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  Letteratura  »  Il nome del padre, di Flavio Villani, edito da Neri Pozza e recensito da Grazia Giordani 25/05/2017
 

Il nome del padre



Un «cold case» nella Milano nera degli anni Settanta

«Il nome del padre» è un viaggio poliziesco nei misteri del cervello



Non è solo un avvincente noir «Il nome del padre» (Neri Pozza, pp. 315, euro 17) di Flavio Villani, ma come un’insolita matrioska, racchiude in sé il mistero di un cold case, inserito nel clima difficile di una Milano anni Settanta che offre l’estro all’autore di giocare su due diversi livelli in cui quanto non fu risolto nel passato, riemerge nel presente. Il romanzo si apre con una visione che evoca l’atmosfera di un paesaggio di De Chirico con Piazza Duca D’Aosta deserta e soffocata dalla canicola di Ferragosto.

Nel deposito bagagli della Stazione Centrale viene rinvenuto, all’interno di una valigia, il cadavere squartato di una donna.

«L’addetto al deposito bagagli era franato nell’ufficio della Polfer che pareva inseguito da un fantasma, lo sguardo dilatato, pallido da far paura». All’inizio, sentito l’odore nauseabondo, aveva pensato a un ratto putrefatto, visto che in quel luogo malsano se ne vedevano correre in continuazione, ma il fetore si era fatto così intenso, che l’addetto si era deciso ad aprire una valigia rigonfia, facendo l’orripilante scoperta.

È a questo punto che il lettore incontra il vero protagonista della narrazione, l’allora giovane viceispettore Rocco Cavallo, alla sua prima indagine importante e quindi ansioso di fare bella figura con i suoi superiori. Il caso, a causa del caldo torrido, appare subito complesso. L’ avanzata decomposizione, ha reso irriconoscibile il corpo.

Una piccola croce ortodossa, rinvenuta sul fondo della valigia, potrebbe far pensare a una donna di origine slava.

Sbrigativi, i commissari Naldini e Ferretti della Buoncostume sono certi che si tratti di una prostituta, visto che il delitto, ai loro occhi, sembra essere una punizione esemplare da parte di un magnaccia noto per l’ esagerata crudeltà. Ad avvalorare la loro persuasione, concorre la scomparsa di una squillo, molto conosciuta nel giro. E ritengono già punibile anche il colpevole, Totò il Guercio, un pappone più volte preso in castagna per le sue malefatte, dotato di una fedina molto macchiata.

Non viene prestata fede e dato ascolto ai dubbi del commissario Vicedomini, propenso a seguire la pista fondata sull’omicidio della donna nella valigia che ricorderebbe efferati crimini, compiuti nella metà degli anni Quaranta da un serial killer di quel tempo, soprannominato dalla stampa d’epoca, Macellaio della Martesana. Quindi, il caso non trova soluzione, o meglio trova posto nei polverosi archivi della cronaca nera.

Ci voleva una donna determinata come la viceispettrice Valeria Salemi, responsabile dell’omicidio.

Il noir dell’autore, abilmente giocato su diversi livelli narrativi, crea nel lettore un interesse che travalica le caratteristiche del giallo classico. Si avverte subito, pagina dopo pagina, l’esperienza e l’animo del neurologo, dell’autore classe 1962, il tocco di chi conosce il mistero del cervello, per di più esperto di neurofisiologia. Ci auguriamo che a questo fresco di stampa, facciano seguito altri romanzi di Flavio Villani altrettanto densi di suggestione, espressa in raffinato linguaggio.

per indurre, anni dopo, Rocco Cavallo, ormai commissario, a riaprire l’insabbiato caso. Il desiderio di giustizia è più forte e pressante nel commissario delle delusioni accumulate nel passare degli anni. Trent’anni di ossessione di un delitto portato dentro la propria coscienza, finalmente gli daranno modo di trovare il vero colpevole.


Grazia Giordani


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