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  Letteratura  »  Dal luogo del sequestro, di Fulvio Tomizza, edito da Mondadori e recensito da Grazia Giordani 01/09/2012
 

Dal luogo del sequestro di Fulvio Tomizza, Mondadori

 

 

Sesso e trasgressione si uniscono in indissolubile stretta, nell'ultimo romanzo di Fulvio Tomizza : Dal luogo del sequestro.
L'autore, gratificato dai più ambiti premi nazionali, quali il Viareggio, con L'albero dei sogni nel '69, lo Strega con La miglior vita, nel '77 e il Boccaccio con I rapporti colpevoli nel '94, e per quattro volte finalista al Campiello, con il recente "trasloco" di casa editrice - dalla Bompiani alla Mondadori - sembra avere felicemente cambiato "pelle". Si lascia infatti alle spalle l'amato tema istriano di scrittore di frontiera, per inurbarsi nella capitale, con un romanzo che intriga, solletica e coinvolge in una malìa bruciante. Il clima è quello di tangentopoli "ante litteram" : in una nota Tomizza specifica di aver iniziato a scrivere il libro nella primavera-estate 1992, prima degli scandali politici ; i personaggi sono portavoce dell'isolamento e dell'incomunicabilità della società di oggi, resi con penna incisiva e con flash di sorniona ironia. L'autore ci appare anche un po' protagonista nella figura dello sceneggiatore cinematografico che ha lasciato la sua città all'estremo Nord-Est e si è portato a Roma, entrando in un tunnel di intrighi più grandi di lui. Del resto, non era Flaubert a dire : "Madame Bauvary c'est moi ?", ed è fin troppo risaputo il transfert, a volte inconsapevole, dell'autore con i suoi personaggi.

Quest'ultimo, uscito dalla penna di Tomizza, spinto dalla brama di successo, cade preda delle sorelle Salviati : autorevole faccendiera al Ministero della Cultura, Amalia, la prima ; nevrotica e sensualissima vedova, Rosarita, la seconda, contraddittoria nelle sue bollenti promesse, inizialmente difese da "collant militareschi".
L'ingenuo sceneggiatore cadrà vittima di una macchinazione perversa e crudele, tesagli dalla sorella più austera, per vendicare la morte di Rosarita, dopo l'abbandono del seduttore-sedotto.
Nicoletta, moglie del protagonista, sembra avere una funzione catartica, ma non salvifica al punto da preservare il marito da un diabolico sequestro. Sequestro non per il riscatto, ma per vendetta, quindi "sui generis", come singolare è l'impianto epistolare del romanzo, che non si riallaccia alla tradizione classica di missive spedite e ricevute, ma ha una sua allure nuova, quasi di due piccoli romanzi nel romanzo, chiusi dentro le righe di due lunghe lettere in cui si stempera e vive tutta la storia.
I passaggi psicologici sono graduali, la voce psicoanalitica del rimorso martella forte e pulsa come un cuore disperato, facendo da controcanto nella trama ossessiva, intessuta di allucinate angosce, che ci fanno vedere i fatti attraverso fantasiosi specchi deformanti che sanno regalare una nota in più di originalità alla tecnica narrativa.
La carcerazione siciliana del protagonista non è solo chiusa dentro l'angustia della prigionia, ma è soprattutto "sequestro" della sua anima, prigioniera di se stessa, delle sue ambizioni, delle sue curiosità erotiche, della sua fragilità, di uomo debole che si è lasciato abbindolare.
L'epilogo cruento - con note bibliche da legge del taglione - crea un pathos malato di rara efficacia : la scena dell'evirazione ha valenza metaforica-chiave di tutto il romanzo, del messaggio-condanna che Tomizza ci trasmette con penna più che mai di scrittore di razza.

 

Grazia Giordani

 

www.graziagiordani.it

 

 
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