Intervista
di Renzo Montagnoli a Maria Teresa Santalucia Scibona, autrice della silloge La contesa dei vini, edito da Pascal.
Questo libro, che in effetti è un poemetto, è veramente divertente e un po'
fuori dai canoni a cui ci hai abituato, quasi una vacanza artistica in cui
evidenzi anche doti di spirito non comuni. Come ti è venuta l'idea di scrivere
dei vini?
La cultura del bere che
risale ai primordi della civiltà, mi ha sempre affascinato, ma la mia
conoscenza dei vini era assai modesta. Ricordo però, che dopo la presentazione
di un libro
del quale ero relatore, ebbi il privilegio di conoscere il Dottor Pasquale Di Lena, Direttore dell'Enoteca Italiana di Siena.
Mi accorsi subito che
avevo incontrato un personaggio straordinario dai mille progetti attuati e in fieri, in varie
parti del mondo e che avevamo molti interessi in comune
Il vulcanico Dr. DI Lena
mi chiese se fossi disposta a presentare il suo libro “ U Penziere”, raccolta
di poesie dialettali molisane.
Tale piacevole evento, organizzato
dall'Associazione Culturale fiorentina “Gli Amici del Paiolo”, si svolse lunedì
7 ottobre 1991 a
Bacchereto (Carmignano, nell'antica casa della nonna di Leonardo da Vinci).Dopo
il mio intervento critico, l'attore Sergio Ciulli declamò alcuni testi. Durante
la deliziosa cena oltre alle molte Autorità locali,conobbi
alcuni giornalisti di New York, insieme
brindammo con i favolosi Vini di Carmignano , posati in bella mostra sui tavoli della sala.
Nel viaggio di ritorno,
Pasquale mi domandò se mi sarebbe piaciuto presentare nel Salotto della Cultura
e del vino delle'Enoteca senese, i libri di famosi scrittori, da me conosciuti,
al Premio Letterario Viareggio – Répaci.
Iniziò così la mia ludica
avventura con i più rinomati vini italiani.
E la conoscenza delle
caratteristiche dei vini da te così ben tratteggiate nel poemetto è frutto di
studi in materia o anche di una conoscenza diretta, vale a dire di un assaggio
degli stessi?
La mia prima conoscenza è
stata diretta.
Durante l'annuale
settimana dei vini, l'Enoteca senese invitava a rotazione una regione diversa,
non solo per far conoscere la coltivazione delle uve, le tecniche enologiche,
la squisita bontà di tali nettari, ma spesso per dar modo
ai Presidenti delle Case Vinicole di
valorizzare i prodotti gastronomici del loro territorio.
Potrei citarti decine di
queste degustazioni divine !…
Ti parlerò di una in
particolare che ricordo bene poiché
mi riguarda personalmente.
Per le manifestazioni,
della 28° Settimana dei Vini -1994 indette dall'Enoteca, era stata invitata la Campania,
rappresentata da “Solopaca”, una delle più antiche Cantine Sociali della
Regione Sannita.
Il nome deriva
dall'omonima e ridente cittadina, in provincia di Benevento, che si adagia alle
falde del monte Taburno.
In quell'oasi di verde,
le viti ammantano le colline in estesi filari, punteggiati da sparse fattorie e
antichi casali, invece
in pianura
predominano ombrosi pergolati che
si inoltrano sino all'abitato.
Nel pomeriggio del 6
aprile'94, alle 0re18,15, presso il Bastione San Filippo della cinquecentesca
Fortezza Medicea, fu presentato il mio libro poetico“ Il Tempo sospeso”(1993) a cura di Giorgio Luti, Edizioni del Leone
(Venezia).
Oltre ai Relatori Sandro
Briosi e Carmelo Mezzasalma, Docenti Universitari di Critica e Letteratura,
introdusse la serata il Dr. Pasquale di Lena, Segretario Generale dell'Enoteca
e ci parlò delle tante iniziative allestite.
