Estasi
di libertà – Stefan Zweig - Edizioni
Clichy – Pagg. 465 – ISBN 9788867990290
- Euro 10,00
Nel
primo dopoguerra la buona società vive con atteggiamento
orribilmente godereccio, eccessiva è l’allegria,
vergognosa l’amnesia dell’orrore appena superato, pochi
gli uomini risentiti per l’egoismo insito nelle scelte del
singolo e delle Nazioni. L’Austria poi, ora Repubblica, ha da
arrancare- ingabbiata in spazi ancora fastosamente richiamanti la
grandezza dell’Impero- per mostrare a se stessa la superiorità
dell’entità statale. Il povero se ne avvede ma ancor
più il cittadino tradito dalla Storia, forse al povero rimane
solo un tempo sempre uguale che lo schiaccia e lo immobilizza ancora
di più, nel suo ruolo, nella sua miseria, nella sua disperata
e inutile vita. Così è Christine Hoflehner, impiegata
delle poste in un piccolo paese a due ore da Vienna. Vive con la
madre malata in una piccola stanza, mai uno svago, mai una vacanza,
fortunata più di altri per via dell’impiego statale
riconosciutole più per intervento dello zio paterno che per
riconoscimento dello Stato al sacrificio della sua famiglia: morti in
tempo guerra padre e fratello. Un telegramma inaspettato inviato da
Pontresina, in Svizzera, la catapulta in un albergo lussuoso ospite
della zia materna e del marito, spinta dalle insistenze della vecchia
mamma malata. Vi giunge del tutto inconsapevole e impreparata, il
divario sociale è inimmaginabile, a priori non la sfiora il
sospetto di essere del tutto inadeguata con le trecce, la borsa di
paglia, il cambio ridotto al minimo, l’incedere modesto e
insicuro: tutto tradisce povertà. È abile Christine ad
adeguarsi al nuovo mondo, a dimenticare la sua origine, è
giovane e riesce in un tempo brevissimo a diventare un’altra,
scoprendosi finalmente bella e libera. Gli agi dell’albergo,
ripetutamente rappresentato come un microcosmo alienato e fine a se
stesso, il lusso, la gioia superficiale della ricchezza, le
riempiono la vita e la inebriano di estasi di libertà. Tutta
la prima parte del romanzo, davvero gradevole e tale da chiedersi se
l’abbia scritta il nostro caro, disilluso e risentito Zweig,
rappresenta questa metamorfosi, un sogno pari a quello vissuto da
Cenerentola. Con la seconda parte si assiste invece allo scoppio
della bolla di felicità ma soprattutto di libertà, essa
è per tutto lo scritto associata solo alla serenità
finanziaria, a quella condizione che ti permette di vivere senza
essere schiacciato dall’esistenza stessa che reclama pane dove
c’è fame , abiti quando c’è freddo.
Christine viene presto espulsa dal bel mondo che non le appartiene
per tornare al suo punto di origine che , prima della guerra, non era
affatto mortificante. La sua vita è nuovamente immobile,
impossibile qualsiasi avanzamento di status sociale, rancorosa e
arrabbiata, le è impossibile vivere oltre in quella miseria
umana, ha ora una consapevolezza pericolosa che meglio che il povero
non abbia. Nella seconda parte l’incontro con Ferdinand Farrner
aprirà nuovi scenari … non anticipo oltre perché
la chiave di lettura è proprio in questa sezione. Qui la penna
si fa matura, graffiante, amara facendo emergere una visione
disincantata, un vero atto di accusa contro l’Austria e al
contempo contro ogni entità statale; come non mai un
personaggio riflette il sentire del suo creatore, proietta le sue
amarezze, le sue prospettive , le sue illusioni. Lo scritto risente
sicuramente della sua pubblicazione postuma, del suo assemblaggio
posticcio, della sua mancata revisione benché sia stato
rivisto per renderlo pubblicabile come uno scritto compiuto, eppure è
bello, e prezioso perché restituisce Zweig già
pellegrino del mondo, senza patria, senza speranza, già
condannato dalla sua insofferenza.
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