Eccomi
– Jonathan Safran Foer – Guanda – Pagg. 666 –
ISBN 9788823504882
– Euro 22,00
Letteratura
e letterati oggi
Che
l’epoca a noi contemporanea sia di difficile definizione, di
aspro inquadramento, presumo dunque di difficile rappresentazione,
mi appare ancora più lampante dopo la lettura di questo
romanzo. Esso riesce sicuramente a restituire l’epoca coeva, le
sue disarmonie, l’omologazione dei vissuti pur descrivendo un
preciso gruppo sociale nella Washington odierna e non disdegnando
l’immaginazione di un futuro apocalittico per Israele fra
terremoto ed ennesimo conflitto, eppure a questo scritto manca il
sentimento universale. Languisce in oltre seicento pagine
nell’individualismo che ci caratterizza, si inabissa nella
famiglia Bloch e nella sua incapacità di reggere alla sfida
della propria epoca, è deludente anche perché i fatti
narrati evolvono in negativo e l’intera narrazione si chiude
con una scelta dolorosa.
Nello
stile tipico di Foer che caratterizza la sua prosa con abbondanti
dialoghi, qualcuno al limite della decenza della rappresentatività
, o per l’uso di un lessico animato da volgari riferimenti
sessuali o per ridondanza o per inutilità pura, la narrazione
vive anche di piccole brecce che fanno intuire il potenziale di
questo autore capace di narrare e indubbiamente di consegnare al
lettore interessanti spunti di riflessione. Lo scritto è
animato dal sentimento del tempo, fuggevole, che tormenta in
particolare Jacob, l’antieroe, padre stupendo ma uomo
irrisolto, ingabbiato da un ‘identità ebrea che nulla a
che vedere con la religiosità, incapace di conoscersi e di
darsi agli altri, immaturo nella sua disfatta. Foer ha saputo creare
un ottimo personaggio, disgregato però nell’identità,
perso fra le innumerevoli pagine. Solo quando la narrazione si
focalizza su di lui e non tramite lo strumento del dialogo ma
attraverso il più necessario narratore esterno, allora si gode
di una buona scrittura. La moglie, Julia, è personaggio
secondario ma necessario a individuare i limiti di Jacob, per cui
perfettamente funzionale, i tre figli infine sono ben caratterizzati
e offrono lo spunto per parlare di genitorialità, rapporto di
coppia, crescita. Vi sono pochi altri personaggi e sono quasi tutti
appartenenti alla famiglia: sono i parenti che vivono in Israele,
sono i genitori e il nonno di Jacob, sono insomma le sfaccettature
assunte dalla diaspora nel terzo millennio, funzionali anche esse a
far riflettere sul lascito della storia di questo popolo, sulla sua
evoluzione che pare sfociare nell’involuzione culturale delle
nuove generazioni depauperate anche del credo ma ingabbiate dalla
cultura religiosa, dai riti e dalle celebrazioni che non si sanno
più comprendere ed accettare. È tramontato il senso di
appartenenza, essere ebrei sembra quasi un inutile fardello che può
inorgoglire solo a livello culturale.
Personaggio
a parte il cane Argo, quasi il fulcro di un universo disgregato e
disgregante.
Consiglio
la lettura solo a chi è capace di apprezzare quanto per me ha
rappresentato un limite, non rientra nei miei canoni estetici.
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