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  Letteratura  »  Pozzoromolo, di L.R. Carrino, edito da Meridiano Zero e recensito da Morena Fanti 22/06/2012
 

Pozzoromolo
L.R. Carrino

Meridiano zero, 2009
pp.288, 15,00 euro

 

Se nell'OPG tu fai qualcosa di troppo, un grido di troppo, un pensiero di troppo, un movimento di troppo, un bacio di troppo, un respiro di troppo, allora ti mettono a dormire, ti mettono sulla panchina piena di grazia e di immobilità, con la bava che ti cola dalla bocca”. E Gioia, che nella sua vita si è sempre sentita “troppo”, in quel corpo nato uomo e non riconosciuto neanche a se stessa, e si è sentita “di troppo” – mai la persona giusta, mai la persona desiderata e amata -, si chiude in un silenzio che trova parole solo nella scrittura. E con la sua scrittura, raccolta in forma di diario, tra i pensieri della sua vita, in un salto continuo tra presente e passato, scopriamo la sua terribile storia.

L'uscita del secondo romanzo può generare ansia nello scrittore e aspettative deluse nei lettori, soprattutto se il primo è stato un successo (Acqua storta, Meridiano Zero, 2008), ma L.R. Carrino con questo libro, Pozzoromolo, uscito in ottobre 2009, non delude e si conferma scrittore di classe. Il suo linguaggio è denso e avvolgente, vera poesia travestita da prosa: “questo pomeriggio mi ha fatto le ore come asole dell'attesa“, “nel buio incandescente che ci mangia la vita a scintille, a piccoli sorsi di fuoco, un fondo del mio corpo si mette nel letto e cova l'ombra del tuo profilo“, “certe volte, nel pomeriggio, la malinconia sotto la quercia, tutta quanta nel palmo della mano, me la metto in tasca e mi alzo“. Ed è con questo linguaggio che Carrino ci racconta la storia di Gioia, “l'amore dalle unghie laccate, i capelli biondi, l'ombretto verde, mentre la notte proietta luci bugiarde sulla parete” e ci accompagna in un viaggio della mente, nei ricordi e nelle ossessioni che popolano l'anima della protagonista. Lei non sa perché è rinchiusa nel'OPG [Ospedale Psichiatrico Giudiziario], non rammenta quali colpe ha commesso.
Raccontare il disagio non è facile. Il disagio mentale abita stanze diverse e indossa abiti mai uguali. Lo scrittore dovrebbe sempre parlare di ciò che sa.

Ma non è forse vero che in ogni storia, in ogni storia “vera” che racconti la vita, esistono i sentimenti? Ed è con i sentimenti che Carrino ci affascina e ci tieni legati alle sue parole.
Gioia ha sempre cercato l'amore, iniziando dal suo difficile rapporto con quella madre che usciva e non le diceva quando tornava, da quella madre che parlava di lei come di un peso, ma era sempre presente nei suoi pensieri e sbucava nelle foto con le sue unghie viola.

E poi il padre, e dopo di lui, ogni uomo che ha conosciuto.
Gioia si sente “un'anima chiusa a chiave nella mia cella“, e da lì, da quella cella, inizia il suo cercarsi, il suo volere capire perché si trova lì e cosa ha fatto.
Ma cosa ha fatto veramente Gioia, se non cercare di farsi amare? E gli altri cosa le hanno fatto?
Dai ricordi, che emergono in forma di frammenti incontrollati e spesso contraddittori, esce la storia di una vita che è stata ostile e malvagia nei suoi confronti, e che, nonostante questo, non riesce a demolire la sua estrema purezza, fino a farle dire: “Io non so perché sono qui, io non ne sento la ragione“.
È in un luogo che sente estraneo, tra gente con cui non vuole parlare. Riesce a sentirsi bene solo quando si trova nel parco che è all'interno dell'OPG: “Il parco è un luogo che mi appartiene, al quale sento di appartenere“. Ed è nel parco che Gioia trova la grande “mamma quercia” dove si reca per trovare sollievo dai troppi pensieri che la divorano, quelle “vespe” che le pungono lo stomaco e che “finiranno per fare un nido nella mia pancia“.
Un personaggio molto complesso, questo di Gioia, anche se di sé afferma: “Non sono così complicata. Io sono semplice, tanto semplice da sembrare una tragedia del poco.”, ma anche un personaggio struggente che scrive, mostrando il conflitto che le cambia e le tormenta il corpo rendendolo “doppio” e diviso dalla sua stessa carne: “Non è ancora giorno, mi viene una paura che quasi mi voglio bene da solo“.
Un personaggio che Carrino ha raccontato in modo così coinvolgente e che consegna ai suoi lettori come un regalo prezioso. Se Gioia non è stata amata finora, da questo momento sarà amata da ogni lettore che si addentrerà nella sua anima.

 

Morena Fanti

 

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