Mitologie domestiche dell'anima
di Antonio Messina
Prefazione di Ilaria
Dazzi
Postfazione di Renzo
Montagnoli
Immagine di copertina: Il Mantello della Festa
di Angela Betta Casale
Edizioni Il Foglio
www.ilfoglioletterario.it
Poesia
Pagg. 80
ISBN 9788876064104
Prezzo € 10,00
“La
verità è più alta della luna./La vedono come da una nave nera/gli uomini delle
miniere quando guardano la notte./E nell'ombra la mia voce viene diffusa/dalla
stirpe più dura della terra” (Il
ritorno, P.Neruda).
Il mito ci appartiene
endemicamente: non è solo la filosofia ad insegnarcelo, la scienza stessa ce lo
dimostra, anche per questo potremmo dunque affermare che è parte della nostra
anima o che, come cerca di fare Antonio Messina, ‘addomestichiamo' la mitologia
per raccontarla. Il mito, sia esso espresso in poesia o in prosa, non
rappresenta più solo un personaggio o una vicenda, ma anche una metafora, una
lettura della realtà, una prospettiva: la poesia in quanto genere amplifica il
valore espressivo della mitologia e ne può facilitare la contestualizzazione
nella quotidianità.
A governare l'incedere degli
eventi all'interno di questa raccolta c'è il Tempo: un tempo prevalentemente
trascorso, un tempo lontano nelle azioni ma vicino nelle percezioni, nelle
conseguenze; un tempo segnato dalle ferite, in cui sopravvivono spettri,
incontri mancati, presenze ‘incompiute'. Un tempo che scivola e sfugge, che smarrisce ed è smarrito nel suo
non-compiersi, nel suo restare in bilico fra ciò che sarebbe potuto essere e
ciò che non è stato. Un tempo che va spegnendosi, completandosi, come in un
saluto, come in un petalo che scivola lasciando spoglio il fiore.
L'Anima, nel suo raccontarsi,
sembra cercare un conforto alla propria sofferenza: un' interazione con un
ipotetico ‘tu' a cui chiedere comprensione, una sorta di ‘allineamento', di
corrispondenza gothiana. E' una forma di discesa nelle profondità per scoprire,
proprio dove la luce sembra non poter arrivare, la vita: “gettare il seme” pur
sapendo che anche quello è perituro e che il Tempo ne potrà cancellare anche il
ricordo.
Mitologie
domestiche dell'Anima è una riflessione che prende forma nel verso-libero:
libertà di forma, libertà metrica, in contrasto con la ‘tirannia' del contenuto
e della sua dipendenza dal ricordo. Nella raccolta permangono i tratti della
prosa che contraddistingue Antonio Messina non soltanto come autore: l'arte
della scrittura è essa stessa vita, esperienza da cui attingere sfumature e con
cui indagare stati d'animo.
Non è solo l'Anima ad essere
protagonista di queste sequenze descrittive: è il vissuto dell'autore, non
semplicemente gli inevitabili riflessi della propria esperienza, bensì il loro
divenire mitologia del quotidiano,
cioè esperienza certamente paradigmatica ma nelle piccole abitudini, nei gesti
consueti e apparentemente banali, nelle inquadrature, nei particolari e perfino
nelle parole non dette ma lasciate semplicemente intendere o presagire.
Si tratta di una poesia (e di
una poetica) di pensiero, di analisi,
di ripiegamento: una sorta di conchiglia che riporta all'orecchio il suono di
atmosfere passate e di speranze in parte sopite, in parte rimosse
definitivamente.
Il passaggio dalla prosa alla
poesia attraverso la penna di Messina è un'assunzione di consapevolezza, una
sorta di presa di coraggio perché significa svelare la parte più profonda di
sé, equivale a fornire uno strumento contemporaneamente di conoscenza e di
coscienza al lettore, come se l'evoluzione dell'Anima, in una specie di gioco
di specchi, fosse scoperta costante del Sé lungo sfumature inattese,
impreviste.
Antonio è - di fatto -
scrittore ‘duplice': la prosa e la poesia presentano inevitabili affinità,
tuttavia, per usare una terminologia musicale, è il timbro ad essere differente,
nonché la ricerca da cui scaturisce. Penso all'immagine di una tela
raffigurante le quattro stagioni considerate non secondo un ordine cronologico,
bensì sulla base delle tematiche che ciascuna suscita o rievoca: una poesia dai
toni autunnali come si presenta questa raccolta appunto, contrasta ad esempio
con una prosa ‘primaverile' quale quella de Le
Vele di Astrabat.
Certe ‘geometrie' proprie della
prosa di Messina si trasformano, nei versi, in profondi effluvi espressivi: il
ritmo si fa più lento, forse più malinconico ma, proprio per questo,
maggiormente autentico e viscerale.
“Noi saremo altra
avventura,/vezzeggiati/da un venticello immigrato”: sulle distese di viole come tra
le ombre del passato permane una sola certezza, la necessità per l'Anima di
continuare a vagare alla ricerca di quella metà, sia essa persona o condizione,
che compenserà l'eterna incompiutezza dell'essere.
Antonio Messina nasce nel 1958 a
Partanna, in provincia di Trapani. Vive a Padova. E' poeta e narratore.
Pubblicazioni:
L'assurdo
respiro delle cose tremule (L'Autore Libri Firenze, 2003), La memoria dell'acqua (Edizioni Il Foglio, 2006), Le vele di Astrabat (Edizioni Il Foglio,
2007), Dissolvenze (Edizioni Il
Foglio, 2008), Ofelia e la luna di paglia
(Il Foglio, 2009); Nebular (Il
Foglio, 2011).
Ilaria Dazzi