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  Letteratura  »  In senso inverso, di Philip K. Dick, edito da Fanucci e recensito da Giuseppe Iannozzi 08/03/2013
 

In senso inverso - Philip K. Dick – Fanucci – pagg. 235 – ISBN 9788834718650 - € 9,90

 

 

Philip. K. Dick e la putrefazione del mondo

 


E' difficile non ricordare un classico hard-boiled come La vigna di Salomone (La quinta tomba) di Jonathan Latimier. Il romanzo, scritto nel 1941, venne pubblicato in versione censurata solo nel 1950: si dovrà attendere il 1982 perché l'America decida finalmente di approvare la stampa e la diffusione integrale del libro. Ma cosa scandalizzò così tanto l'America puritana? La quinta tomba è ambientato nel Midle West: la corruzione e la perversione sono gli ingredienti principali della storia, una storia con non pochi risvolti pulp, che oggi fanno sorridere, difatti siamo abituati a ben altro, e le storie di necrofilia e di sette sataniche sono all'ordine del giorno tra le colonne dei giornali americani, tanto che accadimenti del genere non suscitano quasi più l'attenzione di nessuno. Ad ogni buon conto, il crepore che la società americana dimostrò nei confronti di Latimier non fu di certo cosa da poco; l'accusa era precisa: era vietato parlare di necrofilia e per giunta ventilare l'ipotesi che una rete di sette sataniche (e pagane) stesse operando in segreto per mettere in ridicolo i costumi della società troppo puritana. Eppure tutti sospettavano, già nel 1940, che del marcio si annidasse nei costumi della società: se la domenica era dedicata alla famiglia e alla messa, il resto della settimana solo Dio sapeva quali nefandezze si lasciavano a marcire nell'animo dell'America. Latimier aveva osato troppo: un romanzo come La vigna di Salomone non poteva circolare, anche se era solo un racconto pulp. Questo fu il motivo della censura.
A distanza di tanto tempo, la società americana non può più fare a meno di negare l'ambiguità della sua moralità: i mezzi di informazione hanno disseppellito almeno una parte del marcio che la cultura americana ha prodotto e trasmesso quasi in segreto ai suoi adepti più intelligenti, quelli che trasgrediscono i costumi però senza andare a dirlo ai quattro venti. Ciò nonostante, qualcuno ha parlato e l'emorragia è stata inarrestabile, tanto che ormai le perversioni sono sulla bocca di tutti. J. C. Ballard, in occasione dell'uscita del volume di Adam Parfrey, Culture dell'Apocalisse – Antologia di Pensiero Terminale -, commentò: “… è una necessaria lettura per tutti quelli che sono interessati alla crisi della nostra epoca… Questi sono i documenti terminali del Ventesimo secolo.” Eppure il volume non scandalizzò quasi nessuno: anzi, si può dire che passò inosservato, e la stessa indifferenza fu riservata a La vigna di Salomone quando nell'Ottantadue uscì finalmente in versione integrale.

Solo pochi si indispettirono e si sentirono offesi: se levarono al cielo delle rimostranze fu più per il gusto di “alzare la voce” che non per altro, in quanto Culture dell'Apocalisse non faceva altro che descrivere l'America (e non solo) vestita di quell'abito che da sempre si porta addosso, un abito consunto e ormai passato di moda, quindi era giusto per gli “offesi” alzare la voce, ma non più di tanto, giusto per distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica da altre nefandezze in fiore e di cui non si sarebbe dovuti venire a conoscenza. Nell'era atomica, dell'Aids, dei brogli finanziari e politici, argomenti come necrofilia e satanismo sono diventati l'osso da gettare al cane rabbioso che è il mondo dell'informazione per distrarlo: argomenti simili servono a consumare i denti di questo cane rabbioso, ed intanto si occultano le nuove perversioni sociali.
Philip K. Dick nel 1967 scrisse un romanzo di fantascienza dal gusto pulp: In senso inverso, un romanzo che non attirò più di tanto i lettori di SF. Oggi, a distanza di più di trent'anni, l'editore Fanucci ripropone questo scritto, quasi dimenticato, di P.K. Dick. In senso inverso ha tutti gli ingredienti della Vigna di Salomone e con preveggenza annunciava, già nel '67, i grandi temi della cultura apocalittica. Leggere oggi questo romanzo di P. K. Dick spinge a riflettere: quando uscì in America, fu apprezzato solo dai pochi estimatori dello scrittore. In senso inverso non si impose all'attenzione della censura. Eppure, Dick era da tempo sospettato di essere un mezzo bolscevico; lo stesso scrittore non negava le sue ossessioni: era fermamente convinto che l'FBI gli stesse alle costole e non passava giorno che le sue ossessioni (enfatizzate dall'assunzione di droghe) diventassero sempre più una minaccia per la sua psiche ormai proiettata in un mondo di “simulacri”. Non è difficile ipotizzare che lo stesso Dick fosse convinto che un suo “doppio” si adoperasse contro Dick, lo Scrittore di SF. La storia è ambientata nel 1998: l'Effetto Hobart ha rivoluzionato totalmente la “vita”e la “morte”, difatti il tempo si muove al contrario. L'Effetto Hobart ridefinisce il concetto stesso di “venire al mondo”: perché un individuo abbia una sua identità deve nascere, morire e resuscitare. Ogni individuo, in pratica, nasce, consuma la sua vita e muore: ma la morte è solo un momento passeggero, perché l'Effetto Hobart farà in modo che l'individuo resusciti dalla sua tomba. Si assiste così alla nascita, per così dire, di individui già vecchi, che vengono disseppelliti dalle loro tombe per vivere una vita che li porterà finalmente alla pace eterna, ovvero di nuovo dentro l'utero materno.

