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  Letteratura  »  Il linguaggio segreto dei fiori, di Vanessa Diffenbaugh, edito da Garzanti e recensito da Miriam Ballerini 01/07/2012
 

Il linguaggio segreto dei fiori

di Vanessa Diffenbaugh

© 2011 Garzanti  ISBN 978-88-11-68661-3

Pag. 362  € 18,60

 

 

È raro che per parlare di un romanzo si parli prima dell'autore, in questo caso dell'autrice: Vanessa Diffenbaugh.

Questa premessa perché, la scrittrice di questo libro, è prima di tutto una donna impegnata nell'affido dei bambini senza famiglia.

Quando ha potuto toccare con mano il sistema di affido americano, ha creato una associazione non profit, Camelia Network.

Ora possiamo parlare del libro e di quello che troviamo in questo romanzo: la protagonista, Victoria, è una bambina abbandonata, che passa da una famiglia all'altra, senza mai trovare chi veramente sappia capirla e, soprattutto, amarla.

Victoria diventa una bambina difficile, arrabbiata, dispettosa. Chiusa.

L'autrice sa destreggiarsi bene fra le pieghe del suo carattere, fra le sfumature che ne compongono l'insieme, proprio perché ha vissuto personalmente l'esperienza dei bambini in affido.

Poi, Victoria viene affidata a Elizabeth. All'inizio il loro rapporto è turbolento, ma la donna non si lascia scoraggiare dai soliti trucchetti che la bambina mette in atto per non farsi amare.

Tra loro si apre uno spiraglio, e questo anfratto ha l'afrore dei fiori.

Elizabeth ama i fiori, ha un vigneto, la sua casa è immersa nella natura. E insegna alla piccola il linguaggio dei fiori. Quando si regala un fiore si manda un messaggio alla persona che lo riceve.

Così Victoria si descrive: “Non mi fido, come la lavanda. Mi difendo, come il rododendro. Sono sola, come la rosa bianca, e ho paura. E quando ho paura, la mia voce sono i fiori”.

Per varie vicissitudini che è bello scoprire leggendo questo libro che si alterna in due tempi: tra la Victoria bambina, e quella diciottenne che si trova a vivere come una barbona in un parco; la ragazza lascia Elizabeth andando a stare in una casa alloggio fino alla maggiore età.

La ragazza che ne esce è una riproduzione della bambina guardinga, incapace di aprirsi, solo in un formato più adulto.

Riesce a farsi assumere in un negozio di fiori, accolta da Renata, altra donna, personaggio cardine fra le tante donne che compaiono in questo libro. Troviamo, infatti, Natalya,che le darà alloggio. La madre di Renata, mamma Ruby, ostetrica. Marlena, una ragazza presa da una casa alloggio per aiutarla nella sua attività di fiorista. E le donne, ancora, che accorrono da lei per farsi fare i bouquet dei fiori più adatti per i loro matrimoni e cerimonie.

Unico uomo è Grant, un ritorno. Un bambino conosciuto quando abitava con Elizabeth, anche lui a conoscenza del linguaggio dei fiori; grazie a questo modo di comunicare, riusciranno a trovare un modo per conoscersi. Grant e Victoria si innamoreranno e nascerà una bambina.

E qui dobbiamo aprire una grossa parentesi: come si sente una ragazza rifiutata per tutta la sua vita, che ha rovinato, o che è convinta di averlo fatto, ogni rapporto umano avuto fino ad allora?

Una madre che pensa di essere inadeguata. Che crede di non sapere amare. Che prima abbandona Grant, convinta che lui non l'avrebbe mai perdonata se fosse venuto a conoscenza dei suoi errori; e che quindi abbandona anche la sua piccola creatura, senza nemmeno averle dato un nome.

In queste pagine, dure da leggere, dove quasi non si riesce a provare empatia per una madre con questi atteggiamenti, si arranca, si fa fatica a proseguire, ci si ferisce, come quando si cade su dei cocci rotti.

Probabilmente è il dolore che si prova quando si deve affrontare una realtà che non ci piace, un modo di vivere che non è il nostro e nel quale non ci si riconosce. Ma tanto più reale, tanto più vero, perché causa di un evento che, davvero, potrebbe portare a questa conclusione.

Il finale è a lieto fine, ma non ci si arriva senza essersi scontrati con tutta una serie di eventi e di sofferenze.

Un libro che ci propone una vasta gamma di emozioni, non tutte positive, ma che ci danno la forza della comprensione e ci fanno crescere.

Bellissimo il finale, quando madre e figlia si ricongiungono: “Forse mia figlia si sarebbe sentita intimorita e io inadeguata, ma ci avremmo riprovato, una settimana dopo l'altra. Con il tempo avremmo imparato a conoscerci e io avrei saputo darle – come ogni madre alla figlia – un amore imperfetto e senza radici”.

 

© Miriam Ballerini

 

 
©2006 ArteInsieme, « 014086120 »