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  Letteratura  »  Qualcosa più dell'amore, di Orlando Figes, edito da Neri Pozza e recensito da Grazia Giordani 07/02/2013
 

Qualcosa più dell'amore

 

Che la realtà possa essere di gran lunga più straordinaria della fantasia, ce lo dimostra ancora una volta lo storico Orlando Figes nel suo nuovo, splendido romanzo Qualcosa più dell'amore (Titolo originale Just send me Word, Neri Pozza, pp.382, euro 17, traduzione di Serena Prina). In effetti, i numeri per una storia d'amore fuori dal comune parlano da soli: 1246 lettere, 647 quelle di Lev Glebovic Miscenko a Svetlana IvanovMiscenko a Svetlana Ivanova; 599 quelle di lei a lui. L'epistolario corre dal 12 luglio 1946 al 23 novembre 1954. Teatro dell'azione è il rimando tra il campo di lavoro di Pecora in Siberia e Mosca. E l'autore ha potuto valersi di un'eccezionale documentazione di prima mano, balzata dagli archivi del KGB, inserendola, come tessere di luminoso dolore, nella complessa trama in cui nulla vi è d'inventato. Dentro la scrittura dei due innamorati, ora esplicita, spesso resa cauta dal pericolo della censura – insieme alla forza del loro sentimento, vulnerato dalla lontananza -, lottando quotidianamente contro la disperazione per non lasciarsi vincere dal sistema, vibra la Storia con la sua incredibile crudeltà, col Terrore stalinista che incalza. Lev e Sveta (diminutivo di Svetlana), possono vedersi in maniera fortunosa, tra mille pericoli e sacrifici, solo una volta l'anno. Se sia più facile vivere con la speranza o senza di essa, sembra essere quasi un ritornello, un pensiero fisso da parte della ragazza che dei due è la più esposta allo scoramento, pur nella consapevolezza di vivere una situazione di privilegio: è a Mosca – pur nel clima di Terrore – a casa sua, coi suoi familiari, può fare un importante lavoro (mal retribuito) di ricerca scientifica all'università. Ma gli anni passano inesorabili e quando Lev verrà liberato, Svetlana sarà vicina ai quarant'anni. Lev, intanto, patisce la fame, un freddo siberiano (temperature che arrivano sino a – 47 gradi) e ogni sorta di maltrattamenti, anche se qui incontra qualche persona speciale ed indimenticabili amici. Ma non si lamenta e sembra pensare più agli altri che a se stesso. Chiede a Sveta di non fare sacrifici, di non inviargli cibo per sé, piuttosto acido ascorbico e vitamine per curare compagni di sventura ammalati e mette il suo massimo impegno di schiavo perché è la sua dignità di uomo retto che glielo impone. Ama la sua donna senza egoismo, mai autocommiserandosi. Ai nostri occhi – leggendo la sua storia – appare come un eroe del mondo antico, anche se lui non ci approverebbe, sentendocelo dire.Si erano conosciuti nel 1935, i nostri protagonisti, entrambi studenti universitari. Non fu amore a prima vista, ma grande simpatia, condivisione di gusti letterari con la lettura delle poesie dell'Achmatova e di Blok. Sveta fu una delle poche donne ad essere ammessa alla facoltà di fisica presso la prestigiosa università dell'Unione Sovietica negli anni Trenta. E Lev sarà nominato assistente dell'istituto di fisica Lebedev nel 1940. Lo scoppio della seconda guerra mondiale e il precipitare convulso degli eventi li allontanerà. Lev, arruolatosi volontario, sarà catturato dai militari tedeschi e internato a Buchenwald. Liberato nel '45, le forze militari di Stalin lo arresteranno con la condanna a dieci anni di prigione nel Gulag di Pecora, accusato di alto tradimento. In effetti, venne considerato una spia perché il fatto di essere stato imprigionato dai tedeschi e di conoscere la loro lingua, aveva instillato il dubbio che avesse ricoperto l'ambiguo ruolo di traduttore del nemico. La lontananza non scalfirà il sentimento che era nato tra i due giovani, rafforzandolo, invece, col fitto scambio di lettere e con le pericolose incursioni da parte di Sveta al Gulag, il campo di lavoro forzato, cui abbiamo già fatto cenno.Un carteggio estremamente toccante quello che ci è dato leggere dalla penna di Figes. In cui il protagonista maschile si esprime con animo lirico, sensibile persino alla bellezza del paesaggio glaciale in cui è costretto a vivere. Commoventi i vezzeggiativi con cui si rivolge alla sua innamorata, accorciando il suo nome in “Svet” che significa luce. Da parte sua, Sveta, pur con qualche cedimento e abbandono depressivo (che non si potrà pubblicamente permettere perché la Russia staliniana è per decreto ottimista) non è da meno del suo uomo, audace nell'escogitare inauditi mezzi per entrare clandestina nel campo di Pecora.Con la morte di Stalin, le condizioni dei prigionieri politici e dei forzati si allevieranno un po'. E i due innamorati potranno sposarsi e avranno due figli.Con la penna di un romanziere e lo scrupolo di uno storico, Orlando Figes ci ha fatto leggere pagine che non sono solo una reale testimonianza di un sentimento capace di sconfiggere la crudeltà della Storia, ma anche la testimonianza delle gravi tensioni socio-politiche che animavano la Russia negli anni di governo stalinista.

Lev è morto il 18 luglio 2008.

Svetlana, sua moglie, il 2 gennaio 2010.

 

Grazia Giordani

 

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