Julie Otsuka
Venivamo tutte per mare
Titolo originale The Buddha
in the Attic
Ed. Bollati Boringhieri
Romanzo
Di loro alcuni
lasciarono
un nome,
che ancora è
ricordato con lode.
Di altri
non sussiste memoria;
svanirono come se non fossero esistiti;
furono
come se non fossero mai stati,
loro e i
loro figli dopo di essi.
Siracide 44,
8-
Il tetto si è bruciato
ora
posso
vedere la luna.
Mizuta Masahide
Venivamo tutte per mare di Julie Otsuka narra la
prima immigrazione
giapponese negli Stati Uniti, è un libro toccante
intessuto da una scrittura
mirabile: lieve, armonica,
musicale ed emozionante.
Come ebbe a
scrivere un critico è come un sussurro che accarezza ed ipnotizza e
come dichiara
la stessa
autrice è una
storia corale
di migliaia
di giovani donne giapponesi - le cosiddette “ spose in fotografia”-che
andarono
in America agli
inizi del Novecento.
Giovani sacrificate
e dalle famiglie
originarie per togliersi il fardello della
dote per sposarle e per avere una
bocca in meno da sfamare e dai
futuri mariti che le sfruttarono senza
alcun cedimento emozionale.
Come tante
emigrazioni dolorose ma nello stesso tempo piene di aspettative, il racconto
inizia dal
viaggio per mare
di queste fanciulle sprovvedute ed
ingenue, tra le mani hanno
la foto dei futuri mariti, istantanee di giovani
che poi in realtà erano o vecchi o laidi
ed insensibili e d'aspetto tutt'altro che gradevole.
L'approdo e l'adattamento
in terra straniera tra le
grinfie di uno sconosciuto sarà
spesso devastante:
una schiavitù
fisica e morale
dura da
sopportare se non con estrema rassegnazione e profonda
sofferenza.
Senza
retorica o spinte
sentimentali come l'occasione imporrebbe, l'autrice
ci accosta
ad un mondo femminile, quello orientale,(ma
l'animo femminile ha connotazioni
etniche?) così dedito alla abnegazione di se stesse e dei propri desideri più intimi
da colpire al
cuore il lettore, in uno stile delicato
e scevro da sovrabbondanti
aggettivazioni.
Si dipanano storie collettive, narrate in prima
persona plurale,
dolenti, non prive, a volte, di
piccole e brevi speranze, intessute
di sentimenti e stati d'animo: paura, incertezza,
dolore, sofferenza, nostalgia…
Acuta la
delusione per essere state ingannate,
ogni promessa della terra
promessa si rivela infondata e l'amore
sognato infranto
da una
realtà miserevole e squallida. La
fatica
fisica fino all'estremo,
la sottomissione all'uomo fino all'annullamento
di sé fanno
di queste giovani vittime sacrificali,
immolate in nome di una più prospera
e migliore condizione di vita. Se i mariti
avessero detto
la verità nelle loro lettere - non
erano mercanti
di seta, ma
raccoglitori di frutta, non vivevano
in grandi case
con molte stanze, ma sotto una
tenda o dentro un granaio o all'aperto,
nei campi, sotto il sole e le stelle
- non sarebbero mai venute in America
a fare
i lavori che nessun americano
rispettabile voleva fare.
Avevano la
schiena forte e le mani agili,
resistenti e disciplinati
e dal carattere docile: la
migliore razza
di lavoratori
che l'America avesse! Alcune avevano lasciato in patria anche
dei figli e il rimpianto
di essi mordeva l'animo… ”Sulla nave
non potevamo immaginare
che avremmo sognato nostra
figlia ogni notte fino al giorno della
nostra morte, e nel sogno avrebbe sempre avuto
tre anni come l'ultima volta
che l'avevamo
vista: una
figura minuscola con un kimono rosso scuro accovacciata ai margini di una
pozzanghera,
incantata davanti a un'ape
morta che galleggiava sull'acqua! E
nei ricordi nostalgici e nella fatiche e nelle umiliazioni
quotidiane si consumano intere esistenze, nutrendo la speranza vana che qualcuno
si accorgesse di loro e le liberasse, e molte di loro immaginavano di
ritornare in Giappone. E in Giappone
ritorneranno tanti
giapponesi, maschi,
trasferimenti di massa, evacuazione
d tutti gli stranieri nemici dalla costa, al
grido Rimandiamoli da Tojo! dopo l'attacco
di Pearl Harbor.
La narrazione del libro arriva fino agli
anni'40 quando le generazioni
dopo si sono americanizzate
sfuggendo sempre più alle consetuetudini dei loro padri
e si sono conformate alla lingua e alla società statunitensi.
Il pregio artistico
di questo libro è nel descrivere una
realtà dolorosa,
a tratti
spregevole, da domandarsi
perché tanta umanità debba
sopravvivere invece di vivere in una lingua
talmente bella
da farsi
arte e l'arte
trasfigurare
la realtà
ed elevarla
a dignità.
Julie Otsuka è nata
in California.
Si è laureata in Belle Arti alla Yale
University e ha
conseguito un Master of Fine Arts alla
Columbia University.
E' anche pittrice. Oggi vive e lavora a New York. Il suo primo romanzo,
When the Emperor Was Divine (2002), dopo aver scalato le classifiche
con duecentosessantamila
copie vendute negli Stati Uniti, è
considerato un classico contemporaneo:
con questo libro, unanimamente giudicato
dalla
critica un capolavoro. Julia
Otsuka ha vinto l'Asian American
Literary
Award, l'American Library
Association
Alex Award e una Guggenheim Fellowship.
Arcangela Cammalleri