Qualcosa più dell'amore
Che la realtà possa essere di gran lunga
più straordinaria della fantasia, ce lo dimostra ancora una volta lo storico
Orlando Figes nel suo nuovo, splendido romanzo Qualcosa più dell'amore (Titolo originale Just
send me Word, Neri Pozza, pp.382, euro 17,
traduzione di Serena Prina). In effetti, i numeri
per una storia d'amore fuori dal comune parlano da soli: 1246 lettere, 647
quelle di Lev Glebovic Miscenko a Svetlana IvanovMiscenko a Svetlana Ivanova; 599 quelle di lei a lui. L'epistolario corre dal
12 luglio 1946 al 23 novembre 1954. Teatro dell'azione è il rimando tra il
campo di lavoro di Pecora in Siberia e Mosca. E l'autore ha
potuto valersi di un'eccezionale documentazione di prima mano, balzata
dagli archivi del KGB, inserendola, come tessere di luminoso dolore, nella
complessa trama in cui nulla vi è d'inventato. Dentro la scrittura dei due
innamorati, ora esplicita, spesso resa cauta dal
pericolo della censura – insieme alla forza del loro sentimento, vulnerato
dalla lontananza -, lottando quotidianamente contro la disperazione per non
lasciarsi vincere dal sistema, vibra la Storia con la sua incredibile crudeltà,
col Terrore stalinista che incalza. Lev e Sveta (diminutivo di Svetlana), possono vedersi in maniera fortunosa, tra mille pericoli e
sacrifici, solo una volta l'anno. Se sia più facile vivere con la speranza o
senza di essa, sembra essere quasi un ritornello, un pensiero fisso da parte
della ragazza che dei due è la più esposta allo scoramento, pur nella consapevolezza
di vivere una situazione di privilegio: è a Mosca – pur nel clima di Terrore –
a casa sua, coi suoi familiari, può fare un importante
lavoro (mal retribuito) di ricerca scientifica all'università. Ma gli anni
passano inesorabili e quando Lev verrà
liberato, Svetlana sarà vicina ai quarant'anni. Lev, intanto, patisce la fame, un freddo siberiano
(temperature che arrivano sino a – 47 gradi) e ogni sorta di maltrattamenti,
anche se qui incontra qualche persona speciale ed
indimenticabili amici. Ma non si lamenta e sembra
pensare più agli altri che a se stesso. Chiede a Sveta
di non fare sacrifici, di non inviargli cibo per sé, piuttosto acido ascorbico
e vitamine per curare compagni di sventura ammalati e mette il suo massimo
impegno di schiavo perché è la sua dignità di uomo retto che glielo impone. Ama
la sua donna senza egoismo, mai autocommiserandosi.
Ai nostri occhi – leggendo la sua storia – appare come un eroe del mondo
antico, anche se lui non ci approverebbe, sentendocelo dire.Si erano conosciuti nel 1935, i nostri protagonisti,
entrambi studenti universitari. Non fu amore a prima vista,
ma grande simpatia, condivisione di gusti letterari con la lettura delle
poesie dell'Achmatova e di Blok.
Sveta fu una delle poche donne ad essere ammessa alla
facoltà di fisica presso la prestigiosa università dell'Unione Sovietica negli
anni Trenta. E Lev sarà nominato assistente
dell'istituto di fisica Lebedev nel 1940. Lo scoppio
della seconda guerra mondiale e il precipitare convulso degli eventi li allontanerà. Lev, arruolatosi
volontario, sarà catturato dai militari tedeschi e internato a Buchenwald. Liberato nel '45, le forze militari di Stalin
lo arresteranno con la condanna a dieci anni di prigione nel Gulag di Pecora,
accusato di alto tradimento. In effetti, venne
considerato una spia perché il fatto di essere stato imprigionato dai tedeschi
e di conoscere la loro lingua, aveva instillato il dubbio che avesse ricoperto
l'ambiguo ruolo di traduttore del nemico. La lontananza non scalfirà il
sentimento che era nato tra i due giovani, rafforzandolo, invece, col fitto
scambio di lettere e con le pericolose incursioni da parte di Sveta al Gulag, il campo di lavoro forzato, cui abbiamo già
fatto cenno.Un carteggio
estremamente toccante quello che ci è dato leggere dalla penna di Figes. In cui il protagonista maschile si esprime con animo
lirico, sensibile persino alla bellezza del paesaggio glaciale in cui è
costretto a vivere. Commoventi i vezzeggiativi con cui si rivolge alla sua
innamorata, accorciando il suo nome in “Svet” che
significa luce. Da parte sua, Sveta, pur con qualche
cedimento e abbandono depressivo (che non si potrà pubblicamente permettere
perché la Russia staliniana è per decreto ottimista) non è da meno del suo
uomo, audace nell'escogitare inauditi mezzi per entrare clandestina nel campo
di Pecora.Con la morte di
Stalin, le condizioni dei prigionieri politici e dei forzati si allevieranno un
po'. E i due innamorati potranno sposarsi e avranno due figli.Con la penna di un romanziere e lo scrupolo di uno
storico, Orlando Figes ci ha fatto leggere pagine che
non sono solo una reale testimonianza di un sentimento capace di sconfiggere la
crudeltà della Storia, ma anche la testimonianza delle gravi tensioni
socio-politiche che animavano la Russia negli anni di governo stalinista.
Lev è morto il 18 luglio 2008.
Svetlana, sua moglie, il 2 gennaio 2010.
Grazia Giordani
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