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  Letteratura  »  Mitologie domestiche dell'anima, di Antonio Messina, edito da Il Foglio e recensito da Ilaria Dazzi 20/01/2013
 

Mitologie domestiche dell'anima

di Antonio Messina

Prefazione di Ilaria Dazzi

Postfazione di Renzo Montagnoli

Immagine di copertina: Il Mantello della Festa

di Angela Betta Casale

Edizioni Il Foglio

www.ilfoglioletterario.it

Poesia

Pagg. 80

ISBN 9788876064104

Prezzo € 10,00

 

 

 

“La verità è più alta della luna./La vedono come da una nave nera/gli uomini delle miniere quando guardano la notte./E nell'ombra la mia voce viene diffusa/dalla stirpe più dura della terra” (Il ritorno, P.Neruda).

 

Il mito ci appartiene endemicamente: non è solo la filosofia ad insegnarcelo, la scienza stessa ce lo dimostra, anche per questo potremmo dunque affermare che è parte della nostra anima o che, come cerca di fare Antonio Messina, ‘addomestichiamo' la mitologia per raccontarla. Il mito, sia esso espresso in poesia o in prosa, non rappresenta più solo un personaggio o una vicenda, ma anche una metafora, una lettura della realtà, una prospettiva: la poesia in quanto genere amplifica il valore espressivo della mitologia e ne può facilitare la contestualizzazione nella quotidianità.

A governare l'incedere degli eventi all'interno di questa raccolta c'è il Tempo: un tempo prevalentemente trascorso, un tempo lontano nelle azioni ma vicino nelle percezioni, nelle conseguenze; un tempo segnato dalle ferite, in cui sopravvivono spettri, incontri mancati, presenze ‘incompiute'. Un tempo che scivola e sfugge, che smarrisce ed è smarrito nel suo non-compiersi, nel suo restare in bilico fra ciò che sarebbe potuto essere e ciò che non è stato. Un tempo che va spegnendosi, completandosi, come in un saluto, come in un petalo che scivola lasciando spoglio il fiore.

L'Anima, nel suo raccontarsi, sembra cercare un conforto alla propria sofferenza: un' interazione con un ipotetico ‘tu' a cui chiedere comprensione, una sorta di ‘allineamento', di corrispondenza gothiana. E' una forma di discesa nelle profondità per scoprire, proprio dove la luce sembra non poter arrivare, la vita: “gettare il seme” pur sapendo che anche quello è perituro e che il Tempo ne potrà cancellare anche il ricordo.

Mitologie domestiche dell'Anima è una riflessione che prende forma nel verso-libero: libertà di forma, libertà metrica, in contrasto con la ‘tirannia' del contenuto e della sua dipendenza dal ricordo. Nella raccolta permangono i tratti della prosa che contraddistingue Antonio Messina non soltanto come autore: l'arte della scrittura è essa stessa vita, esperienza da cui attingere sfumature e con cui indagare stati d'animo.

Non è solo l'Anima ad essere protagonista di queste sequenze descrittive: è il vissuto dell'autore, non semplicemente gli inevitabili riflessi della propria esperienza, bensì il loro divenire mitologia del quotidiano, cioè esperienza certamente paradigmatica ma nelle piccole abitudini, nei gesti consueti e apparentemente banali, nelle inquadrature, nei particolari e perfino nelle parole non dette ma lasciate semplicemente intendere o presagire.

Si tratta di una poesia (e di una poetica) di pensiero, di analisi, di ripiegamento: una sorta di conchiglia che riporta all'orecchio il suono di atmosfere passate e di speranze in parte sopite, in parte rimosse definitivamente.

Il passaggio dalla prosa alla poesia attraverso la penna di Messina è un'assunzione di consapevolezza, una sorta di presa di coraggio perché significa svelare la parte più profonda di sé, equivale a fornire uno strumento contemporaneamente di conoscenza e di coscienza al lettore, come se l'evoluzione dell'Anima, in una specie di gioco di specchi, fosse scoperta costante del Sé lungo sfumature inattese, impreviste.

Antonio è - di fatto - scrittore ‘duplice': la prosa e la poesia presentano inevitabili affinità, tuttavia, per usare una terminologia musicale, è il timbro ad essere differente, nonché la ricerca da cui scaturisce. Penso all'immagine di una tela raffigurante le quattro stagioni considerate non secondo un ordine cronologico, bensì sulla base delle tematiche che ciascuna suscita o rievoca: una poesia dai toni autunnali come si presenta questa raccolta appunto, contrasta ad esempio con una prosa ‘primaverile' quale quella de Le Vele di Astrabat.

Certe ‘geometrie' proprie della prosa di Messina si trasformano, nei versi, in profondi effluvi espressivi: il ritmo si fa più lento, forse più malinconico ma, proprio per questo, maggiormente autentico e viscerale.

“Noi saremo altra avventura,/vezzeggiati/da un venticello immigrato”: sulle distese di viole come tra le ombre del passato permane una sola certezza, la necessità per l'Anima di continuare a vagare alla ricerca di quella metà, sia essa persona o condizione, che compenserà l'eterna incompiutezza dell'essere.

 

 

 

 

Antonio Messina nasce nel 1958 a Partanna, in provincia di Trapani. Vive a Padova. E' poeta e narratore.

Pubblicazioni:

L'assurdo respiro delle cose tremule (L'Autore Libri Firenze, 2003), La memoria dell'acqua (Edizioni Il Foglio, 2006), Le vele di Astrabat (Edizioni Il Foglio, 2007), Dissolvenze (Edizioni Il Foglio, 2008), Ofelia e la luna di paglia (Il Foglio, 2009); Nebular (Il Foglio, 2011).

 

 

Ilaria Dazzi


 

 
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