L'orda
Quando gli Albanesi eravamo noi
di Gian
Antonio Stella
Ed. Rizzoli
Saggistica
Quarta di copertina:
“Volevamo
braccia,
sono arrivati
uomini.” Max
Frisch
Durante
le grandi ondate
migratorie dall'Ottocento
in poi, tanti Italiani,
moltissimi, emigrarono in America, in Australia e in Europa
(Francia,
Svizzera, Germania, Belgio…) e divennero immigrati,
stranieri mal
sopportati e, quasi fino a
tempi recenti ( anni '70) disprezzati. Il giornalista Stella
ripercorre, attraverso documentazioni
e reperti delle varie epoche,
l'emigrazione di tanti nostri compatrioti,
come erano
percepiti e trattati dai Paesi “ospitanti”.
“La
feccia del pianeta”, questo eravamo, o meglio, così eravamo visti. Bel paese,
brutta gente. La differenza
tra gli emigrati
di oggi in Italia e noi all'estero
è solo temporale, noi abbiamo
vissuto l'esperienza prima, loro dopo, ma
gli stessi pregiudizi, gli stessi stereotipi ci accostano per ostilità e diffidenze simili. Oggi si sputa su quelli come noi eravamo o siamo
stati. Nell'introduzione del libro è
racchiuso il senso del titolo e di
tutto il contenuto del medesimo. Negli States del Sud eravamo
catalogati non visibilmente negri, sporchi e verrebbe da scrivere brutti e cattivi
parafrasando il
titolo di un arcinoto film. Essere accusati di
qualsiasi
misfatto raccapricciante,
di qualsiasi
losco malaffare, essere qualificati
come mafiosi, facili alle
risse a all'uso
del coltello erano inevitabili conseguenze. Quanti
Italiani
furono percossi, ingiuriati,
arrestati
e uccisi solo perché crumiri o perché eravano
tutti siciliani. Era l'orda,
solo paragonabile agli
Unni, quella che sbarcava negli U.S.A. “La
discarica
senza legge”: l'invasione giornaliera dei nuovi immigrati
direttamente dai
bassifondi d'Europa, così eravamo raffigurati
in una illustrazione
del Judge, 6 giugno 1903, tanti
sorci bollati come anarchici,
mafiosi…mentre campeggia
la scritta:
Occhio zio Sam: sbarcano i
sorci!
Non avevano nome i nostri bisnonni, nonni emigranti, ma
solo appellativi,
nomignoli sprezzanti ed insultanti. Per
i paesi anglosassoni eravamo i Dagger,
da coltello, popolo dello stiletto,
facile da
usare come per mangiare e
come per uccidere. Per gli Australiani i Ding, il cane selvatico.
Per gli Argentini tutti Napoletani, per i Francesi,
Français de Coni (Cuneo). In dialetto svizzero-tedesco Cinquaiol, dal
grido cinq nel gioco della
morra. Una
sfilza di definizioni senza fine: Uàp ( Guappi),
Cristos ( bestemmiatori), Chianti
(ubriaconi), Greaseball,
non tanto per la brillantina in testa
quanto per le teste unte e grasse. Sul Croniche
di San Francisco
1904: al di sotto del 45° parallelo sono tutti malfattori. Difficili da
inserire come gli Slavi e gli Unni.
Straccioni maleodoranti. I peggiori rifiuti d'Europa, popolo dai
bassi istinti. In tempi più
recenti la situazione migliora,
ma l'equazione
Italiani=Mafia permane.
Immigrati clandestini,
quanti nel secondo dopoguerra oltrepassando il Gran
San Bernardo
per andare
in Francia
furono gettati da qualche
dirupo…ricorda gli scafisti che gettano
in mare i poveri emigranti dopo aver
sborsato tanti
quattrini. Furono trentamila i bambini nascosti
perché clandestini, in Svizzera “Come Anna
Frank” il caso
di una bambina nascosta per 4 anni in casa senza
uscire mai.
Stella
afferma
che piace ricordare solo i nostri compatrioti
emigrati che hanno
fatto fortuna
e hanno dato
lustro, ma tutti quelli che non ce l'hanno fatta e sopravvivono
oggi tra mille difficoltà nelle
periferie, si fa fatica a ricordarli.
Le stime parlano
di milioni di padri, fratelli di cui non si ha
traccia,
testimonianza
di una storica
sconfitta soprattutto
nell'Italia
della retorica
risorgimentale, savoiarda e fascista. Non c'è stereotipo di oggi che non sia stato
rinfacciato,
un secolo o solo pochi anni fa, a noi.
“Loro” sono clandestini?
Lo siamo stati
anche noi. “Loro” si accalcano in osceni tuguri in condizioni igieniche rivoltanti? L'abbiamo fatto
anche noi ( un
prete irlandese teorizzava che
gli Italiani
riescono a stare
in uno spazio minore di qualsiasi altro popolo, se si eccettuano,
forse, i Cinesi). “Loro” vendono le donne? Le abbiamo vendute anche
noi. Rubano il lavoro ai
nostri disoccupati? Anche noi accusati
di questo. Importano criminalità? Noi ne abbiamo esportata dappertutto.
Fanno
troppi figli rispetto alla media
italiana? Noi spaventavamo allo stesso modo. Perfino l'accusa più nuova,
dopo l'11 settembre, che tra gli
immigrati ci sono tanti terroristi, è per noi vecchissima: a
seminare il terrore, per un paio di decenni, furono i nostri anarchici.
In questa doppia versione dei fatti
può essere riassunta la
storia dell'emigrazione italiana.
Detto questo, alla larga dall'apertura
totale delle frontiere, dall'esaltazione del melting pot, ma alla larga più ancora dal razzismo,
dalla
xenofobia, in una società che ha
rimosso una parte
del suo passato.
La lettura
del libro è interessante e fa riflettere: tanti
di noi puntano l'indice sugli immigrati perché ricordano
una parte
di noi che vogliamo dimenticare. Ma
la Storia non si cancella.
Gian Antonio Stella, giornalista del “Corriere della
sera”, ha
scritto diversi libri, tra i quali i
bestseller Schei, Dio
Po, Lo spreco, Chic e Tribù.
Arcangela Cammalleri