Dopo seguì una mirabile
degustazione di vini D. O. C della
famosa Cantina Sociale di Solopaca,
accompagnata da altrettanti squisiti prodotti tipici locali come il
caciocavallo dolce e piccante,i gustosi salumi del Sannio (capocollo, salsicce)
i delicati torroni di Benevento e altre
prelibatezze che deliziarono gli intervenuti.
Durante la serata potemmo
ammirare le nuove e simpatiche etichette dei vini ideate per l'occasione dal bravissimo disegnatore emiliano Ro Marcenaro .
Il fantasioso vignettista
oltre ai vigneti e al paesaggio, aveva inserito nelle
originali etichette alcuni animali.
Per “l'Aglianico” dal
colore rosso rubino, una volpe che si aggirava guardinga tra i filari; per la
“Falanghina”, vino bianco secco di colore paglierino e talora verdognolo, un
fastoso pavone; per il corposo “Rosso Superore”, dal profumo di fragola muschio
e viola, Ro aveva scelto la timida upupa.
Nelle cene di gala che
allora, si svolgevano al Bastione angolare San Francesco, il sommelier addetto
ai nostri tavoli ci spiegava con dovizia di particolari, le proprietà
organolettiche dei vini, gli abbinamenti al cibo, nonché i diversi aromi e
sapori che formano la caratteristica qualitativa di quelle straordinarie
eccellenze.
Nei nostri lieti incontri
conviviali, io dovevo limitarmi negli assaggi e spesso i miei tersi calici
rimanevano pieni.
Però, ascoltavo
affascinata l'esperto che ci svelava con rigore e competenza quell'universo enologico sconosciuto.
In seguito, per acquisire una conoscenza più approfondita sui
vini pregiati, mi sono documentata nelle riviste che sempre abbondano sui tavoli e su alcuni
libri dell'Enoteca.
E' vero: i tuoi versi
trasudano una passione gioiosa che non può che derivare da un'esperienza
diretta. Ne so qualche cosa pure io, invero modesto bevitore, ma da sempre
orientato alla qualità e non certo alla quantità. Il vino ha una sua ben
definita collocazione in ambito letterario e di volta in volta è visto come
tormento oppure come estasi. E' evidente che il segreto sta nel moderarsi, ma
quella capacità di aprirsi che può offrire un bicchiere di vino, quella
leggerezza mentale che spesso ne deriva ne fanno anche un prodotto di
meditazione. Al riguardo ne parla diffusamente Enzo Bianchi nel suo “Il pane di
ieri”, e ne parla con rispetto, se non addirittura con amore come mezzo anche
per comunicare, con quella modesta, ma importante
disinibizione che sembra aprire porte che danno su universi sconosciuti. Del resto l'episodio biblico di Noè che dopo
il diluvio piantò una vigna con cui produsse uva, di cui bevve il nettare fino
a ubriacarsi, non è visto come un atto riprovevole, ma anzi trapela nelle righe
se non un invito esplicito a farne uso, almeno una benevola tolleranza, quasi a
voler dire che il vino è uno strumento utile per conoscere se stessi e anche
così per avvicinarsi a Dio.
Anche la storia romana,
che abbondando di divinità in effetti riconduceva ogni
uomo a una sfera a se stante, in un panteismo individuale, tributa al vino doti
non comuni, è simbolo di allegria, di leggerezza d'animo e foriero di intime
esplorazioni. Non a caso, peraltro, introduci i tuoi versi con quelli
celeberrimi di Orazio, con quel famoso passo tratto dalle Odi.
Vengo alla domanda: al
vino, oltre alle qualità gustative e alimentari, è possibile attribuire anche
quella di quasi indispensabile strumento per rendere migliore la vita e per
poter conoscere meglio se stessi?
Dopo aver valutato alcuni
aspetti salienti dello stretto
legame
esistente tra la cultura, il vino e la poesia, ora mi chiedi se il
nettare degli dei può allietarci e renderci felici.
