Il linguaggio segreto dei fiori
di Vanessa Diffenbaugh
© 2011 Garzanti
ISBN 978-88-11-68661-3
Pag. 362 €
18,60
È raro che per parlare di un romanzo si
parli prima dell'autore, in questo caso dell'autrice:
Vanessa Diffenbaugh.
Questa premessa perché, la scrittrice
di questo libro, è prima di tutto una donna impegnata nell'affido dei bambini
senza famiglia.
Quando ha potuto toccare con mano il
sistema di affido americano, ha creato una associazione
non profit, Camelia Network.
Ora possiamo parlare del libro e di
quello che troviamo in questo romanzo: la protagonista, Victoria, è una bambina
abbandonata, che passa da una famiglia all'altra, senza mai trovare chi
veramente sappia capirla e, soprattutto, amarla.
Victoria diventa una bambina difficile,
arrabbiata, dispettosa. Chiusa.
L'autrice sa destreggiarsi bene fra le
pieghe del suo carattere, fra le sfumature che ne compongono l'insieme, proprio
perché ha vissuto personalmente l'esperienza dei bambini in affido.
Poi, Victoria viene
affidata a Elizabeth. All'inizio il loro rapporto è turbolento, ma la donna non
si lascia scoraggiare dai soliti trucchetti che la
bambina mette in atto per non farsi amare.
Tra loro si apre uno spiraglio, e questo anfratto ha l'afrore dei fiori.
Elizabeth ama i fiori, ha un vigneto,
la sua casa è immersa nella natura. E insegna alla piccola il
linguaggio dei fiori. Quando si regala un fiore
si manda un messaggio alla persona che lo riceve.
Così Victoria si
descrive: “Non mi fido, come la lavanda. Mi difendo, come il rododendro. Sono
sola, come la rosa bianca, e ho paura. E quando ho paura,
la mia voce sono i fiori”.
Per varie vicissitudini che è bello
scoprire leggendo questo libro che si alterna in due tempi: tra la Victoria
bambina, e quella diciottenne che si trova a vivere come una barbona in un
parco; la ragazza lascia Elizabeth andando a stare in una casa alloggio fino
alla maggiore età.
La ragazza che ne esce è una
riproduzione della bambina guardinga, incapace di aprirsi, solo in un formato
più adulto.
Riesce a farsi assumere in un negozio
di fiori, accolta da Renata, altra donna, personaggio cardine fra le tante donne che compaiono in questo libro. Troviamo, infatti, Natalya,che le darà alloggio. La
madre di Renata, mamma Ruby, ostetrica. Marlena, una
ragazza presa da una casa alloggio per aiutarla nella sua attività di fiorista. E le donne, ancora, che accorrono da lei per farsi
fare i bouquet dei fiori più adatti per i loro
matrimoni e cerimonie.
Unico uomo è Grant, un ritorno. Un
bambino conosciuto quando abitava con Elizabeth, anche lui a conoscenza del
linguaggio dei fiori; grazie a questo modo di
comunicare, riusciranno a trovare un modo per conoscersi. Grant e Victoria si innamoreranno e nascerà una bambina.
E qui dobbiamo aprire una grossa
parentesi: come si sente una ragazza rifiutata per tutta la sua vita, che ha
rovinato, o che è convinta di averlo fatto, ogni rapporto umano avuto fino ad allora?
Una madre che pensa di essere
inadeguata. Che crede di non sapere amare. Che prima abbandona Grant, convinta
che lui non l'avrebbe mai perdonata se fosse venuto a
conoscenza dei suoi errori; e che quindi abbandona anche la sua piccola
creatura, senza nemmeno averle dato un nome.
In queste pagine, dure da leggere, dove
quasi non si riesce a provare empatia per una madre con questi atteggiamenti,
si arranca, si fa fatica a proseguire, ci si ferisce, come quando si cade su
dei cocci rotti.
Probabilmente è il dolore che si prova
quando si deve affrontare una realtà che non ci piace, un modo di vivere che
non è il nostro e nel quale non ci si riconosce. Ma tanto più reale, tanto più vero, perché causa di un
evento che, davvero, potrebbe portare a questa conclusione.
Il finale è a lieto
fine, ma non ci si arriva senza essersi scontrati con tutta una serie di
eventi e di sofferenze.
Un libro che ci propone una vasta gamma
di emozioni, non tutte positive, ma che ci danno la forza della comprensione e
ci fanno crescere.
Bellissimo il finale, quando madre e
figlia si ricongiungono: “Forse mia figlia si sarebbe sentita intimorita e io inadeguata, ma ci avremmo riprovato, una settimana dopo
l'altra. Con il tempo avremmo imparato a conoscerci e
io avrei saputo darle – come ogni madre alla figlia – un amore imperfetto e
senza radici”.
©
Miriam Ballerini