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  Letteratura  »  Divergenze. Borgese, Malaparte, Morselli, Sciascia, di Antonio Di Grado, edito da ad est dell'equatore e recensito da Massimiliano Magnano 07/02/2013
 

Divergenze. Borgese, Malaparte, Morselli, Sciascia

di Antonio Di Grado

ad est dell'equatore

Pollena Trocchia (NA)

100 pp. 14,00 €

 

                                    

 

Giuseppe Antonio Borgese, Curzio Malaparte, Guido Morselli e Leonardo Sciascia sono per così dire i “ragazzacci” della letteratura italiana del Novecento, che non hanno ancora deciso cosa faranno da grandi. Non sanno cosa li aspetta dietro l'angolo, e questo li rende poco raccomandabili, ma anche molto interessanti. La critica imperante semplicemente si mostra imperturbabile, evitando così di correre inutili rischi. Antonio Di Grado, da parte sua, ce li racconta assecondando i loro dubbi e assecondandoli nei loro ripensamenti, nelle loro forse insanabili contraddizioni. Ci mostra la loro particolare riluttanza ad adattarsi a schemi precostituiti, benché da loro stessi acutamente e accuratamente abbozzati. Ciascuno, leggendo e rileggendo il libro del professore Di Grado, Divergenze, ad est dell'equatore 2012, non mancherà di cogliere questi scrittori occupati a rivedere le loro rispettive posizioni, per occuparne un'altra, almeno temporaneamente. Sempre con un sorriso ironico appena abbozzato: enigmatici e pirandellianamente sfuggenti. Le loro contraddizioni sono nondimeno la linfa vitale che anima la letteratura, poiché è di queste cose che la letteratura (e la società) si nutre e deve nutrirsi. E tuttavia, molto spesso anche la critica più avveduta si è disinteressata di loro, proprio perché questi autori non rientrano nelle classificazioni più accreditate, accanto ad altri altrettanto geniali e questa volta classificabili scrittori. Il dubbio permane. Ma è pur vero che ci si muove per luoghi comuni: come se la genialità si potesse irreggimentare o persino comandare. La letteratura, ma anche la filosofia, la storia sono quindi stati ridotti alla stregua di sterili e del tutto inutili luoghi comuni, buoni solo per delimitare lo spazio di un'appartenenza? No. O almeno non del tutto. È solo che le “etichette”, aiutano a capire meglio e più in fretta. E tuttavia, a travalicare i limiti dettati da questa stessa impostazione, si finisce ineluttabilmente per delineare ambiti d'incomprensione e sacche d'esclusione, quando piuttosto sarebbe il caso di lasciare ampio spazio al dialogo e al dubbio. Divergenze, dunque, ma solo per tratteggiare, per una volta, plausibili ipotesi di lavoro, e non proprio per classificare come inclassificabile chi per vocazione mette costantemente in discussione se stesso e per ciò stesso la propria opera.

 

                                                                                                                  Massimiliano Magnano

 

 
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