Cocaina
motore del mondo
di Ferdinando Camon
Quotidiani
locali del Gruppo "Espresso-Repubblica" 11 aprile 2013
Siamo immersi nella cocaina, la cocaina
è la malattia del mondo e la spiegazione del mondo. Ricchezze, fortune, poteri,
dinastie, carriere sono costruite sulla cocaina. Carriere
nell'arte, nello spettacolo, nella medicina, nella politica. Ministri,
governatori. Guardiamoci intorno: il medico che ci cura e
ha centinaia di clienti di troppo, il chirurgo che ci opera e fa ore
d'interventi in più, perfino il postino che suona alla porta, la prostituta che
tira l'alba, il magnaccia che la protegge, il cliente che vuol trasformare la
disperazione di lei nel proprio piacere, tutto va avanti a forza di cocaina. La
cocaina è il motore del mondo e della storia, costruisce le miserabili vite che
contengono le nostre miserabili esistenze, ma anche le
storie dei potenti, che contengono le vite dei popoli. La cocaina ci salva
nelle crisi, con la forza d'ala di un angelo. La cocaina ci distrugge tutti,
con la maligna spietatezza di un demonio. I popoli la chiamano con nomi di
paradiso e nomi d'interno. La cocaina fonda e mantiene
imperi, gl'imperi multi-continentali
dell'epoca che viviamo. I padroni della cocaina sono i padroni
del mondo. Hanno oggi il potere che una volta avevano
i Cesari, i Kaiser, gli Zar. È un potere basato sul denaro e sul delitto. La
facilità che hanno i boss della droga nel costruirsi un impero è la facilità
che hanno ad uccidere. Gli sgherri che tengono a
servizio sono addestrati a uccidere per una sola ragione, punire chi sgarra. Ma anche per nessuna
ragione, come animali o automi. Il delitto si autogiustifica: tu ammazzi, e non
devi sapere perché. La cocaina spappola il cervello, ma lo beatifica.
Spappolandolo e beatificandolo, lo stacca dal mondo e dalla vita. E questo
spiega tutto: stiamo attraversando un'epoca in cui ciò che soprattutto desideriamo,
ciò di cui abbiamo bisogno, è distruggere il collegamento con tutto e tutti,
moglie figli casa lavoro città leggi e Dio, abbiamo bisogno di non pensare a
nessuno, di essere una microscopica particella gaudente e incosciente. Questo
fa la cocaina.
Chi la prende la prima volta, non la dimentica più. Ci
pensa anche dormendo, lavorando, facendo sesso. È la nostalgia, dolcissima e
straziante, di una felicità assoluta, e assoluta vuol
dire sciolta da tutto. Perciò la cocaina è un bene. Saviano
dice, in questo libro potente, vasto, brulicante, costruito come un delta
ramificato in cento fiumi separati (ZeroZeroZero, Feltrinelli)), che la cocaina è
“il bene”, in senso psicologico, antropologico, morale ed economico. Essendo un
bene, ha un mercato. Avendo un mercato, ha una produzione. Essendo un bene-prodotto-venduto, ha un
centro di produzione e i boss della produzione e dello smercio. Capire la
cocaina vuol dire capire questo. Capire la cocaina
vuol dire capire il Messico (Saviano
lo sviscera in tutti i suoi traffici), e viceversa. Capire la criminalità
messicana, guatemalteca (la più crudele, che uccide per godere), russa, e via
scorrendo sulla superficie del mondo, ma anche, e soprattutto, italiana. La
‘ndrangheta. Saviano fa un
quadro “epico” della ‘ndrangheta e dei suoi codici. Per i quali gli affiliati
sono addestrati a uccidere e a morire per qualcosa che li scavalca: noi
identifichiamo questo qualcosa con il male, ma loro ci vedono il test
dell'essere uomini. Tu devi guardarti da tutti. Chi ha mangiato il pane con te
ti ucciderà, fosse pure tua moglie o tuo figlio. Se non sei pronto a ucciderli
tu per primo, non sarai mai un capo. C'è una grandezza maligna e funerea in
tutto questo, ma è pur sempre grandezza. E la grandezza esercita un fascino. Saviano lo sente e (non so se sarà contento di sentirselo
dire) lo trasmette. Usciamo dal libro barcollando, come drogati.
ZeroZeroZero – Roberto Saviano – Feltrinelli – pagg. 450 - ISBN 9788807030536 - € 18,00
www.ferdinandocamon.it