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  Letteratura  »  Non è un mondo per vecchi, di Michel Serres, edito da Bollati Boringhieri e recensito da Franca Canapini 27/03/2017
 

Michel Serres


Non è un mondo per vecchi


Bollati BORINGHIERI


Torino, 2013



Ho trovato una breve informazione dell’esistenza di questo libro in una rivista cartacea: il filosofo francese Michel Serres, ultraottantenne e tuttora insegnante di Storia della Scienza alla californiana Stranford University, nel 2012 ha pubblicato La petite Poucette, un saggio dedicato alle nuove generazioni “digitali”, delle quali spiega con empatia i comportamenti sociali e li legittima.


Appena l’ho avuto tra le mani, mi sono collegata in Rete per leggere la biografia di Serres; da essa, con pochi click di mause, sono entrata nelle pagine della fiabe di Andersen e dei fratelli Grimm(dalle quali il libro trae il titolo) e, tanto c’ero, me le sono lette in francese per il solo piacere di rinfrescarlo.

Come nella leggenda di San Dionigi (citata da Serres nel cap. Scuola. Paragr. la testa di Pollicina), così facendo, ho preso tra le mani “la mia testa decapita “(computer=sede dei saperi) per cercare delle informazioni non tanto per memorizzarle, ma per usarle in un lavoro creativo: questo scritto.


Premessa necessaria la mia, per dire quanto mi senta “in linea”, “connessa” con il pensiero dell’autore che, ben lungi dallo stigmatizzare il comportamento disattento, vociante e disimpegnato degli studenti ce ne spiega i motivi e ci indica come il mondo di geometrie a cui siamo abituati da secoli stia diventando del tutto inadeguato a rispecchiare i nascenti paradigmi sociali, ai quali, senza quasi accorgercene, ci stiamo approcciando anche noi vecchi (vedi il mio comportamento descritto sopra).


Non più villaggi, non più vicini e riti di appartenenza, non più attività in armonia con la natura. Viviamo immersi in un’epoca totalmente nuova dove anche la morte fisica non è certa, se basta un massaggio cardiaco a riattivare il cuore. Niente sembra più sicuro in una società globalizzata (non le fedi politiche, culturali, religiose) e a tal punto tecnologizzata da estraniare dalla realtà vicina. Ho scoperto, solo per fare un piccolo esempio, che i miei alunni non sanno cosa siano ginestre ed eriche, eppure conoscono benissimo gli ultimi giochi elettronici e i saperi che veicolano…Viviamo in una rivoluzione e difficilmente ne possiamo azzardare un giudizio. Viviamo dentro una rivoluzione tecnologica e difficilmente ne possiamo misurare la portata...” Affermavo in un’intervista del 2010. Nel frattempo anche la mia immersione nella tecnologia, che allora mi sembrava sorprendente, è diventata normalità e sicuramente mi ha cambiata nel modo di cercare conoscenza, imparare e pensare; e qualche riflessione su quella “portata” me la sono fatta, ma che sollievo! trovarla chiarita, dolcemente spiegata, entusiasticamente accettata in questo denso librino di nemmeno 80 poetiche pagine!

Pollicina/o non vivono più in compagnia degli animali, non vivono nella stessa terra, non hanno più lo stesso rapporto con il mondo. Abitano la città. Abitano un mondo pieno (in una generazione siamo stati sbalzati da due miliardi a 7 miliardi di persone). Hanno una prospettiva di vita di circa 80 anni. Non hanno conosciuto la guerra. Beneficiano di una medicina che li fa soffrire meno dei predecessori. La loro nascita è programmata. Mentre i predecessori studiavano in classi culturalmente omogee, per i pollicini la multiculturalità è la regola. Quale letteratura, quale storia sono in grado di comprendere, beati…senza aver sperimentato, soffrendo, l’urgenza vitale di una morale?

L’orizzonte temporale dei loro avi comprendeva alcune migliaia di anni; il loro, ormai sconfinato, risale alla barriera di Planck.

Sono formattati dai media, dalla pubblicità, dalla società dello spettacolo, che eclissa la scuola e l’università. Abitano il virtuale e l’uso dei nuovi strumenti non eccita gli stessi neuroni né le stesse zone corticali attivati da libri, lavagne e quaderni. Tramite cellulare, Gps e Rete abitano uno spazio topologico di vicinanza.

Senza che ce ne accorgessimo, - riflette l’autore - in un breve intervallo di tempo- quello che ci separa dagli anni settanta del Novecento – è nato un nuovo umano. Lui e lei non hanno più lo stesso corpo, la stessa speranza di vita, non comunicano più allo stesso modo, non vivono più nella stessa natura, non abitano più lo stesso spazio…lui e lei apprendono in un altro modo. …Sono diventati tutti e due “individui”…le appartenenze (reclutate dalle ideologie) sono svanite. Come atomi senza valenza, i ragazzi sono nudi.


Questo individuo “non appartenente” ha bisogno di inventare nuovi legami. Gli insegnanti non possono più pretendere di dispensare un insegnamento all’interno di contesti tipici di un’epoca che essi non riconoscono più. Attraverso la Rete il Sapere è sempre e ovunque già trasmesso e oggettivato e diffuso, e ciò non rende desueti solo i vecchi metodi d’insegnamento, ma anche tutte le Istituzioni sociali che “somigliano alle stelle di cui riceviamo ancora la luce, ma che secondo il calcolo degli astrofisici sono già morte da tempo”.


E qui mi fermo resistendo al desiderio di riassumere tutto il saggio e lasciando a chi vorrà leggerlo il piacere di confrontare il suo pensiero con quello dell’autore.


Aggiungo che, se la prima parte del libro è interessante, la seconda diventa ancora più coinvolgente, nello spiegarci tramite leggende, metafore, e lessico volutamente attinto dalla tecnologia, il nuovo modo di apprendere di Pollicina/o; e elogiando la serendipità, l’intuizione, l’intarsio, il pensiero procedurale.


Insomma, altro che sentirci delusi dagli atteggiamenti dei nostri studenti, figli e nipoti!, diamogli la possibilità di esprimersi con i loro nuovi metodi, supportiamoli rinnovando le nostre Istituzioni, collaboriamo con loro e guardiamoli con l’occhio benevolo e senza pregiudizi dell’autore che, sì, è vecchio fisicamente, ma ha una mente giovane, entusiasta e profetica.


Franca Canapini

 
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