Quando resuscitano hanno davanti una vita intera da sbrigare, quindi nuovi compiti e una nuova coscienza etica, religiosa e politica; il tempo scorre al contrario e più si diventa giovani più ci si rende conto che tutto quello che si era appresso in termini di conoscenza finisce con l'essere cancellato dalla memoria. Ringiovanire diventa un pericolo.

E poi, la Biblioteca, occulto organismo di cui lo stesso governo ufficiale (o ufficioso) ha paura, si adopera per cancellare tutti gli scritti pericolosi o ritenuti tali.
Impossibile non riconoscere alcuni spunti tematici di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, anche se P. K. Dick vede nella Biblioteca ben più di un organo preposto a distruggere la cultura: per Dick, la Biblioteca simboleggia, in senso religioso/politico, l'annientamento dell'anima umana, perché cancellare un libro significa cancellare l'Autore ma anche la sua anima, quella riversata nel libro scritto. E' chiaro che Bradbury, coi suoi pompieri incendiari preposti a bruciare i libri, evidenzia come la storia ha fatto scempio della cultura, e non nega che la storia non è mai realmente passata, anzi potrebbe essere il futuro; e non a caso Fahrenheit 451 è ambientato nel futuro. Anche Dick ambienta la storia dell'Effetto Hobart nel domani, ma il domani dickiano è allucinato, è un futuro che non lascia spazio alla speranza che il “domani abbia un futuro”, anzi fa di più: il futuro dell'uomo non può che essere il passato, il ritorno nell'utero materno. In pratica, per Dick, il domani non esiste: e la fede nella resurrezione dell'uomo, anch'essa è pericolosa perché conduce l'uomo in un “niente religioso” coniugato al passato, l'unico futuro possibile per l'umanità. Sembra quasi che il messaggio di In senso inverso sia che il futuro è possibile solo se si accetta che l'uomo non ha più nulla da dire se non guardando al passato, un passato, che in realtà non esiste, giacché la Biblioteca ha il compito di cancellarlo.
Non meno difficili sono i rapporti sociali: matrimoni fra “resuscitati” e “coloro che sono venuti al mondo per la prima volta” sono difficili da gestire se non impossibili. E poi la politica è una minaccia da qualsiasi punto la si guardi: un Profeta politico e religioso, l'Anarca Peak, morto tanti anni addietro, resuscita, e i suoi oppositori di un tempo cominciano una lotta senza mezze misure contro i seguaci del Profeta. La legge è che il “resuscitato” può essere acquistato da chiunque abbia i soldi per pagare il giusto prezzo. Gli Uditi affermano la supremazia di una Chiesa militante e padrona dei Media e quindi si dichiarano padroni legittimi dell'Anarca; ma anche il Papato, una forza oscura quanto terribile, vuole l'Anarca Peak. Impossibile non riconoscere i riferimenti a Malcom X, ucciso il 21 febbraio 1965, e alle Pantere Nere: un pulp politico, non di certo all'altezza stilistica del capolavoro di George Orwell, 1984, ma che non manca di suscitare sentimenti contraddittori nel lettore moderno. Come se tutto ciò non bastasse, l'organo della Biblioteca rapisce l'Anarca resuscitato: la lotta non è più solo politica fra oppositori dell'Anarca e seguaci del medesimo; Dick introduce a questo punto anche l'elemento religioso/politico, la Biblioteca che non desidera nulla affatto che il Profeta torni a parlare. Politica e religione si sposano e insieme generano un nuovo mostro del Potere, la Biblioteca.
I colpi di scena non mancano di certo: è sicuramente uno dei più complessi romanzi dickiani. Il corpo narrativo è condito di elementi pulp fino all'esagerazione, quasi l'autore volesse mettere in ridicolo stesso e quanto sta propugnando; e poi non mancano i risvolti personali e il rapporto dell'autore con le donne, un rapporto difficile che rasenta quasi la misoginia. Una curiosità, che la dice lunga circa il rapporto di amore/odio che Dick nutre nei confronti delle donne, è la copertina di una delle prime edizioni del romanzo; il paperback inglese per i tipi Sphere, apparso nel 1968, rappresenta in copertina una croce bianca da cui spunta un mostriciattolo color carne che si aggrappa al cranio di una fanciulla addormentata, una ragazza dai capelli neri, Nancy (la donna tanto amata da Dick almeno fino al 1970), e sotto la massa corvina dei capelli il volto tagliato in due parti, una metà dolcissima ed innocente, l'altra una maschera di totale putrefazione.
In senso inverso è un romanzo più che mai attuale, che non tradisce le aspettative dei lettori siano essi amanti o meno della SF, in quanto oltre ad essere una bellissima storia fantascientifica, è il ritratto della nostra società, quella che ogni giorno viviamo, sforzandoci di interpretarla. Philip K. Dick l'ha interpretata per noi attraverso le sue ossessioni perfettamente realistiche: è quasi impossibile non pensare alla “realtà” come ad una “ossessione”, ovvero al male di vivere che da sempre tormenta l'umanità.

 

 

Giuseppe Iannozzi

 

 

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