Titolo
Alla sbarra
Autore
John Galsworthy
ISBN N/A
Editore
Garzanti
Prezzo
600 £
Pagine 325
Illustrazioni
nessuna
Prima Pubblicazione
1920
Genere
Narrativa
Anno 1899.
Dall'epoca de “Il Possidente” sono trascorsi dodici anni: anni
di profondi mutamenti, nella famiglia dei Forsyte e
nella società che li circonda. La prima generazione, quella dei fratelli, sta
morendo: alcuni sono già sepolti; altri si comprende che lo saranno presto. La
società vittoriana, negli anni '80 al suo apogeo, è ormai al termine. Tutto
appare mutato: nelle strade circolano le automobili, i treni corrono in
sotterranea. La seconda generazione di Forsyte, i
cugini, verrà messa alla sbarra; Forsyte
contro Forsyte, e ci sarà lo scandalo, l'onta
pubblica, per una delle colpe più gravi che gettano il discredito sull'intera
famiglia: il divorzio!
Ancora più
intimista del romanzo precedente, questo secondo capitolo della “saga” ha un
protagonista che prevale rispetto agli altri: Soames Forsyte, proprio “il possidente”, il più antipatico (ai
nostri occhi moderni) tra tutti i Forsyte, nel quale si concentrano i principali difetti della sua
ipocrita epoca: moralismo di facciata, meschinità d'animo, egoismo, smania di
possesso. Gli fa da contrappunto il cugino Jolyon,
che, al contrario è un Forsyte atipico: artista,
disinteressato, capace di affetto e tuttavia restio nel dimostrarlo, perché, in
fondo, è pur sempre figlio di un mondo in cui l'uomo doveva essere severo ed imperturbabile.
Intorno a
loro, un po' sbiaditi, gravitano gli altri cugini e cugine, ed
i loro figli: una nuova generazione cresciuta nel lusso, che predilige al
lavoro l'ozio e la dissipatezza, ed affronta la guerra come una sorta di gioco.
Non è ancora “La Grande Guerra”, piuttosto una sua prova generale: la guerra
per il possesso del Sudafrica, contro i boeri, nella quale
le sgargianti uniformi rosse vengono sostituite dalle più anonime divise kaki,
che è poi il colore del fango.
La storia,
in sé, non è molto articolata, le azioni e le loro conseguenze sono facilmente
prevedibili, ma il libro scorre fluido senza annoiare affatto, carico di un
forte simbolismo, per cui ogni personaggio, persino ogni oggetto, rappresenta
un intero mondo. Sarà lo stesso autore, verso la fine del romanzo, a fornire la
chiave di lettura, e a fare il bilancio di un epoca
che inizia con le diligenze e si conclude con la metropolitana. Un epoca che muore, trascinando con sé nella sua fine un
mondo di idee, pensieri e valori che oggi possiamo non condividere, ma che
indubbiamente diedero a chi visse allora dei “punti fermi” cui aggrapparsi, e
che in un soffio vengono spazzati via. Molto significativo
è il rilievo dato al funerale della regina Vittoria, mentre il passaggio dal
XIX al XX secolo è totalmente ignorato.
Pubblicato
nel 1920, quindi poco dopo la Prima Guerra Mondiale, questo libro è carico di
morte: si avverte, in ogni riga, il senso della tragedia, della fine,
dell'annientamento.
Verso la
fine, in modo inaspettato, si annuncia l'arrivo di una successiva generazione
di Forsyte, quella che nascerà già nel nuovo secolo,
e dovrà affrontare, come noi ben sappiamo, prove terribili.
A mio
parere il romanzo avrebbe dovuto terminare qui, con una frase che non posso
citare perché darebbe un'anticipazione degli eventi, ma termina con il segno
del possesso: “era roba sua!”. Segue invece un ulteriore capitolo, estraneo, ridondante, che stride con
l'essenzialità che caratterizza la vicenda ed i suoi protagonisti. Un peccato
veniale, che fa però riflettere su come anche i grandi, grandissimi scrittori
possano talvolta non essere all'altezza delle nostre aspettative,
che li vorrebbero perfetti.
Resta un
dubbio da sciogliere: di quali Forsyte parlerà il
terzo volume della saga? L'ultima generazione del vecchio secolo avrà qualcosa
da dire, o l'autore ci parlerà subito dei nuovissimi arrivati, di cui solo uno
porterà il cognome Forsyte?
Una domanda
che incuriosisce e che, questa volta, è stata seminata con sapiente accortezza
per invogliare il lettore a continuare con l'ultimo libro.
Sarà fatto.
Rosella Rapa
Nota :
Il romanzo
è pubblicato in Italia anche con il titolo “Nella ragnatela” .
Il titolo
originale è “In chancery” letteralmente “In
cancelleria”, cioè in tribunale.