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  Letteratura  »  Giacomo Leopardi e la tentazione di Buddha, di Nicola Caldarone, edito da Edimond e recensito da Franca Canapini 15/02/2013
 

Nicola Caldarone

 

Giacomo Leopardi

 

e la tentazione di Buddha

 

Edimond

 

Città di Castello, 2008

 

 

 

 

 

 

 

Nonostante la fiera delle vanità, il culto del denaro, l'esaltazione della furbizia, il malaffare e la superficialità dilaganti, nonostante l'addomesticamento delle coscienze e i circhi televisivi, ci sono ancora, nel nostro paese, intellettuali o eruditi (Non è una parolaccia ma un obbligo per un letterato!- secondo il nostro autore) che nella solitudine delle loro stanze, tra i libri mai vecchi di pensiero, si occupano di trasferire nel presente, con i loro scritti, pensieri e conoscenze già elaborati nel passato. Li rendono fruibili per i contemporanei, in modo che ognuno ci si possa confrontare. E' evidente, leggendo questo saggio, che anche Nicola Caldarone è un erudito: un letterato appassionato, il quale cerca nelle Lettere quei valori civili, che possano aiutare i contemporanei a vivere più serenamente e rettamente.

La sua ricerca ha origine da una lontana intuizione, avuta mentre spiegava ai propri alunni L'Infinito di Leopardi e non riusciva a trovare nella critica un'esegesi adeguata al verso “…e il naufragar m'è dolce in questo mare”. Possibile che Leopardi, imprigionato nella Recanati papalina dei primi dell'Ottocento, avesse conosciuto la spiritualità indiana e il pensiero di Buddha? Possibile che lo avesse assimilato e metabolizzato tanto bene, da farlo emergere in forma incantevole in uno dei suoi primi Idilli?

Per rispondere a tali domande, l'autore ha intrapreso un lungo e complesso lavoro di ricerca, partendo da alcune considerazioni: l'Europa romantica guardava con interesse particolare alla civiltà indiana; Giacomo Leopardi conosceva il Sanscrito, era contemporaneo e idealmente affine a Shopenhauer, a 13 anni aveva scritto La virtù indiana e ci ha lasciato, nelle sue opere in prosa, diverse testimonianze di un pensiero molto vicino ai temi delle Upanishad e del Ramayana.

“Sembra che un filo rosso, per lo più sotterraneo, colleghi Leopardi alla spiritualità indiana, una simpatia trattenuta ai limiti della discrezione o, se si vuole, di quella capacità mistificatoria che appartiene ad ogni poeta di razza, oltre a quella, altrettanto mirabile propensione, soprattutto se riferita al nostro poeta, a cogliere e ad assimilare ogni sorta di messaggio, in grado di generare un'idea, un'immagine, un brivido di stupore sul turbolento, angoscioso destino dell'umanità”.

Per dimostrare questa sua tesi, Caldarone ci conduce, capitolo dopo capitolo, attraverso lo spazio e il tempo, nel pensiero di molti autori e nella storia dei vari popoli.

Il saggio si compone di tre parti. Nella prima confronta la cultura occidentale con quella orientale e discorre su come la spiritualità orientale abbia affascinato gli intellettuali romantici, in particolare Arthur Shopenhauer.

Nella seconda ci presenta le fonti della spiritualità indiana e il pensiero di Buddha. Nella terza, infine, ci prova come Leopardi, relegato in un'oscura provincia italiana, abbia potuto attingere a queste conoscenze ed integrarle al suo pensiero.

In questo “complesso mosaico di esegesi letteraria”, tra i numerosi pensatori citati e inquadrati nel loro periodo storico, Caldarone sottolinea le affinità di pensiero tra Shopenhauer, Buddha e Leopardi, e ci tiene ad evidenziare spesso come queste loro idee possano essere “… il sentiero più promettente per liberare l'uomo del XXI secolo dalle catene dei capricci, delle voglie materiali, dei bisogni, dell'egoismo, della frenesia e quindi della violenza e della intolleranza”.

Shopenhauer sostiene che Il mondo come fenomeno è rappresentazione, ma nella sua essenza è volontà cieca e irrefrenabile, perennemente insoddisfatta. Perciò la vita è un continuo tendere a qualcosa; ogni aspirazione umana è sofferenza se non viene soddisfatta e col possesso svanisce ogni attrattiva. La vita umana oscilla tra il dolore e la noia. Il dolore è reale, la felicità illusione. L'unico modo che ha l'uomo per uscire da questa situazione è vanificare la volontà cioè raggiungere il nirvana: nel suo nulla è il tutto. L'arte, dove l'individuo si stacca dalle catene della volontà, si annienta e si trasforma in puro occhio del mondo, può farci assaggiare la liberazione dalla volontà nel momento creativo. Ma la dimensione duratura della liberazione è quella ascetica, in cui si distruggono il soggetto e l'oggetto e si raggiunge l'oceano della quiete, la profonda calma dell'anima, l'imperturbabile sicurezza e serenità.