Dall'alba dei giorni, il
vino occupa un posto essenziale della nostra esistenza, poiché attraverso il
suo allegro, invasivo calore celebriamo ed esterniamo i nostri momenti più
significativi, non solo
i sentimenti, le emozioni, l'amore, le passioni affettive, civili
e politiche, sono rese più ardenti e convincenti dopo i rituali brindisi.
Tale piacevole connubio,
lo si applica ad anniversari, ai premi, ai riconoscimenti di carriera e ogni
altra occasione conviviale da condividere, festeggiando con le persone
care.
Il frutto della vite
rappresenta una splendida panacea,
persino per tutte le stagioni.
Il poeta greco Alceo incitava gli amici a
obliare ogni pena, con abbondanti libagioni. Nelle sue odi
mirabili esortava a
“ non piantare alcun albero prima della vite”.
In quanto al mutamento
delle stagioni, il
vate nel gelido inverno, per ritemprarsi con il calore di Bacco , soleva dire
al suo commensale:
“ Giove diluvia, una
grande invernata vien giù dal cielo, le correnti dei fiumi son di ghiaccio…. orsù scaccia il freddo attizzando il fuoco e mescendo senza
risparmio vino dolce col miele”.
Naturalmente quando si
brinda in compagnia, anche l'animo dal temperamento più schivo e riservato, si apre
lasciando
trapelare alcuni frammenti del proprio intimo. Così grazie al potere inebriante e seduttivo
delle magiche bollicine,
ognuno di noi possa rivelare una parte di sé che forse nemmeno si
conosceva.
Lasciamo
da parte il vino e questo riuscitissimo poemetto per avere notizie su quel che hai
in cantiere; vista anche l'ampiezza e la profondità della tua vena poetica
penso che sia più che logico presumere un'uscita a breve di un'altra silloge.
Al riguardo, e se è così, puoi fornirci qualche anticipazione?
I progetti nel cassetto quasi completati sarebbero diversi. Molto
dipenderà dalla mia salute
e dagli editori, ai quali potrebbero interessare le mie opere.
Mi piacerebbe ristampare il mio poemetto in versi “Mose”, ritenuto
da alcuni noti critici,
il testo più valido e maturo. Ho impiegato ben sette anni per
scriverlo, consultando i testi biblici più accreditati e attenendomi ai vari capitoli del
Vecchio Testamento che descrivono l'esodo degli ebrei verso la Terra Promessa.
Il testo è stato recitato in molte Chiese di Siena e provincia.
Mi piacerebbe riunire tutte le mie poesie religiose sparse in
libri e riviste un unico volume.
Sto finendo un diario, dal taglio serio e ironico, sul mio
soggiorno in una clinica di Marsiglia (dai primi di marzo alla fine di aprile
1983) e il
successivo periodo, dopo aver superato
ben cinque operazioni agli arti
inferiori.
Poi, il mio insuperabile chirurgo G.L. mi ha spedito per la rieducazione motoria
e l'ergoterapia sulla Costa
Azzurra, che ho eseguito nell'Istituto
Marino di Hyeres (dai primi di maggio ai primi di luglio dello stesso anno).
Naturalmente nel fedele diario non parlo solo della mia vicenda
personale, ma di molte
persone, pazienti stranieri, toscani con i loro familiari, nonché il
personale ospedaliero assistente e gli amici francesi che hanno vissuto
con me tale incisivo periodo.
Avrei altri progetti che scalpitano per uscire dalla mia fantasia,
ma li serbo gelosamente per la tua prossima intervista.
Grazie per il tempo che
mi hai dedicato e per la pazienza certosina.
Grazie e ti saluto, ricordando ai lettori che questo è proprio il
caso di un libro non solo da leggere, ma anche da bere.
La contesa dei vini
di Maria Teresa Santalucia Scibona
Prefazione di Vinicio Serino
Pascal Editrice
www.pascaleditrice.it
Poesia silloge
Pagg. 40
ISBN 88 - 7626 - 005 – 6
Prezzo € 10,00