Un tè prima di morire
Enrico Gregori
Bietti Media 2007
pp.138, 10,00 euro
All'hotel Manovar
la vita si oppone alla morte e il sesso è la clausola di diritto alla rivalsa
che viene esercitata come assicurazione proteggi-imprevisti. Ma non tutti hanno stipulato questa assicurazione e non tutti si salveranno.
La vita ci presenta spesso situazioni
non cercate e ci pone di fronte a scelte e imprevisti.
Sugli ospiti dell'hotel sovrasta il quadro di Hieronymus
Bosch, l'Estrazione della pietra della
follia, con il suo messaggio che sembra ricordarci come quella
pietra sia spesso presente nell'umanità, avvisandoci sugli agguati che la vita inevitabilmente ci preparerà. L'albergo vive e respira solo in attesa dell'arrivo di Colin
Mallory, pirata della finanza detestato da mezzo
mondo e odiato dall'altra metà e le forze dell'ordine si preparano ad
affrontare un attacco contro di lui. L'attesa è snervante, e
nell'attesa si creano legami, si ripercorrono eventi, si anticipano situazioni:
” Quelle vite che nulla hanno in comune. I quasi
sconosciuti all'interno di un microcosmo si sfiorano o combaciano con perfetti
sconosciuti di un altro microcosmo”. Quello che li unisce è “il rendersi
conto, forse per la prima volta e forse per la costrizione, che siamo alla vita
come alla fermata di un autobus”.
Gregori ci mostra come sia possibile, da una sosta obbligata, ripartire e
ritrovare slancio dando a volte un calcio al passato e ripartendo verso una
nuova vita. Il noir è lo strumento che ha scelto per raccontarci questa storia
ed è uno strumento che gli è congeniale. Il linguaggio
è senza cedimenti o compiacimenti, lo stile è asciutto ma non scabro nella
scelta degli aggettivi – l'hotel viene “scartavetrato” e i suoi muri sono
“stuprati” dal quadro di Bosch, – e di insoliti
paralleli – un teatro piccolo, “una specie di bomboniera color dei lividi”.
L'attesa finisce quando accade l'imprevisto e tutto si sublima nel finale e
nelle vite che riprendono a scorrere.
Morena
Fanti
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