Anche per Buddha l'origine del dolore s'identifica con la brama. Perciò il monaco ha da percorrere il nobile sentiero ottuplice: retta visione, retta intenzione, retta parola, retta azione, retti mezzi di sostentamento, retto sforzo, retta presenza mentale e retta concentrazione. E realizzare dentro di sé i quattro sentimenti infiniti: benevolenza, compassione, gioia compartecipe e equanime, noncuranza.

Contemplazione e compassione sono per entrambi i filosofi la base per uscire dalla volontà cieca e dal dolore. (E contemplazione esprime L'Infinito di Leopardi; e compassione esprime La ginestra- riflette il nostro autore).

Alla luce di queste idee filosofiche (che ho riportato in forma assai sommaria, il lettore ne potrà valutare la profondità leggendole personalmente) e di tutti i riferimenti ad esse o a simili, che Caldarone rinviene nei Canti, nelle Operette morali e nello Zibaldone di Leopardi, porgendocele, come non essere d'accordo con lui sul fatto che Leopardi deve aver provato forte empatia per il Buddismo?

Ma, a parer mio, non è il felice esito della sua ricerca (ottenuta con un meticoloso lavoro di scavo, nell'opus leopardiano, per trovarvi versi o frasi probatorie), che importa di più in questo saggio; più importa aver spostato il pensiero e la lirica filosofico – visionaria di Giacomo, altrimenti congelata nel rispetto che si deve ai classici, nel mondo attuale e mostrato come possa essere ancora bellezza senza tempo, atta a far germogliare nelle nostre coscienze riflessioni sull'esistenza e sentimenti di laica solidarietà tra tutti gli uomini. Rileggere il Canto notturno, La ginestra, Il tramonto della luna, alla luce di tutta la ricerca effettuata dall'autore è stato illuminante. Mi ha fatto sentire quanto profondo e realistico (non pessimistico, magari per cause psichiatriche) sia il pensiero del Cittadino del Mondo Giacomo Leopardi. Un essere che, dall'angusto spazio di Recanati, ha saputo espandersi con l'immaginazione nello spazio profondo e infinito. Un essere che è riuscito a catturare nei dolci versi dell'Infinito, come scrive De Sanctis (cit.op.), quell'oscuro quid:

“…ti sta davanti un non so che di formidabile che ti spaura, un di là dall'idea e dalla forma. Tu non puoi concepirlo e non puoi immaginarlo. Vedi solo la sua ombra. Così i primi solitari scopersero Iddio…E questo spiega l'impressione profonda della chiusa così originale, in cui il pensiero riacquista la coscienza solo per sentirsi dolcemente annegato:

Così tra questa

immensità s'annega il pensier mio

e il naufragar m'è dolce in questo mare.”

poiché, come aggiunge Nicola Caldarone, il poeta è naufragato nel Nirvana:

…questo naufragio è dolce perché v'è la dolcezza dell'annullamento, del nirvana, del trasmutarsi in non essere, in sostanza la dolcezza della morte, che placa l'angoscia esistenziale e permette il ritorno nel grembo della madre”. Una morte dell'io che diviene, socialmente, la base per una vita fondata su principi di giustizia e di solidarietà.

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BIOGRAFIA

Nicola Caldarone risiede a Cortona, in provincia di Arezzo. E' iscritto all'Ordine dei Giornalisti, è socio del Sindacato libero Scrittori Italiani e dell'Accademia Etrusca di Cortona. Collabora alla pagina culturale di quotidiani e periodici. Ha ricevuto dalla Presidenza del Consiglio il “Premio della Cultura” nel 1976 e nel 1982. E' Presidente dell'Associazione Scrittori Aretini Tagete.
Ha pubblicato una ventina di libri tra saggi di letteratura, arte e poesia.

Per la saggistica:

Il cantico delle creature, Ed.Frate Francesco. S.Marino, 1975.

San Francesco nella letteratura italiana, Ed. frate Francesco. S.Matino, 1976.

Corrado Pavolini e la letteratura italiana del 900, Ed. Lucarini. Roma, 1978.

Pietro Pancrazi, ed. Calosci. Cortona 1982.

L'Umanesimo in S. Bernardino da Siena, Ed. Accademia Etrusca 1982.

Donna de Paradiso, ed.Ellemme. Roma 1989.

Autobiografia effimera di Corrado Pavolini, ed.Lucarini. Roma 1990.

Il canto XIX del Purgatorio di Dante, ed.Accademia Etrusca 1997.

La seduzione di pietra, ed. Calosci Cortona 1999.

Cortona: una storia infinita, ed. Edimond. Città di Castello, 2004.

G.Pianese: l'uomo e lo scienziato, ed. Calosci. Cortona 2003.

Il Trasimeno: un velo d'acqua su un prato, ed. Edimond. Città di Castello, 2004.

La civitas nova del Sannio, ed. Calosci. Cortona, 2003.

Francois Mitterand e Cortona: Una storia di amicizia (con la testimonianza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano), ed. Edimond, 2006.

 

 

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