel cassetto quasi completati sarebbero diversi. Molto dipenderà dalla mia salute  e dagli editori, ai quali potrebbero interessare le mie opere.

Mi piacerebbe ristampare il mio poemetto in versi “Mose”, ritenuto da alcuni noti critici,  il testo più valido e maturo. Ho impiegato ben sette anni per scriverlo, consultando i testi biblici più accreditati e attenendomi  ai vari capitoli del Vecchio Testamento che descrivono l'esodo degli ebrei verso la Terra Promessa. Il testo è stato recitato in molte Chiese di Siena e provincia.

Mi piacerebbe riunire tutte le mie poesie religiose sparse in libri e riviste un unico volume.

Sto finendo un diario, dal taglio serio e ironico, sul mio soggiorno in una clinica di Marsiglia (dai primi di marzo alla fine di aprile 1983)  e il successivo periodo, dopo  aver superato ben cinque  operazioni agli arti inferiori.

Poi, il mio insuperabile chirurgo G.L. mi ha spedito per la  rieducazione motoria e l'ergoterapia  sulla Costa Azzurra,  che ho eseguito nell'Istituto Marino di Hyeres (dai primi di maggio ai primi di luglio dello stesso anno).

Naturalmente nel fedele diario non parlo solo della mia vicenda personale, ma di  molte persone, pazienti stranieri, toscani con i loro familiari,  nonché il  personale ospedaliero assistente e gli amici francesi che hanno vissuto con me  tale  incisivo periodo.

Avrei altri progetti che scalpitano per uscire dalla mia fantasia, ma li serbo gelosamente per la tua prossima intervista.

Grazie per il tempo che mi hai dedicato e per la pazienza certosina.

 

 

Grazie e ti saluto, ricordando ai lettori che questo è proprio il caso di un libro non solo da leggere, ma anche da bere.

 

 

La contesa dei vini

di Maria Teresa Santalucia Scibona

Prefazione di Vinicio Serino

Pascal Editrice

www.pascaleditrice.it

Poesia silloge

Pagg. 40

ISBN 88 - 7626 - 005 – 6

Prezzo € 10,00

 

     

 

 

 

 

     

 

 

 

 

 
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